Il sindaco Alessandro Andretta traccia la strategia in vista delle elezioni amministrative del prossimo maggio. Plaude all’assenza di veti per gli assessori uscenti e non esclude il ricorso alle primarie.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 25 agosto 2019
Alessandro Andreatta torna indietro di dieci anni. Al febbraio del 2009, quando sfidò Claudio Bortolotti, Aldo Pompermaier e Paolo Chiariello nelle primarie del centrosinistra (allora ancora autonomista) per individuare il candidato sindaco del capoluogo. Vinse lui. «Ma prima di quel voto i partiti della coalizione fissarono alcuni punti sui quali c’era accordo pieno» rammenta il primo cittadino di Trento. Che fa un salto in avanti. Guardando alle amministrative del prossimo anno: «Quel metodo può essere un buon riferimento per costruire un progetto politico in vista delle Comunali del 2020». A quell’appuntamento, Andreatta non ci sarà: «Non mi ricandido» conferma ancora una volta l’esponente dem. Che plaude all’apertura della segretaria pd Lucia Maestri alla presenza degli attuali assessori nella rosa dei candidati sindaco: «Vanno evitati i veti» dice.
Sindaco Andreatta, lei guarda già all’appuntamento del 2020. Intanto però gli occhi sono puntati sulla crisi di governo nazionale. La mossa di Matteo Salvini ha fatto discutere molto, soprattutto per i tempi.
«Il leader della Lega evidentemente voleva cercare di sfruttare il trend favorevole del consenso nei confronti del suo partito: rispetto alle politiche del 2018 le percentuali sono più che raddoppiate. Si è parlato infatti della volontà di sfruttare questa situazione andando a elezioni anticipate. C’è poi, come molti hanno evidenziato, la questione della finanziaria: di fronte alla responsabilità di dover costruire una manovra difficile, dove avrebbe dovuto dire un sacco di “no” anche al ceto medio in sofferenza, Salvini ha preferito lasciare l’incombenza ad altri, per mettersi ad aspettare lungo la riva del fiume e attaccare, criticare. Del resto, sa benissimo che le sue continue promesse non sono conciliabili con la capacità di far quadrare i conti. Una crisi in questo momento, però, non è positiva: lo stesso Giorgetti, l’uomo più lucido ed esperto della Lega, ha rimproverato il suo leader per la scelta dei tempi».
Ora le trattative sono tra 5 Stelle e Pd. Un dialogo possibile?
«Va detto, innanzitutto, che per fortuna abbiamo un capo dello Stato come Sergio Mattarella, che crede fortemente nel Parlamento e conosce la Costituzione. E si sta muovendo proprio seguendo la Carta. Un uomo stimato anche all’estero: quando sono andato a Kempten per seguire la loro Festwoche — un corrispettivo delle nostre Vigiliane — il sindaco della città e i primi cittadini precedenti mi hanno detto “Per fortuna avete Mattarella”. Ora, tornando alla domanda, si cerca un accordo tra Pd e pentastellati. I 5 Stelle, un anno fa, sono risultati il primo partito e quindi sarebbe impensabile creare un nuovo governo senza di loro. Il movimento ha provato a governare con la Lega: un governo che, per quanto mi riguarda, è durato anche troppo. Ora l’unica strada è provare dall’altra parte. Con il Pd».
Quindi il dialogo ci può essere.
«Un tentativo deve essere fatto, portando gli aspetti positivi dei due partiti. Il M5s è il movimento del “Vaffa” e dell’inesperienza: speriamo che in un anno di governo abbiano capito che per guidare il Paese non serve aggressività, ma responsabilità e capacità di elaborare proposte che tengano insieme la comunità. Dal canto suo, il Pd è il partito delle divisioni. E su questo deve lavorare: in ogni partito c’è bisogno di rispetto nei confronti di chi porta responsabilità. In ogni caso, sono moderatamente ottimista sull’esito positivo del dialogo tra 5 Stelle Pd. Non sarà facile, ma c’è una parte importante del movimento che ha sempre guardato ai dem. Certo, servono punti in comune sui quali si dovrà mediare».
E potrà durare un governo di questo tipo?
«Ha senso solo se ha un respiro di legislatura. Altrimenti meglio andare al voto. Mi auguro che questi giorni servano per trovare dei punti in comune, guardando alla stabilità politica, economica e sociale del Paese. E fissando lo spartiacque».
Cosa intende?
«Nella politica nazionale, ma anche in quella provinciale in vista delle amministrative del prossimo anno, è necessario capire ciò che unisce e ciò che divide. Lo spartiacque, per quanto mi riguarda, non è tanto la Lega come partito, quanto piuttosto la cultura leghista, fatta di paure, di rancori, di politiche pensate per determinate categorie e non per tutti. Quando invece la politica deve occuparsi di tutti».
Questo dunque è il punto di partenza per la coalizione di centrosinistra?
«Sì, bisogna innanzitutto definire lo spartiacque. Con Lega e Fratelli d’Italia, personalmente, non potrò mai avere alcun rapporto: siamo in mondi diversi. Fissati i paletti, si dovrà lavorare sul perimetro della coalizione, cercando di capire se può essere allargato».
Aggiungendo nuove forze politiche?
«Non penso a un allargamento per aggiunta a partire dalle forze attuali: le aggiunte non piacciono. Un modello che si potrebbe seguire è quello che avevamo adottato nel 2009».
Vale a dire?
«La scelta del candidato sindaco era avvenuta tramite le primarie. Ma prima di quel passaggio erano stati definiti alcuni punti sui quali le forze politiche si potevano incontrare. Questo può essere un metodo per un progetto delle Comunali: un piano che parta dall’individuazione di alcune priorità che riescano a mettere d’accordo tutti e che possano coinvolgere altri movimenti o liste civiche. Una piattaforma comune».
E poi?
«Da questi punti si potrà costruire un programma. E poi scegliere candidati forti, seri, appassionati. Oltre al candidato sindaco».
Attraverso le primarie?
«Ho sempre considerato le primarie uno strumento importante in alcuni passaggi. Ma non mi sbilancio, non le considero una soluzione obbligata. L’altra strada, forse più complicata, è quella della scelta del candidato attraverso il confronto tra i rappresentanti di partito. Intanto sono felice che la segretaria del Pd abbia escluso veti e preclusioni per gli assessori in carica. Sarebbe ingiusto: non voglio che venga considerata superata e negativa la storia di chi ha maturato un’esperienza all’interno dell’amministrazione. La questione non è questa: l’importante è trovare una persona stimata, competente, motivata, pronta a gestire una macchina amministrativa».
Un’ultima riflessione: il presidente Maurizio Fugatti sostiene che un governo Pd-5 Stelle sarebbe contro le regioni del Nord. Cosa risponde?
«Forse potrà essere lontano dalle amministrazioni del Nord, ma di sicuro non sarà lontano dalle comunità, soprattutto di quelle della nostra regione, dove è più facile guardare a un governo tra Pd e 5 Stelle che a un’intesa tra 5 Stelle e Lega».