Nei giorni scorsi la stampa ha riportato la richiesta di nuove piste avanzata dagli impiantisti di Madonna di Campiglio, contemplando tra le ipotesi, ancora una volta, quella di un intervento nella zona di Serodoli. Alessio Manica, "Trentino", 1 ottobre 2019
Com'era ovvio aspettarsi la notizia ha portato ad una reazione netta di molte realtà, dalla SAT fino all'Ente Parco Adamello Brenta. Significative risultano in questo senso le affermazioni del Presidente del Parco, che ha ribadito l’esigenza di "valutare con estrema attenzione le istanze che provengono dalle società impiantistiche affinché mediante un attento bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, l'ambiente, patrimonio collettivo, non venga sacrificato per centrare obiettivi di massimizzazione del profitto delle società”.
Di Serodoli ci eravamo occupati anche nella scorsa legislatura, come ha recentemente ricordato il Presidente Rossi, dicendo un chiaro e forte no allo sfruttamento di quell’area. Un no non di certo pregiudiziale nei confronti del turismo invernale e sciistico: basti pensare in tal senso al contributo determinante dato dalla Provincia nel 2017 al salvataggio delle funivie Folgarida-Marilleva e alla creazione una delle più grandi aziende impiantistiche dell’Arco alpino. La tutela dell’area di Serodoli è peraltro sancita anche dal Piano Urbanistico provinciale.
Altrettanto netta pare essere la presa di posizione del Vicepresidente con deleghe all'ambiente ed all'urbanistica Tonina, che ha recentemente escluso qualsiasi ampliamento del carosello sciistico su quest’area. C’è da sperare che a differenza di quanto accaduto sovente nei mesi scorsi le sue posizioni non vengano smentite da quelle di altri membri della Giunta, a cominciare dal Presidente Fugatti o dall’Assessore al turismo Failoni, che gioca in questa partita un ruolo non di certo imparziale come invece meriterebbe e che parla di turismo sostenibile come “di una moda”.
In subordine la Giunta, e questo mi preoccupa, si è infatti già detta disponibile ad avviare una procedura di variante del PUP per valutare l’individuazione di nuove aree sciistiche. Chiedo alla Giunta di agire con prudenza: prima di avviare una variante al PUP, magari per rispondere alla pressione di interessi particolari, bisogna avere chiara in testa una visione di medio-lungo periodo legata allo sviluppo delle nostre montagne, dei flussi turistici e soprattutto dei cambiamenti climatici. Sul tema ambientale sempre di più non c’è spazio per l’ambiguità, per l’incoerenza tra i proclami politici e le azioni amministrative.
Del resto la questione ambientale si fa sempre più drammatica ed urgente, lo dicono i dati, lo urla la scienza. Invertire la tendenza dipende dalle scelte che si fanno a qualsiasi livello, da quello famigliare a quello globale. Nello specifico credo ci siano due questioni rilevanti: la prima è il tema del limite, la seconda quella della qualità del nostro turismo. Il tema del limite si pone con forza in un territorio fragile come il nostro. Ne ha parlato nei giorni scorsi anche la professoressa Franch, dicendo che “se la natura (ma anche la cultura e le tradizioni) vengono "distrutte" nel lungo periodo si arriva alla distruzione economica di un territorio”.Come scritto dalla stessa Franch, “i turisti sono disponibili a pagare di più per avere un'esperienza di vacanza di maggiore qualità, anche dal punto di vista ambientale. Ma se non diamo risposte ai turisti che chiedono qualità ambientale, questi si rivolgeranno altrove.”
Il compito della politica è quello di trovare un punto di equilibrio tra sostenibilità ambientale e redditività del settore turistico. Certo serve la voglia di immaginare soluzioni non banali e non scontate, anche alla luce dei cambiamenti climatici. Il senso del limite potrebbe trovare espressione in una politica sugli impianti che mutuando il concetto di “volume zero” usato negli interventi di pianificazione urbanistica quando non si aggiungono nuove edificazioni, miri ad un saldo zero degli impianti.
Infrastrutture ne abbiamo molte, poche in autosufficienza economica, con sempre maggiori problemi di innevamento. Si punti ad un potenziamento intelligente delle possibilità di innevamento, per far si che le stagioni possano essere affrontate con puntualità e tranquillità, che ciò che esiste stia in maniera efficiente e qualitativamente alta sul mercato, ma non si possono più aggiungere piste.
Penso invece alla possibilità di riconversione di alcune aree ormai sempre meno adatte alla pratica dello sci invernale; allo sviluppo non massificato ed invasivo del turismo estivo; al miglioramento in senso sostenibile della rete infrastrutturale, a cominciare dal potenziamento delle ferrovie di valle, ecc. L’aspro dibattito attorno al progetto di riconversione di Passo Rolle aveva portato ad una previsione normativa che consente alla Provincia di sostenere i territori che intendono affrontare processi di sviluppo e riconversione per nuovi modelli di turismo, invernale e non. Sarebbe bello incentivare e sostenere questo tipo di sperimentazioni, per fare della nostra Autonomia un laboratorio anche in questo campo.
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