Come rifondare la cooperazione trentina

La crisi che sta avvolgendo il Consiglio di amministrazione della Federazione Trentina della Cooperazione contiene in sé un ulteriore capitolo del dibattito sul modello cooperativo e sulla sua attuale coerenza ai principi e ai valori fondanti.
Alessandro Olivi, 15 febbraio 2020

Un dibattito a tratti intenso, ma anche acerbo e non sempre lucido che si è avviato su un sentiero pericoloso, affollato di proclami e di equivoci di senso e di ruolo.
Ciò ha contribuito a determinare una situazione di stallo, che certo non è d'aiuto nell'aggirare il punto di collisione fra solidarietà e mercato, di fronte al quale si trova oggi il sistema cooperativo nelle sue multiformi articolazioni. Quel punto è il nodo della questione, che non si scioglie, anzi s'ingarbuglia ancor di più, con il pellegrinaggio fra luoghi comuni, difese d'ufficio e schemi ideologici, a cui l'opinione pubblica trentina è stata fin qui costretta, anche per la complicità di un far politica sempre più avido di populismo e di superficialità.
È perciò il momento che le istituzioni dell'autonomia smettano di accodarsi alle varie fughe in avanti o all'indietro sul tema, rinunciando a rifugiarsi in meri espedienti comunicativi per impegnarsi invece in un serio tentativo di rigenerazione e di ripartenza di questo sistema, a salvaguardia del modello che lo ispira e della coesione sociale che lo sostiene. Cioè due pezzi pregiati del nostro capitale identitario.
Si tratta in altre parole di partecipare nei pertinenti ruoli al più generale progetto di rifondazione del movimento cooperativo, di cui la Federazione dovrebbe essere il principale artefice e garante, perché ogni soggetto di mercato possa assumersi la responsabilità di affrontare una stagione economica eccezionalmente complessa e tormentata dall'aumento delle disuguaglianze, nella consapevolezza che i principi cooperativi non possono mai essere interpretati come manleva dell'inefficienza, né come mera emulazione dell'impresa capitalistica, ma come impegno comune in favore della persona e della sua centralità.
Un simile progetto rifondativo non dovrebbe dunque essere isolato dal resto del sistema trentino, specie nei momenti critici, in una sorta di solitudine opportunistica: tutti insieme quando c'è bel tempo, a ciascuno le proprie grane nella tempesta. La logica di sistema chiama prepotentemente in causa anche il pubblico, che dovrebbe essere in grado di offrire strumenti sempre più aggiornati e flessibili per accompagnare gli inevitabili processi rigenerativi del tessuto cooperativo, a servizio dello sviluppo sostenibile, senza indebite intromissioni politiche nell'autonomia organizzativa federale.
La politica, dunque, che troppo spesso sembra occuparsi di queste vicende o per tirare acqua al proprio mulino, o per prenderne le distanze quando il livello dell'acqua sale oltre una certa soglia, dovrebbe esercitarsi, con presenza e rispetto, non domandandosi quale sia l'orientamento politico di Marina Mattarei, né ragionando in base al partito per il quale potrebbe parteggiare chi dovesse succederle. Ma spendendo la propria credibilità per una chiamata a raccolta delle forze migliori della nostra comunità, in modo da creare un contesto favorevole affinché chiunque abbia idee e passione, possa far convergere il proprio impegno nella costruzione di organizzazioni intermedie capaci di investire sulla responsabilità sociale dell'impresa, la qualità del lavoro, la sua conciliazione con la vita familiare.
Serve insomma sprigionare la forza di chi pone il proprio impegno nella ricerca delle risposte più avanzate alle fatiche reali e alle passioni delle persone. Scrollandosi di dosso questa sorta di stanco attendismo che sembra aver avviluppato la Provincia dopo che la retorica del cambiamento e della rivoluzione, ha mostrato le sue vere sembianze fatte di piccolo cabotaggio, di logiche immediate e di corto respiro.
Quello che la politica può fare per la cooperazione è qualcosa che deve cominciare a fare anche per sé stessa. Accantonando per un attimo le appartenenze e rinunciando all'esercizio stanco di indirizzare in un verso o nell'altro chi vince. Ma rialzando la testa e guardando lontano.