L'Autonomia deve guardare al futuro

Seppur non invitato ospite, ho sentito mio dovere partecipare alla cerimonia ufficiale per la "Giornata dell'Autonomia", in qualità di semplice cittadino e come tale, ascoltando gli interventi istituzionali, ho tratto qualche riflessione.
Bruno Dorigatti, 8 settembre 2019


Un primo elemento mi è parso degno di nota. In una realtà come la nostra, stravolta ogni giorno da informazioni irrilevanti e da interpretazioni di comodo sui delicati temi dell'autonomia, solo chi mantiene un alto grado di lucidità detiene veramente il potere di interpretare appunto l'autonomia, al di là degli slogan e delle altisonanti dichiarazioni di circostanza. È per tale ragione che volentieri sottoscrivo anzitutto l'acuta analisi offertaci dal Presidente della Provincia autonoma di Bolzano che, mi pare, più d'altri abbia colto il senso storico ed il significato profondo di questa ricorrenza e la centralità del quadro regionale entro il quale sono inserite le due autonomie provinciali e le loro reciprocità.
Anche sulla scorta di tali considerazioni, credo che il problema delle prospettive future dell'autonomia, indubbiamente segnate dal rischio delle disaffezioni crescenti che verso la stessa sono andate manifestandosi negli anni più recenti anche per demeriti della politica, non possa risolversi con il rinnovato ricorso a strumentazioni consuetudinarie per quanto utilizzate secondo nuove modalità, ma debba invece affidarsi ad una ritrovata qualità dell'autonomia, cioè ad un modo diverso - e questo sì innovativo - di gestirla, anche rischiando qualche impopolarità e ben sapendo che sono proprio queste a fare la differenza fra l'amministratore e lo statista.
In altre parole, se la politica non ritrova la capacità di spingere lo sguardo al di là delle apparenze e delle contingenze - che si traducono in estemporanee esibizioni pubbliche di vicinanza del potere al cittadino; in politiche di sostegno economico più legate alla dimensione del consenso che non ad una seria politica dello sviluppo; nel facile compiacimento delle pulsioni più immediate del cittadino-elettore; nell'assenza di qualsiasi opzione programmatoria di lunga deriva - sarà impossibile frenare il rotolio verso il declino crepuscolare che pare attendere un'autonomia sempre più ordinaria e sempre meno speciale.
Ciò che va perseguita allora, con consapevolezza ed umiltà, è una nuova qualità dell'autonomia evidenziata dentro un operare politico esigente ed all'altezza di tempi così complessi e frastagliati e secondo profili di matura responsabilità capaci di valorizzare le diversità; di riportare al centro del progetto autonomistico il lavoro e la sua dignità; di sradicare vecchie prassi; di ritrovare quel compito di ispirazione proprio dell'autonomia stessa; di consentire scelte dettate da singole necessità senza perdere di vista il quadro degli interessi generali, garantendo a tutti coloro che qui vivono - anche a prescindere dalle loro origini, fedi e culture - il portato di una modernità fatta di doveri e diritti uguali per tutti.
Non basta insomma denunciare, con monotona ripetitività, le cadute di tensione dell'autonomia, senza di fatto essere poi in grado di andare avanti sugli stretti sentieri del cambiamento reale e non solo proclamato, per ridisegnare l'organizzazione civile e politica di questa terra verso orizzonti di più alta civiltà e forme più visibili di convivenza. Non basta limitarsi a preannunciare sempre nuove fasi, a seconda dell'apparire sulla ribalta di questo o quell'interprete del consenso elettorale, per costruire una diversa coscienza collettiva dell'autonomia in grado di farci guadare le paludi della mera gestione come quelle della facile utopia. Non basta vagheggiare un diverso, quanto indefinito, sistema di obiettivi e regole per governare lo sviluppo della società e per favorire una partecipazione del cittadino al formarsi dei processi decisionali, per averlo ottenuto. Tutto questo non è sufficiente, perché in quest'epoca l'autonomia per rilanciarsi nel futuro chiede un supplemento di impegno, di responsabilità, di cultura, di intelligenza politica e di capacità mediatoria, anziché di esibizioni muscolari che definiscono solo le grandi debolezze del presente.
Infine, l'autonomia si difende, non tanto nell'indignazione mediatica davanti all'impugnativa di norme da parte dello Stato e dimenticando in realtà che l'intera vicenda delle autonomie speciali è costellata da conflitti giuridici ed interpretativi, quanto nella faticosa delineazione di sempre nuovi traguardi; nella riscoperta di ruoli laboratoriali; nei linguaggi del compromesso e del confronto e nella saldezza di quei valori autonomistici della solidarietà e dell'operosità che non sono più appannaggio di pochi, ma appartengono ormai alla "Costituzione" materiale del Trentino, alla sua democrazia ed alla pluralità dialogante delle culture politiche e sociali che sono essenza dell'autonomia stessa.