Cosa è rimasto di queste promesse?

La Lega ha fatto una campagna elettorale intera promettendo di riaprire i punti nascita nelle valli trentine. Lo ha fatto ignorando le indicazioni unanimi del mondo scientifico, che dimostrano come una rete basata su un percorso nascita diffuso e alcuni punti nascita capaci di affrontare qualunque emergenza su cui concentrare i parti, sia il sistema più sicuro per donne e nascituri. 
Trento, 5 agosto 2019

I dati pubblicati in questi giorni  ci dicono che il percorso nascite avviato dalla Giunta precedente - cioè la presa in carico delle gestanti su tutto il territorio provinciale da un’ostetrica di riferimento per tutta la gravidanza - sta avendo un grande successo ed è molto apprezzato dalle future mamme. I dati indicano che questa è la strada giusta, e che si sta diffondendo la consapevolezza che ospedale VICINO non equivale automaticamente a ospedale SICURO, come afferma l’assessora Segnana. 
Dopo 9 mesi dalle elezioni però la Lega Salvini Trentino è riuscita solo a partorire una lettera (data 30 luglio), dove chiede un tavolo per poter discutere dei criteri per ottenere le deroghe. Non ha fatto alcuna domanda di deroga per Arco (nè tanto meno per Tione o Borgo, come la Lega aveva promesso) perché i presupposti scientifici non ci sono. Nel frattempo hanno pure ridotto le risorse stanziate dalla Giunta precedente per la ristrutturazione dell’ospedale di Cavalese‼️
Insomma, l’ennesima presa in giro per i cittadini, perché, salvo un cambio totale di rotta dell’intera comunità scientifica, Arco non riaprirà. E se continuano così sarà dura anche tener aperto Cavalese, dove nei primi mesi di riapertura ci sono stati un parto ogni due giorni. 
Uguaglianza non significa garantire a tutti di nascere sotto casa, significa garantire a tutti di nascere nelle stesse condizioni di sicurezza!

 

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Percorsi nascita, è boom: il 60% sceglie le ostetriche. Zeni esulta: «Vantaggi reali e più sicurezza»

Luca Zeni non ci gira intorno. «La politica — dice l’ex assessore alla sanità — sa che è impopolare chiudere qualcosa. Ma tutto ciò che è stato fatto è stato compiuto nell’ottica di seguire le indicazioni unanimi del mondo scientifico. L’avvio dei percorsi nascita unito alla concentrazione dei punti nascita nei luoghi più attrezzati ha sicuramente migliorato la sicurezza delle prestazioni e il sistema nel suo complesso».
A. Dongilli, "Corriere del Trentino", 3 agosto 2019

 

Zeni rivendica dunque la bontà delle iniziative prese suo tempo, comprese le chiusure dei punti nascita che tanto rumore fecero e continuano a fare ma che, affiancate dallo strumento dei percorsi nascita, hanno portato «a benefici per tutti e tranquillità alla popolazione delle mamme e non disservizi. I feed back che abbiamo avuto sono positivi e confermano la positività di quel percorso: nel frattempo sono cresciute le ostetriche, sia come numero che come preparazione e quello che abbiamo realizzato a Trento è un modello che molte realtà da fuori provincia potrebbero guardare con interesse». Il consigliere provinciale del Pd torna poi a sollevare perplessità sulla riapertura, nello scorso dicembre, del punto nascita di Cavalese, voluta dalla giunta Fugatti. «Ho presentato — ricorda — un’interrogazione cui non ho ancora ricevuto risposta per capire quanti sono i parti cesarei che avvengono nell’ospedale di Cavalese». A rigor di logica dovrebbero essere quasi nulla: la deroga concessa per il punto nascita della val di Fiemme prevede che tutte le gravidanze non fisiologiche, dunque con complicazioni, vengano dirottate su Trento. Ma alcuni rumors riferiscono di una percentuale «piuttosto alta di cesarei a Cavalese. Il che sarebbe grave, perché rifletterebbe delle difficoltà nella gestione di situazioni di per sé normali».

Più del 60% per cento dei bimbi trentini nati nel 2018 è venuto alla luce all’interno del percorso nascita, il servizio offerto dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari che unisce, attraverso la figura di un’ostetrica di riferimento tutte le prestazioni di cui una futura mamma necessita. Niente più attese negli ospedali, ore appese al telefono per prenotare le visite: le donne che vi aderiscono sono prese sotto l’ala protettrice di un’ostetrica che le segue « da prima del concepimento fino a due mesi dopo il parto — spiega la referente organizzativa delle ostetriche Caterina Masè — sul loro territorio». Una misura introdotta di pari passo con la chiusura di punti nascita periferici; pur non essendo a questa collegata da un rapporto di causa effetto «difficile sarebbe stato chiudere i punti nascita senza pensare a una presa in carico delle future mamme» afferma il direttore sanitario dell’Azienda Claudio Dario.

L’offerta

Il percorso nascita, seguito per la parte clinica dal direttore dell’unità operativa di ginecologia e ostetricia del Santa Chiara Saverio Tateo, «è partito nel 2013 — continua Masè — con un progetto europeo che ha permesso di avviare la sperimentazione nelle Giudicarie. Era stato pensato però, molto prima, con un’attenzione che ha permesso il cambio culturale che sta alla base di tutto: si passa dal concetto di prestazione a quello di presa in carico». Nel 2015 il percorso diventa grande e si estende «a tutta la Provincia. L’obiettivo per il futuro è di riuscire a coprire, come avviene ora, il 100 per cento delle richieste». E come funziona? Una donna, purché residente in Provincia, ancor prima del concepimento può prenotare un colloquio. La maggior parte delle future mamme comincia l’iter dopo il test di gravidanza positivo. «A questo punto chiamano il Cup, prenotano la prima visita: l’ostetrica che incontreranno in questa occasione, nei consultori o negli ambulatori del territorio, le seguirà per tutta la gravidanza fino a due mesi dopo il parto». Arrivando anche a prescrivere tutti gli esami e prenotare le visite successive «avendo così la garanzia di poter rispettare le scadenze previste». Il vantaggio per la donna (e per il sistema sanitario) «è la continuità. Dovesse subentrare un problema l’ostetrica conosce tutta l’anamnesi e la può aiutare nel modo più efficace». Un aspetto che «alleggerisce e razionalizza anche il lavoro nei reparti ospedalieri: le donne vengono indirizzate nel modo corretto e al momento del parto se ne conosce tutta la gravidanza e, se non ci sono problemi, anche il parto viene seguito solo dalle ostetriche con l’intervento degli specialisti nei momenti necessari».

E nel caso subentrasse un problema di salute? «Fin dalla prima vista viene individuato il percorso più adatto alla condizione clinica della gestante. Il fatto che le ostetriche — spiega Dario — seguendo un protocollo molto severo, possano prescrivere gli esami non è un elemento da poco ma funziona solo con un sistema molto ben organizzato: appena qualcosa esula dalla norma scattano i meccanismi che fanno attivare i medici». Una rivoluzione copernicana, il cui fulcro è la figura dell’ostetrica, su cui si è investito molto: più di 60 quelle dedicate al percorso nascita in provincia.

I numeri

Seppure il 33,7 per cento delle donne che lo hanno scelto ci sia arrivata solo tramite passaparola (il 28,3 da personale ostetrico, il 9,7 dal ginecologo) il servizio piace molto alle mamme trentine: nel 2016, a un anno dalla nascita, solo il 34,5 per cento dei bimbi nati era frutto del percorso nascita. Un dato che cresce al 46,83 nel 2017 e al 60,65 lo scorso anno assestandosi nei primi sei mesi del 2019 al 67,2%. I picchi di maggiore adesione si hanno nell’ambito Centro nord, che comprende Trento e la Valle dei Laghi con 659 nati nel 2018 e 384 al 30 giugno 2019 (74,9 per cento e 87,2), nelle Giudicarie e Rendena (83 per cento dei parti nel 2018, 79,3 nel 2019, pari a 193 nati un anno fa e 92 in questi sei mesi) nell’ambito est (Valsugana, Primiero e Tesino, Cembra, Fiemme e Fassa) nel 2019 si arriva al 87,2 per cento, mentre i più bassi si hanno nell’ambito centro sud (Rovereto, Vallagarina e Folgaria) con 43,98 per cento die parti nel 2018 e il 45, 21 nei primi sei mesi del 2019.

La centralità delle donne

Un modello che «avvicina — spiega ancora Dario — il servizio alla donna e alla famiglia e fa della gravidanza e del parto un momento di comunità» e che ha trasformato la chiusura di alcuni punti nascita da un ipotetico problema a un valore aggiunto. «Difficile sarebbe pensare a una riorganizzazione dei punti nascita senza essersi preoccupati della presa in carico delle gestanti: si sono date alle donne le garanzie di tutela». Lo dice anche la stabilità degli interventi con elisoccorso o autosanitaria: 106 nel 2016 e 2018, 91 nel 2017, in calo del 20 per cento nel 2019 (43 fino ad oggi). «L’ostetrica conosce la storia della paziente e la paziente sa a chi rivolgersi: questa maggiore consapevolezza evita corse inutili in ospedale — ragiona Masè — E comunque il 60 per cento dei parti frutto di interventi avviene comunque dopo due ore dalla chiamata». Inoltre «a partire dalla 37esima settimana per i territori non coperti da punto nascita è attivo un servizio di reperibilità delle ostetriche 24 ore su 24 e i consultori hanno esteso l’orario di apertura, dalle 8 alle 20 da lunedì a venerdì e fino alle 14 anche il sabato ».