A oggi non sappiamo a che livello arriverà il plateau del numero dei decessi da Covid 19. L’incertezza sui prossimi 15 giorni va da 4-5.000 a 15-20.000 morti! Ricordiamoci che questo numero dipende da tutti noi.
Roberto Battiston, "Huffington Post", 18 marzo 2020
Ogni sera decine di milioni di italiani seguono le informazioni sull’andamento dell’epidemia, cercando di capire cosa li aspetta. A livello mondiale le decine di milioni di persone diventano centinaia di milioni, miliardi. Non si era mai visto in Italia, almeno nella mia generazione, un esercizio di sopravvivenza collettiva come questo. Mi immagino che durante la seconda guerra mondiale, in particolare durante le fasi finali, Radio Londra fosse ascoltata con la stessa attenzione con cui seguiamo oggi i bollettini quotidiani. Ogni dettaglio era importante, poteva determinare la differenza tra la vita e la morte nei comportamenti individuali o collettivi. Siamo di fronte a qualcosa di nuovo, per lo meno nuovo per la memoria contemporanea. Quando succede qualcosa di così inaspettato dobbiamo assolutamente trovare il modo per imparare il più rapidamente possibile cosa fare e come reagire.
Sono stati fatti errori. Non c’è dubbio. Di questo, del rapporto tra la realtà di un processo che si sviluppa secondo ben precise leggi naturali e la lettura che ne viene data, influenzata da elementi politici, economici, sociali, culturali, ci sarà il tempo di parlare. Magari si trasformerà in lezione utile per come affrontare altri problemi globali come il cambiamento climatico; me lo auguro, da molti punti di vista ci sono analogie impressionanti, a parte la scala temporale che è ovviamente differente.
A proposito di errori, ce ne è per tutti, a partire dai leader, coloro che hanno avuto a loro disposizione risorse, capacità di pensiero e competenze scientifiche a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale, leader di grandi paesi, addirittura di superpotenze che si sono resi, troppo spesso, ridicoli nei loro comportamenti e con i loro errori. Ce n’è per i mezzi di comunicazione, per gli esperti dei programmi televisivi, per l’inerzia dei singoli, per le cattive abitudini sociali, per gli influencer…. Nelle prime battaglie della guerra tra l’umanità ed il Covid-19, il piccolo, subdolo virus ha vinto spesso a mani basse: in qualche caso è stato respinto, non senza avere provocato molti danni e molti morti. E siamo solo all’inizio.
Ma come in tutte le guerre, non contano le battaglie, conta la vittoria finale. Qualsiasi sia la situazione oggi sul campo, non abbiamo alternative se non rimboccarci le maniche, evitare il più possibile di fare altri errori, guardare in faccia la realtà e agire di conseguenza sapendo che ogni dettaglio conta, ogni decisione deve essere valutata con cura, che il nemico è spietato e per definizione inumano, nel suo essere alieno al dolore che provoca nella sua espansione. Non possiamo permetterci di aggiungere alla sua forza le nostre debolezze.
Sono impressionato dalla risposta che sta dando l’Italia a questa emergenza. Dallo sforzo eroico di chi è in prima linea negli ospedali, del personale della Protezione civile e degli altri servizi pubblici e attività private esposte al rischio contagio. Dal dolore composto delle migliaia di persone che hanno perso un loro familiare, spesso in contesti urbani molto ristretti colpiti con la durezza di una decimazione nazista. Sono impressionato dal fatto che il social distancing stia venendo implementato con un rigore ogni giorno crescente e che le assurde riunioni pubbliche o private che solo una settimana fa venivano sbandierate come risposta coraggiosa all’emergenza, siano diventate in brevissimo tempo solo un imbarazzante ricordo di incosciente stupidità.
L’Italia sta reagendo, è ferita quotidianamente nel profondo dei suoi valori e dei suoi affetti, ma si sta difendendo come una leonessa difende i suoi cuccioli e tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo.
Partiamo da questo fatto, dall’incredibile, positivo, coraggioso impegno che stiamo mettendo in campo, accompagnando il coraggio e la determinazione con la conoscenza e la lucidità, per prendere le decisioni giuste e implementarle in modo da massimizzare i risultati, correggendo gli errori, migliorando la macchina organizzativa e logistica che è al lavoro.
Una priorità assoluta è capire se le misure che sono state prese sono adeguate. Il lockdown ed il conseguente social distancing, sono state decisioni importantissime, necessarie, utili.
Riporto due grafici che possono confermare questo fatto. Il primo è storico e riguarda l’ influenza pandemica del 1918, la famosa spagnola (Figura 1) . Il secondo riguarda il Covid-19 (Figura 2).
Il primo caso riguarda la differenza tra l’andamento della mortalità negli ultimi mesi del 1918 a Philadelphia e St. Louis: è un caso da manuale, notissimo tra gli addetti ai lavori. I primi casi furono osservati a Philadelphia il 17 settembre 1918, ma le autorità non presero misure di distanziamento sociale fino 3 ottobre, due settimane dopo. L’effetto fu un picco rapidissimo di morti nei mesi di ottobre-dicembre, fino a raggiungere il 7 per milledell’intera popolazione di Philadelphia, circa 12.000 persone, nel corso di due mesi, A St. Louis, iniziarono le misure di distanziamento il 7 ottobre, 2 giorni dopo il primo decesso, gli ospedali non furono portati al collasso, la percentuale di morti fu la metà.
Il secondo caso rappresenta l’andamento dei casi di contagio nel caso di Lodi e Bergamo (Figura 2 , Dowd et al. Oxford). Al 13 marzo la provincia di Bergamo (2,368 casi) ha superato largamente quella di Lodi (1,133 casi); naturalmente le province sono molto diverse per dimensioni, quella di Bergamo è 5 volte più grande, ma quello che è importante è l’andamento. A Lodi è stato introdotto il lockdown il 23 febbraio, a Bergamo solo l’ 8 marzo, due settimane dopo: al 13 marzo Bergamo non aveva ancora raggiunto il plateau, con tutto quello che ne consegue sul tasso di decessi che risulta, purtroppo, eccezionalmente alto.
Le misure sul lockdown possono però avere aspetti nascosti che le rendono meno efficaci di quanto potrebbero essere.
Come ho avuto occasione di scrivere in precedenza, quando ho parlato dell’importanza del monitoraggio della data del primo sintomo, se il primo elemento in ordine di importanza è la rapidità di intervento di isolamento sociale, il secondo aspetto è, invece, l’adeguatezza ed il rigore nell’implementazione delle misure prese. Questo è vero in ogni situazione, che sia un piccolo paese o una intera nazione. In questo senso al Sud si deve assolutamente beneficiare in modo rapido di quello che si è imparato al Nord.
Un esempio sono le modalità del rapporto con gli anziani: se mi chiudo in casa, ma vivo con persone anziane e sono un contagiato asintomatico o con sintomi lievi, entro pochi giorni la situazione in casa diventa ingestibile e si deve ricorrere alle cure presso ospedali che sono a rischio di collasso. Oppure se non si blocca l’accesso dei parenti alle case di riposo, si rischio creare condizioni di contagio che facilmente diventano esplosive.
Come si affrontano queste situazioni ? Non con le buone intenzioni, ma con sacrifici e sforzi per diminuire e contenere i contatti con gli anziani. L’alternativa, infatti, può essere in questi casi tra la solitudine e la morte.
Un altro esempio sono gli spostamenti massicci di persone da una Regione all’altra. Non doveva succedere ma, come era forse inevitabile, è successo; a questo punto è fondamentale l’implementazione della quarantena nelle Regioni di arrivo, prima che questo venga imposto dall’esplosione dei contagi. Per tracciare e controllare queste persone ci vogliono probabilmente migliaia di volontari organizzati, ma l’effetto di questa azione è determinante nel contenimento del contagio.
Un terzo esempio è la questione degli asintomatici. In Veneto sono iniziati test con i tamponi a tappeto, ma non ho ancora visto uno studio a campione che ci permetta di capire quanti siano nelle varie zone più colpite dal virus. Sarebbe il caso di fare test sistematici a campione in zone della Lombardia. In Cina questo tipo di campionamenti sono stati molto utili per assicurare l’efficacia del lockdown.
Così come sarebbe utilissimo aumentare la qualità e la quantità dei dati sulla differenza tra la data di primo sintomo e la data di certificazioni di contagio per coloro che vengono certificati tali, ne ho parlato nel mio precedente intervento e ne parla anche Giorgio Parisi su Huffpost.
Implementare o meno queste o altre azioni di accompagnamento al lockdown, influenzerà direttamente il numero di morti e la tenuta del sistema sanitario. Non sono dettagli, perché ogni sforzo addizionale costa molto, ma non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo di fronte il più insidioso e implacabile dei nemici.
Questo fatto lo possiamo capire osservando la Figura 3 che riporta l’aggiornamento dell’ analisi numerica quotidiana fatta da Federico Ricci-Tersenghi: al 16 marzo, l’andamento del numero di morti in Italia si sta, fortunatamente, discostando dall’andamento esponenziale. Ma se lo confrontiamo con quello dell’Hubei, vediamo che il flesso è decisamente meno marcato, a significare che, ad oggi, non sappiamo a che livello arriverà il plateau del numero dei decessi: l’incertezza sui prossimi 15 giorni va da 4-5.000 a 15-20.000 morti!
Ricordiamoci che questo numero dipende molto dalle misure addizionali che saranno prese a giorni ma anche, se non soprattutto, dall’efficacia di quelle attualmente in atto ed dal rigore con cui sapremo mantenerle. Riflettiamo a quali aspetti della nostra vita quotidiana potrebbero rappresentare una breccia per il virus, circoliamo queste informazioni, creiamo una conoscenza collettiva che possa essere utile ad organizzare la difesa. Scaviamo nelle conoscenze storiche, nelle competenze di ciascuno di noi, utilizziamo i rapporti internazionali, studiamo gli articoli scientifici o divulgativi in rete, sono pieni di dati ed informazioni utili. Soprattutto combattiamo la paura e denunciamo le fake news ovunque le troviamo: non è il tempo questo per essere stupidi.
A me aiuta molto tenere via email i contatti con i colleghi cinesi per capire in dettaglio come si sono comportati per fare fronte al virus. Ho imparato ad esempio che si disinfettano le scarpe prima di entrare in casa e che non le usano mai all’interno degli appartamenti; oppure che usano gli stuzzicadenti o pezzetti di carta igienica per spingere i tasti degli ascensori, per buttarli poi in appositi contenitori che sono stati messi all’interno delle cabine; che nei condomini si preoccupano che non ci siano riflussi di aria o d’acqua nelle tubature dei servizi idraulici tra un appartamento e l’altro; che sono state organizzate migliaia di squadre di volontari, formate di 4-5 persone che affrontano i problemi più disparati, da quello di portare cibo a coloro che sono in quarantena, specie se sono soli, a quello di assistere i cittadini nell’assicurare il rispetto delle regole del lockdown.
E’ interessante capire, inoltre, come i cinesi hanno organizzato gli ospedali da campo e le zone di raccolta per persone contagiate; dell’importanza che associano alla ginnastica per mantenere attive le persone sia in casa, sia quando sono ricoverate, e così via. Non è strano raccogliere e condividere queste informazioni: i dettagli possono essere molto importanti, le cose possono cambiare da un giorno all’altro.
Pensate a come gli altri paesi, europei e non, guardavano all’Italia solo una settimana fa: dalla stampa internazionale si coglie il fatto che ora, alle prese con lo stesso problema, gli altri paesi guardano a noi con molto più rispetto, cercando di capire come abbiamo fatto a realizzare e a rispettare in modo sostanziale il lockdown di una intera nazione. Noi, gli italiani, quelli che non rispettano le regole, siamo diventati per molti versi un esempio di come si affronta con serietà una emergenza come questa!
Abbiamo certamente qualcosa da insegnare, ma non dobbiamo dimenticarci che, allo stesso tempo, abbiamo anche molto da imparare: la strada è ancora molto lunga prima di debellare il Covid-19.