Centro S. Chiara, non si fanno le nozze coi fichi secchi

A casa mia di dice che “non si fanno le nozze con i fichi secchi”. Tradotto: se non metti risorse nel Centro culturale Santa Chiara, è difficile che ne esca un “rilancio” nazionale e internazionale, come invece l’assessore Bisesti e il Presidente Divina ci hanno raccontato nella recente audizione in Commissione cultura del Consiglio provinciale, nell’ambito della normale attività di controllo esercitata dal potere legislativo su quello esecutivo.
Sara Ferrari, "Trentino", 4 febbraio 2020

Alcuni temi appaiono meritevoli di un approfondimento. L’assessore competente ha ribadito quanto afferma da mesi circa le politiche culturali di questa Giunta provinciale e cioè un’attenzione considerevole alle realtà locali ed il tentativo di “controllo” centrale dei fenomeni culturali, attraverso un collegamento guidato degli stessi. Tutto il resto sembra essere un contorno più o meno definito per realizzare, nei dettagli, un costante monitoraggio politico sui fenomeni culturali, governandoli in nome della riscoperta del “popolare “ e del “popolano”.

Il Presidente del Centro “S. Chiara” Divina ha invece focalizzato le attenzioni future dell’ente sulle coproduzioni – peraltro non scoprendo nulla di nuovo, posto che queste sono sempre state realizzate dall’ente sia per il teatro- ragazzi, sia per il jazz come per la lirica – immaginando che da queste e dalla loro possibile circuitazione nazionale si possano trarre guadagni importanti e strategici per l’ente. L’idea è quella di promuovere il Trentino come fucina di prodotti culturali di prestigio, fatti in casa, ma avvalendosi anche di “firme celebri”, per coniugare territorio, ambiente ed enogastronomia in un unico pacchetto promozionale di questa terra.

Ciò che sorprende è la conflittualità fra queste “intenzioni” dell’ente e le sue disponibilità economiche, che diminuiscono per la riduzione di finanziamento voluta dalla Giunta e che quindi impediscono, nel concreto, la realizzazione degli obiettivi stessi. In altre parole, si possono pur immaginare vasti orizzonti di progresso, ma se non si possiedono le risorse adeguate non si genera vantaggio per il territorio e si rischia un irresponsabile “passo più lungo della gamba”.

I nodi che il Centro “S. Chiara” pone, al netto degli inqualificabili scivoloni sui ”valori cristiani, sui figli gay o disabili”, sono quelli di sempre e le risposte di un CdA così indiscutibilmente ricco di esperti e professionisti del settore appaiono sorprendentemente modeste. Scarso è stato anche il riferimento alle possibili sinergie con il Teatro Stabile di Bolzano, con l’Orchestra Haydn e/o con il Coordinamento Teatrale Trentino, che è la vera rete territoriale dello spettacolo in questa provincia.

Produrre spettacolo attrattivo per i mercati nazionali – e quindi in grado di creare reddito per il Centro - significa investire non poche risorse che, allo stato dei fatti, sembrano insufficienti, addirittura senza la ragionevole certezza di rientrare da quella spesa. Altra questione è invece la vendita di questi prodotti attraverso “reti” particolari, se è vero come qualcuno vagheggia, che tali prodotti nostrani potrebbero trovare interesse in terra russa ed in un’ottica di interscambio, che già ha avuto i primi sentori con qualche evento natalizio fortemente connotato verso est. In questo caso si tratterebbe di scambio per una giusta compensazione reciproca dei costi, ma comunque non di entrate. Quanto poi al “glocale”, viene da chiedersi cosa possiamo offrire, al di là della nostra tradizione corale, di spiccatamente originale per essere appetibile sul mercato globale degli spettacoli. Ci si è chiesti poi come può essere concorrenziale un territorio con un bacino d’utenza massimo di mezzo milione di abitanti rispetto ai grandi centri della produzione nazionale come Milano, Torino, Venezia, Roma e Napoli, dove i numeri degli utenti sono ben altri?

Riguardo poi ai costi di produzione, distribuzione e promozione di un evento culturale “fatto in casa”, ho l’impressione che gli attuali vertici del Centro “S. Chiara” ritengano aggredibile il mercato con un’eccessiva leggerezza, non legittima quando il “rischio d’impresa” si fa con i soldi pubblici.

Forse una pausa di riflessione, l’abbandono di ogni contrapposizione ideologica ed una elaborazione comune costruita in particolare con gli attori locali, oltreché con gli esperti esterni, potrebbe rivelarsi utile a tutti: al Centro “S. Chiara”, ai vari soggetti produttivi, alle reti di distribuzione e di sinergia ed al mercato locale e nazionale.