Le Olimpiadi invernali 2026 possono essere senza dubbio uno dei possibili volani di sviluppo per il nostro Trentino.
Nel mio ruolo di amministratore di un Comune sede dei futuri giochi, mi permetto di condividere alcune riflessioni legate alla valenza e alle potenzialità di impatto sociale di tale investimento pubblico.
Elisa Viliotti, 31 luglio 2019
Mi riferisco, in particolare, al fatto che questi grandi eventi debbano rappresentare un obiettivo progettuale più ampio della pur importante organizzazione dei Giochi Olimpici e costituire dei veri e propri acceleratori dei processi di crescita del territorio.
La vera occasione, oserei dire scommessa, sta nel far sì che le Olimpiadi diventino una leva di sviluppo culturale, economico e sociale per le nostre Comunità oltre alla scontata ed importantissima vetrina promozionale sul mondo. La vetrina in sé non basta, va riempita con un progetto ampio, con "prodotti" che il mondo intero possa apprezzare e verso i quali sentirsi incuriosito.
Per fare questo serve innanzitutto quella lungimiranza politica che permetta al territorio, nel senso ampio del termine, di generare le capacità di coordinarsi per finalità più elevate. Capacità che necessitano di uno strumento basato su una visione più ampia rispetto al nostro ambito amministrativo.
Immagino un "contenitore", con una veste giuridica magari staccata dal singolo Comune, che funga da propulsore e facilitatore di politiche pubbliche di sviluppo locale, che sia elemento forte di definizioni di strategie territoriali, condivise e partecipate.
Questo "contenitore" mi piace vederlo come una sorta di "Distretto dell'Attrattività" capace di coinvolgere i Comuni e gli attori delle zone interessate e capaci di cogliere l'opportunità dell'evento, a prescindere dal fatto che siano o meno direttamente sede di gare olimpiche. Soggetti rappresentativi dovranno avere grande incisività e capacità di coinvolgimento, ma anche grande responsabilità, nell'individuazione e nel perseguimento delle linee programmatiche di un percorso che conduca le nostre Comunità a crescere oltre l'evento Olimpiadi, che rappresentano quindi un punto di partenza e non di arrivo.
Un "contenitore" dove concertare misure a presidio dei centri storici del commercio, azioni contro lo spopolamento dei piccoli centri urbani di montagna, luoghi ove operare una mappatura delle infrastrutture e dei servizi ma anche implementare il trasporto pubblico, riqualificare l'arredo e rigenerare i centri urbani, rivisitare i principi di pianificazione comunali, rendendoli coerenti con una visione di sviluppo sovra ambito. Le potenzialità che le moderne tecnologie offrono, ci possono consentire di creare un territorio "smart", dove ci si può sentire al centro del mondo anche stando in un territorio periferico, che anzi proprio in quanto tale può divenire attrattivo.
Il successo di un simile modello di organizzazione dipende dalle regole di governo che si dà, e questa è l'altra grande scommessa: come essere effettivamente in grado di condividere e coinvolgere? I progetti che nascono "dal basso", partecipati, sono belli a parole, ma spesso difficili da realizzare, ma è una scommessa che va giocata con convinzione. Probabilmente un simile processo va condotto da persone riconosciute dal territorio per appartenenza e visione futura e collettiva, persone degne di fiducia e capaci di costruire relazioni basate sul dialogo e rispetto delle peculiarità dei vari ambiti territoriali. Tra l'altro questo consentirebbe di ricostruire quella fiducia tra Comunità e amministratori che si è forse indebolita nel tempo.
Le Olimpiadi possono essere, dunque, l'occasione per superare le barriere amministrative e creare sinergie in grado non solo di far crescere le Comunità ma anche di ridurre quella percezione di distanza dei cittadini rispetto ad una politica che, a volte, pare troppo lontana e astratta.