Zeni interroga: dove va la cultura in Trentino?

Con questo titolo, il Consigliere provinciale del Partito Democratico Luza Zeni, ha depositato oggi un’articolata interrogazione sui temi posti dall’analisi del Forum per la Cultura, che ha recentemente reso noto il suo lavoro di indagine sul sistema culturale provinciale. Giudizi severi, quelli del Forum dei consulenti della Giunta provinciale, ma che scontano una scarsa conoscenza della realtà trentina e che meritano di essere riletti con un’analisi più approfondita e ragionata.
Trento, 24 ottobre 2019

 

Ciò che comunque risalta è sopratutto una visione nuovamente dirigistica della Provincia – e quindi dannosa per le autonomie degli enti culturali – secondo un copione già visto con questa Giunta provinciale: grandi proclami di attenzione alle periferie ed alle autonomie e poi politiche centraliste e verticistiche, cioè esattamente all’opposto di qualsiasi cultura dell’autonomia e di rispetto per le periferie del Trentino.

 

Interrogazione n.

DOVE VA LA CULTURA IN TRENTINO?

 

   In questi giorni, la stampa locale riporta i risultati delle valutazioni compiute dal “Forum per la Cultura in Trentino”, organismo avente compiti di analisi e di indicazione delle possibili strategie in materia di politiche culturali nel nostro territorio, attorno allo stato dell’arte del sistema culturale provinciale.

Gli esiti, francamente, non appaiono lusinghieri, almeno secondo il parere di quest’organo consultivo della Giunta provinciale, il cui giudizio appare, in verità, piuttosto “tranchant” circa l’attuale situazione dell’organizzazione culturale del territorio.

   Management vecchio; scarso coinvolgimento dei giovani nelle professioni artistiche, ma anche troppa frammentazione; pochi obiettivi di sistema e pochi direttori artistici qualificati; promozione centrata solo sui grandi eventi e separazione ancora troppo forte fra “cultura alta” e “cultura bassa”. Questi, in estrema sintesi sono le criticità rilevate dal Forum dentro il sistema culturale locale. Ma proviamo a ragionare con ordine.

   Ma proviamo a leggere la realtà culturale in dettaglio. “Management vecchio”. Potrebbe anche essere vero, ma purtroppo ci si dimentica che l’attuale management della cultura trentina è posto alla guida di musei ed istituzioni che hanno prevalentemente natura pubblica o sono comunque partecipati dalla Provincia e, di conseguenza, sono soggetti alle regole della pubblica Amministrazione anche per l’assunzione di un manager. Se comunque il tema dell’anagrafe è così rilevante, come mai la Giunta provinciale nelle sue anche più recenti nomine al M.A.R.T. e al MU.SE ha privilegiato figure non certo fra le più giovani e non ha aperto, ad esempio, la “governance” dei musei ai giovani laureati in beni culturali in Trentino?

   Scarso coinvolgimento dei giovani nelle professioni artistiche, con una sorta di blocco generazionale. Eppure i tentativi fatti, ad esempio sul versante teatrale, con la Compagnia regionale giovanile voluta dalla caparbia passione di una grande figura del teatro italiano come Marco Bernardi hanno dato frutti non disprezzabili. Eppure gli sforzi profusi nel settore musicale, attraverso scuole e Conservatori, hanno formato nuove generazioni di musicisti e compositori trentini anche di fama come nel caso del giovane Franceschini di Aldeno. Eppure qui le scuole di danza e di teatro vivono e producono, formando interi gruppi di giovani promesse, sui quali è e sarà possibile investire, qualora la Provincia inizi a credere nelle loro potenzialità effettive. Eppure qui più che altrove, alcuni imprenditori giovani gestiscono strutture e teatri in forme professionali come insegnano le esperienze dei teatri di Pergine Valsugana, Meano e Villazzano, tanto per citare.

   Pochi obiettivi di sistema e pochi direttori artistici qualificati. Gli obiettivi di sistema, a legislazione invariata, generalmente vengono fissati dalla Provincia di anno in anno ed, una volta conseguiti, divengono poi termini di misurazione sui quali calibrare l’erogazione finanziaria pubblica. Se esistono quindi pochi obiettivi di sistema, la responsabilità non può essere scaricata sul sistema culturale in sé, quanto piuttosto sulla sua regia politico-amministrativa e sulla volontà di mantenere e finanziare strutture ed organismi che, francamente, dopo tanti anni avrebbero dovuto imparare a “camminare da soli”.

   Quanto poi ai direttori artistici ed alle loro qualifiche, viene spontaneo chiedersi a chi faccia riferimento il ragionamento dei consulenti della Giunta provinciale. Infatti, generalmente sono gli organi di governo degli enti culturali a nominare i direttori artistici, sulla scorta di curriculum e di precise valutazioni tecniche e non di amicizie e collateralità politiche, come sembra invece accadere talora con la Giunta provinciale. Enti, festival, manifestazioni ed eventi hanno, in linea di massima e fino a prova contraria, un loro direttore artistico qualificato, responsabile di scelte culturali e di programmazioni, al punto che molti risultati lo dimostrano non foss’altro per la lunga storia e l’alto gradimento di eventi che hanno fatto la storia culturale di questa terra. Risulta quindi difficile comprendere il significato dell’indicazione del Forum in proposito, a meno che non si vogliano creare figure professionali di direttori artistici da mettere sul mercato del lavoro della cultura; direttori che però, allo stato dei fatti, non avrebbero nulla hanno da dirigere.

   Infine sembra ritornare, come una sorta di mantra, il tema della separazione fra “cultura alta” e “cultura bassa” ed anche qui il Forum non indica nulla di nuovo, se già nelle scorse Legislature la Giunta provinciale si era pur posta il problema ed aveva attivato alcuni meccanismi atti a fra incontrare le orbite dei due pianeti, almeno fin dove ciò è risultato possibile. Dopodiche è necessario capire il significato che si attribuisce ad alcuni termini.

Sembra infatti che per “cultura alta”, il Forum intenda le stagioni di prosa primarie, le stagioni concertistiche, le mostre prestigiose ed i convegni scientifici di rilevanza, ma questa è la cultura, ovvero quell’insieme di suggestioni, sensibilità, studio, tradizione e dote che compongono la narrazione di una comunità e non è né alta, né bassa. Può essere invece di qualità o meno, ma questo è un altro ragionamento. Al contempo, con il termine “cultura bassa” pare che i consulenti della Giunta provinciale profilino il vasto alveo della cultura popolare e delle sue espressioni, sottolineando la scarsezza di relazioni con altri settori della produzione culturale. Anche qui però, va osservato come il Forum conosca relativamente la realtà trentina, perché pare scordare gli sforzi fatti in questi ultimi anni per far dialogare i due sistemi, pur nel rispetto delle reciproche peculiarità e dei diversi obiettivi culturali posti loro in capo, come ben dimostrano, ad esempio, gli sforzi fatti dalla Federazione dei Cori e da alcune realtà del mondo teatrale popolare ormai uscito dai vecchi schemi del teatro filodrammatico e proiettato verso orizzonti culturali più alti. Altra cosa è il folklore, che può essere oltremodo funzionale a settori come quello turistico, ma che non può essere spacciato per evento culturale, se non in una accezione larghissima dello stesso.

   L’esito dell’indagine del Forum pare insomma orientato a dimostrare una presunta debolezza dell’universo culturale trentino ed a stimolare quindi un deciso intervento della Provincia per la delineazione di una regia centralistica e verticistica della cultura, fagocitando di fatto le autonomie dei singoli enti, in perfetta coerenza con la narrazione leghista, sempre attenta a parole a valorizzare periferie ed autonomie e poi votata ad un rigido sistema di governo e di controllo centrale, come già si è visto nella breve parentesi di governo nazionale.

   Altro ragionamento è quello in favore di un’apertura verso nuovi orizzonti extraprovinciali. Ma anche qui alcuni distinguo vanno pur fatti. Il Trentino è, notoriamente, estraneo ai grandi assi culturali europei se non quando riesce a dirottare qui attenzioni continentali per eventi particolari: Montagne UNESCO; mostre come quella su Segantini o su Antonello da Messina; Film Festival della Montagna ed altri pochi eventi. Inserirsi però nei grandi circuiti culturali nazionali ed europei significa investire molto in termini di produzione e di promozione, anziché contendersi una coperta finanziaria sempre più corta e debole. Perchè, ad esempio, la Giunta provinciale, anche in un’ottica di rilancio forte del dialogo con il mondo mitteleuropeo e tedesco secondo una storica vocazione di questa terra, non investe sulla riscoperta delle potenzialità dell’Istituto Storico Italo Germanico o sulle inesplorate praterie del dialogo interconfessionale e fra le diverse religioni dove potente potrebbe dispiegarsi l’attività dell’Istituto di Scienze Religiose, entrambi annessi alla Fondazione “B. Kessler”? E ancora. Anzichè insistere su formazioni culturali teoriche, perché non sostenere la realizzazione di progetti innovativi per ogni singola realtà di valle, ovvero percorsi specifici di conoscenza della propria storia e delle proprie tradizioni attraverso una costante interattività con il territorio?

 Infine la frammentazione del sistema è forse uno dei pochi passaggi condivisibili dell’analisi del Forum, ma opporsi ad essa significa anche evitare la parcellizzazione dell’attenzione istituzionale che, spesso per meri motivi di consenso, privilegia e sostiene iniziative ed eventi di scarso rilievo culturale ma di notevole impatto mediatico e di partecipazione popolare.

   E’ su questi temi ci si attendevano indicazioni dal Forum, che ha lavorato per un lungo periodo ascoltando ed incontrando i soggetti culturali del territorio.

   Comunque, purtroppo così non è stato e ciò che ne è uscito è un’immagine sfuocata della realtà, dove ci si affida ancora una volta alle tecniche delle verbosità farcite di barbarismi ed alla riscoperta di una forte (ed autoritaria?) regia pubblica, anziché stilare una serie di priorità condivise con i soggetti culturali del territorio, conseguibili in breve tempo e perseguibili fin dal prossimo bilancio di previsione, nel quale ci si attende, dopo tutta quest’enfasi, di trovare un concreto potenziamento economico del settore culturale, anziché il solito “taglio” delle risorse per favorire altre esigenze.

   Adesso ci attende l’appuntamento, in verità di vago sapore monarchico piuttosto che rivoluzionario, degli “stati generali”, dove l’Assessore di competenza auspica possano arrivare riflessioni e contributi dal mondo culturale trentino. L’esperienza ci insegna che, anche questa volta, tutto potrebbe risolversi in una grande fiera comunicativa ed in una montante marea di promesse, alle quali poi non farà seguito pressochè nulla, posto che in qualsiasi dimensione di risparmio della spesa pubblica il settore che prima d’altri viene sempre penalizzato è appunto quello della Cultura.

 

   Un’ultima considerazione preme qui svolgere.

Il Forum ha identificato il bisogno anche di creare industria ed economia dalla Cultura. Benissimo. Ma come? Noi sappiamo che ormai da anni, in Italia ed in Europa, l’industria culturale è divisa in tre settori specifici:

1) la creatività. Musica, cinema, audiovisivi, fotografia, editoria e videogiochi;

2) lo spettacolo. Lirica, musica classica, leggera, teatro, circo, arti di strada;

3) il design e cultura materiale. Prodotti agroindustriali e gastronomici, il “made in Italy” e la moda. (vedi: W. Santagata “La fabbrica della cultura” Ed. Il Mulino 2007).

Ora, se queste definizioni sono accettate come valide, è necessario interrogarsi su quali di esse il Trentino deve investire, ben sapendo che alcune cose possono interessare veramente la “fabbrica e l’economia della cultura” ed altre sono del tutto estranee ad una realtà e ad un bacino d’utenza così piccolo come quello provinciale. Immaginare di risolvere i problemi attivando un corso di formazione, significa avere uno sguardo oltremodo ridotto e non aver capito che invece sono le potenzialità del territorio che vanno riscoperte e sulla quali è necessario orientare la spesa ed il sostegno. Altrimenti il rischio è quello di arenare il sistema sulle secche delle teorizzazioni, sull’assenza di pragmaticità e su un evidente dirigismo pubblico che, l’esperienza insegna, non ha mai prodotto innovazione, ma solo conservazione.

Tutto ciò premesso, si interroga la Giunta provinciale per sapere:

- se la stessa non ritiene di rileggere le indicazione del Forum della Cultura alla luce evidente di una realtà che è ben diversa dal profilo tracciato fin qui da tale organismo;

- quali costi ha sostenuto la Provincia per l’attività del Forum della Cultura;

- se la Giunta provinciale intende potenziare il settore culturale, attribuendo allo medesimo un cospicuo aumento delle risorse finanziarie a partire dal prossimo bilancio di previsione;

- se la stessa, ritiene veramente che attraverso la convocazione degli “stati generali”, si possa dar vita ad un nuovo corso della cultura provinciale, seppellendo decenni di contrapposizioni fra i soggetti culturali e di battaglie intestine per la conquista del finanziamento provinciale.

- infine, come si colloca il ruolo del Centro Servizi culturali “S. Chiara”, del Coordinamento Teatrale Trentino, dei musei provinciali, del sistema delle federazioni culturali, delle biblioteche ed il rapporto strategico con Bolzano, dentro questo rinnovamento del sistema.

 

A norma di Regolamento si richiede risposta scritta.