Che c'entra Barack Obama con le amministrative in Trentino? Niente, all'apparenza. E invece molto, nella sostanza. Cosa ha detto nei giorni scorsi, al suo partito, il Partito Democratico, il primo presidente nero della storia degli Stati Uniti?Giorgio Tonini, "Trentino", 19 novembre 2019
“Io penso – ha detto Obama – che sia molto importante, per tutti i candidati in corsa ad ogni livello, prestare un po’ di attenzione a dove sono in realtà gli elettori e a come posso davvero pensare alle loro vite”. E dove sono gli elettori? “Gli elettori – risponde l’ex-presidente – inclusi i democratici, e certamente gli indipendenti persuadibili o anche i repubblicani moderati, non sono guidati dalla stessa visione riflessa in certi tweet di sinistra. O dall’ala attivista del nostro partito”. Vogliono “migliorare le cose, non abbattere il sistema”.
Obama pensa che non si possa sconfiggere l’estremismo di destra rappresentato e quasi incarnato da Donald Trump, con un massimalismo di sinistra uguale e contrario. Pensa invece che si possa battere Trump solo su un terreno diverso, quello della “vocazione maggioritaria”, la capacità di parlare ad una platea ampia di elettori, costruendo con pazienza e tenacia una coalizione elettorale che sappia tenere insieme democratici, indipendenti e moderati.
Fatte le dovute proporzioni, il consiglio di Obama al suo partito offre anche a noi democratici trentini utili motivi di riflessione.
Il primo è che per vincere non basta dir male dell’avversario. Anzi, è controproducente. Lo ha spiegato meglio di chiunque altro il linguista americano George Lakoff nel suo celebre pamphlet “Non pensare all’elefante!”. L’elefante è il simbolo dei repubblicani e i democratici che si limitano al controcanto di ciò che sostengono i conservatori sono destinati alla sconfitta, perché il loro discorso pubblico è in definitiva subalterno. “Evitiamo le gare a chi grida di più – scrive Lakoff – Ricordiamo che l’estrema destra vuole la guerra culturale e che le grida sono proprio il modo di esprimersi di questa cultura. La conversazione civile invece è la forma del discorso dell’etica premurosa. Avremo già vinto se riusciremo a far diventare civile una conversazione. Se invece riusciranno a farci gridare avranno vinto loro”. Si vince proponendo le proprie ragioni, non denigrando quelle dell’avversario. O cercando di sovrastarle gridando più forte. Dunque le alleanze ampie non vanno confuse con i fronti anti-qualcosa. Devono essere la convergenza su un discorso che unisce, non un’accozzaglia di forze eterogenee, tenute insieme solo dalla paura del nemico. Se ci si unisce per paura di perdere, si è già perso.
Il secondo motivo di riflessione riguarda la necessità di aprirsi ad una coalizione che rappresenti, insieme ai democratici, ampie aree di indipendenti e moderati. In Trentino c’è una lunga tradizione in questo senso. Ma le vicende dello scorso anno, con la crisi dell’Upt e la rottura col PATT, hanno segnato una cesura che non potrà essere superata semplicemente tornando al passato. E neppure, come abbiamo già detto, lavorando ad un fronte antagonista. Per tornare protagonisti, bisogna declinare in modo nuovo una proposta di governo che si fondi su valori e principi solidi, profondamente radicati nella storia e nella cultura del Trentino. Valori e principi che la destra tende a contrapporre tra loro e che noi vogliamo invece da sempre far incontrare. In un famoso discorso, Degasperi parlava del Duomo, del monumento a Dante e della Torre civica, come simboli di altrettante, inscindibili dimensioni dell’identità trentina. Penso alle quattro bandiere che onoriamo, tutte insieme a mai una contro l’altra: quella europea, quella italiana, quella della nostra autonomia speciale e quella civica del nostro Comune. Penso alla complementarietà e alla interdipendenza delle nostre città e delle nostre vallate, che possono prosperare solo insieme. Così come alla complessità e diversificazione del nostro sistema produttivo. O al pluralismo culturale che rende ricca la nostra comunità.
Nei prossimi anni, questi valori e principi dovranno misurarsi con sfide nuove, alcune delle quali di portata storica. Penso in particolare a quel vero e proprio nuovo Piano urbanistico provinciale che andrà elaborato e discusso attorno alla costruzione della nuova grande infrastruttura ferroviaria Monaco-Verona: un’opera che ridisegnerà il volto della valle dell’Adige, delle nostre città (Trento, Rovereto, Pergine, Riva e Arco...) e delle vallate, da quelle del Noce a quelle dell’Avisio, dalla Valsugana al Garda.
C’è un lavoro immenso da fare, c’è una sfida difficile ed esaltante da raccogliere. In Provincia, ma anche nei Comuni. C’è bisogno di tutto l’impegno delle nostre classi dirigenti, a cominciare da quella degli amministratori. Dar vita nel cuore della società civile, ad una nuova alleanza tra democratici e popolari, autonomisti e civici, che superi divisioni antiche e recenti e metta da parte settarismi e presunzioni di autosufficienza, non per sbarrare la strada a qualcuno, ma per far vivere i valori storici che ci accomunano nel difficile confronto con le sfide del presente e del futuro, è un’impresa che può far rinascere la passione per la buona politica. Quella della quale nessuna comunità civile può fare a meno.
Seguici su YouTube
Partito Democratico del Trentino