Come tutti i leghisti, il presidente Maurizio Fugatti è molto bravo a fare propaganda. Ma ad esagerare con la propaganda si può anche finire male, come insegna la parabola di Salvini.Giorgio Tonini, 10 ottobre 2019
Ieri il presidente della Provincia ha spacciato come una “vittoria politica” la mancata impugnazione, da parte del Governo, della norma che introduce il requisito dei dieci anni di residenza in Italia per accedere alle graduatorie ITEA e al bonus bebè. “A Roma – ha addirittura aggiunto Fugatti – hanno riconosciuto una serie di aspetti positivi nella norma. Abbiamo fatto scuola”. È bene che i trentini sappiano che le cose non stanno così.
Il Governo non ha impugnato la legge provinciale, semplicemente perché essa non stabilisce esplicitamente che per l’accesso a quei benefici serva il requisito dei dieci anni. L’articolo 38 della legge provinciale si limita a prescrivere che siano richiesti anche i requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno previsti dalla normativa (statale) sul reddito di cittadinanza. Per impugnare la norma provinciale il Governo avrebbe dunque dovuto impugnare davanti alla Corte costituzionale una norma statale, cosa che ovviamente non poteva fare. Un espediente tecnico abile, quello scelto dalla Giunta provinciale.
Ma tutt’altro che una “vittoria politica”. Per due ragioni.
Primo: perché se Governo e Parlamento correggeranno la norma statale sul reddito di cittadinanza, abolendo o ridimensionando il requisito dei dieci anni, la nuova norma si applicherà in automatico anche alla nostra legge provinciale.
Secondo: perché questo è e resta l’orientamento politico del Governo “giallo-rosso”, come dimostra la richiesta, avanzata dal Governo e accolta da Fugatti, di correggere i requisiti di residenza in Trentino per il bonus bebè, portandoli da cinque a due anni.
Sul piano politico quindi, Fugatti ha incassato una sonora sconfitta, che nessuna propaganda può riuscire a nascondere. Purtroppo, nella sua sconfitta, ha trascinato anche la nostra autonomia, che anch’essa ha incassato due brutti colpi: perché si è vista impartire dal Governo una lezione di umanità e ragionevolezza, con la richiesta, che Fugatti ha dovuto accogliere, di correggere la brutta e cattiva norma “trentina” sui cinque anni per il bonus bebè; e perché ha consegnato a Governo e Parlamento la parola decisiva sui dieci anni, creando le condizioni di una nuova sconfitta, politica e morale, del Trentino autonomo.
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