Suggerisce di guardare ben al di là della scadenza esplicita del 2020. Poi esorta i compagni di viaggio ad avere il coraggio di posare la prima pietra di una nuova alleanza che includa già al primo turno il Patt e, con nuove fondamenta, inceda verso le provinciali del 2023. Lucia Maestri, segretaria del Partito democratico del Trentino, alza l’asticella.
M. Damaggio, "Corriere del Trentino", 9 dicembre 2019
Lo fa rileggendo con piacere le parole della giunta delle Stelle Alpine («Abbiamo riferimenti comuni») e immaginando il profilo ideale del candidato sindaco di Trento. Una figura, spiega, che deve avere «spessore politico». E sia quindi trait d’union delle anime composite che abitano il centrosinistra.
Segretaria, dopo la tappa a Gardolo ieri il Pd ha incontrato a Povo il territorio per sviluppare il programma verso il 2020. Quali sono le priorità emerse?
«Il confronto con l’Officina delle idee è aperto: a emergere sono temi legati alla vivibilità e alla sicurezza in città, la mobilità, l’urbanistica e le politiche sociali per evitare di lasciare indietro persone o quartieri. Poi il rapporto fra città e valli perché Trento è capoluogo ma dev’essere capace di tenere insieme un territorio ben più ampio, rispettando il disegno di kessleriana memoria. Dobbiamo crescere insieme, senza dicotomie. Da qui partiamo e, devo dire, nei primi due incontri a Gardolo e Povo la presenza è stata nutrita, giovani e non che guardano al Pd come partito della proposta per realizzare il cambiamento».
A proposito di cambiamento, in piazza Duomo seimila persone hanno risposto all’appello delle sardine. È l’inizio di un nuovo percorso politico? O è piuttosto un bacino elettorale a cui il Pd guarda?
«Innanzitutto le piazze dimostrano che c’è una presa di coscienza di molte persone. Quella di venerdì era una platea eterogenea: non sono solo giovani, c’erano famiglie e pensionati. C’era uno spaccato della provincia: un bellissimo modo per dire alla politica di abbassare i toni e tornare a occuparsi del futuro della nostra comunità. Si tratta di un bacino elettorale del Pd? Sarebbe sbagliato mettere il cappello su questo movimento e i primi a chiederlo sono, giustamente, i promotori. In ogni caso il Pd ha l’orecchio attento; la vera sfida è tradurre le richieste della piazza in istanze di governo».
A proposito di governo, lei ha sempre indicato l’importanza della coalizione cercando di rinsaldare anche le fratture con il Patt. Gli Autonomisti pochi giorni fa hanno espresso la loro posizione: costruire una casa per il mondo civico, prendendo le distanze dalle «demagogie» e opponendosi al rischio «venetizzazione». Un esplicito riferimento alla Lega. Pensa sia un passo verso la ritrovata serenità dell’alleanza già al primo turno?
«Il documento del Patt l’ho letto come il frutto di un lungo percorso: dopo le separazioni rimettersi insieme è difficile e serve impegno. Ma oggi abbiamo ritrovato una tavola di valori comune: il documento del Patt parla di rapporto città-valli, parla di Europa, di autonomia. Vedo quindi una tavola valoriale condivisa. Ora come si andrà avanti? C’è del cammino da fare e non so se il Patt costituirà un polo di centro, ma la sfida per il futuro è alta e la ritengo centrale non solo per il 2020 ma anche per il 2023. Un progetto politico lo si costruisce per il futuro e questo è il nostro obiettivo. Ora ci saranno dei passi da compiere e li faremo in modo autorevole; sono fiduciosa che le cose possano andare bene e che si possa lavorare a una proposta per il Trentino capace di tenere insieme valori condivisi».
E come stanno procedendo gli incontri per Trento con la coalizione? La ricerca del candidato è a buon punto?
«Siamo in aperto cantiere. Non abbiamo date certe, i percorsi solidi hanno bisogno di maturazione. Sia chiaro: non abbiamo tempi infiniti, ma ci concentriamo sulla forza della proposta. Se avessimo accelerato con la scelta del candidato dove saremmo andati, ora?».
Posta la piattaforma programmatica e valoriale comune, si cerca quindi un candidato che possa tenere insieme tutti, Patt compreso?
«Non solo: ciò che conta è indicare una persona che possa interpretare il futuro della città e sappia intercettare le istanze emergenti. Si sbaglia a scegliere una figura al ribasso dimenticando che le elezioni del 2020 saranno la punta dell’iceberg verso il 2023».
Quindi pensa che vada individuata una persona capace di ricompattare la coalizione per prepararvi alle provinciali?
«Ritengo che, se interpretiamo la sfida come una tappa che non è solo cittadina ma è ben più profonda, la figura migliore deve avere una dimensione altrettanto ampia in termini di lettura di un territorio. Ricordo che il sindaco di Trento è sempre stato la figura numero due in provincia, quindi dal punto di vista dell’autorevolezza non serve — e non basta — un candidato che segua semplicemente e pedissequamente un programma di cose da fare. Abbiamo viceversa bisogno di una figura che sappia interpretare e raccontare i nostri valori con spessore politico perché nessuna scelta è neutrale».
Dipinge un profilo che abbia in dote strumenti politici, che quindi non sia un mero nome tecnico. Eppure si vocifera che il nome più quotato sia il direttore del Muse, Michele Lanzinger, che esordirebbe nella politica.
«Per la verità ci sono diversi nomi che convincono la coalizione: Lanziger, Alessandro Franceschini, l’avvocato Andrea de Bertolini, Franco Ianeselli, Barbara Poggio. Può darsi che la coalizione converga su un nome ma, ripeto, l’importante è saper intercettare le istanze della città e avere un orizzonte più ampio».