Sono stato il primo, a spoglio dei voti ancora in corso, a riconoscere la vittoria di Maurizio Fugatti e a fargli gli auguri di buon lavoro come presidente della nostra Provincia autonoma. E non ho mai messo in questione il diritto-dovere del vincitore di governare sulla base del programma presentato agli elettori. Ma in democrazia governare non è sinonimo di comandare. I dittatori comandano, i presidenti governano.
Giorgio Tonini, 30 luglio 2019
E governare significa indicare e mantenere la rotta, ma anche tenere conto dei venti e delle correnti, cioè del pluralismo politico, sociale e culturale di una società articolata e complessa come la nostra.
Questa regola, che vale sempre, dovrebbe essere tenuta in ancora maggiore considerazione quando chi ha vinto le elezioni è stato votato solo dalla maggiore delle minoranze. È questo il caso del presidente Fugatti, che è stato votato dal 47 per cento scarso dei votanti, che a loro volta sono stati il 64 per cento degli elettori.
Dunque, il presidente Fugatti è stato scelto esplicitamente da meno di un trentino su tre. Questo dato obiettivo non mette minimamente in dubbio la sua piena legittimità a governare, ma dovrebbe suggerirgli un supplemento di apertura e di disponibilità al dialogo e al confronto. Anche in Consiglio provinciale, nel rapportarsi con le minoranze che, tutte insieme, rappresentano la maggioranza dei trentini.
Proprio perché il presidente è pienamente legittimato a governare, le minoranze non hanno il diritto di impedirgli di seguire la rotta da lui indicata agli elettori. Hanno però il diritto di vedere rispettato il loro punto di vista, ascoltate le loro proposte e, in misura ragionevole, accolti i loro suggerimenti, quando mirino a migliorare o anche a moderare e non a stravolgere l'indirizzo della Giunta e della maggioranza che la sostiene.
Da una settimana il Consiglio provinciale è impegnato nella discussione sull'assestamento del bilancio 2019. Si tratta in pratica di decidere come impiegare l'avanzo di bilancio del 2018 e le risorse non ancora impiegate nel bilancio 2019: in pratica un "tesoretto" di 280 milioni (su un bilancio di circa 5 miliardi). La maggior parte di queste risorse è stata destinata a sostenere il corposo programma di investimenti in infrastrutture, prevalentemente stradali, già definito dalla precedente amministrazione. Come minoranze abbiamo apprezzato questa scelta, così come abbiamo condiviso la decisione di destinare una quota, per quanto modesta (15 milioni), di risorse ad un programma di sostegno alle famiglie e di aiuto alla natalità.
Su quest'ultimo punto, come minoranze, abbiamo avanzato alcune proposte di miglioramento. In particolare, anche facendo tesoro dell'esperienza nazionale del "bonus bebè" introdotto dal governo Renzi, abbiamo messo in evidenza come questo tipo di misure possa certamente recare un po' di sollievo alle famiglie con figli a reddito medio-basso, cosa in sé buona e giusta, ma altrettanto certamente non sia in grado di determinare alcuna inversione di rotta nel declino della natalità. Ed è del tutto comprensibile che sia così: qualunque famiglia con figli apprezza un aiuto, anche modesto, a far quadrare il bilancio; ma nessuna coppia programma la nascita di un figlio in più, perché sa di poter contare su un centinaio di euro al mese per i primi tre anni... La via maestra per sostenere le nascite è quella di sostenere, incentivare, promuovere l'occupazione femminile: se so di poter contare su due redditi, allora sì che posso sentirmi in grado di mantenere un figlio in più.
Va riconosciuto al presidente Fugatti di non essere stato sordo a questo nostro richiamo e di aver accettato, almeno in un primo momento, la proposta nostra (e di Cgil, Cisl e Uil) di aumentare la soglia di esenzione dal calcolo dell'Icef per il secondo reddito da lavoro, in pratica una misura a sostegno dell'occupazione femminile. La Giunta provinciale si è anche dichiarata disponibile ad accogliere la proposta, avanzata dal Patt, di valutare la possibilità di sostenere finanziariamente la parificazione del trattamento della maternità delle lavoratrici private a quello delle dipendenti provinciali.
Le aperture della Giunta si sono fermate qui. Il presidente Fugatti non ha accolto la nostra richiesta di impegnarsi a mantenere anche nel 2020 lo sgravio fiscale sull'addizionale Irpef per i redditi medio-bassi. Ha fatto capire che dipenderà da cosa verrà deciso a Roma. In pratica, se verrà approvata la "flat-tax" fortemente voluta dalla Lega Salvini, non solo i più ricchi si vedranno dimezzare le tasse, ma il conto di questa botta di vita verrà girato ai più poveri, anche in Trentino, che si vedranno privati del famoso "caffè al giorno" rappresentato dallo sgravio Irpef. A quel punto il "bonus bebè" voluto da Fugatti si rivelerà una beffa: l'assegno ai nuovi nati sarà infatti finanziato con il taglio dell'esenzione Irpef ai redditi più bassi...
Non è tutto. La Giunta provinciale ha usato l'assestamento anche per introdurre norme "di sistema", che incidono su beni comuni di tutti i trentini, senza alcun dialogo e confronto né con le minoranze in Consiglio, né con le articolazioni della società civile. Ignorando appelli di associazioni storiche e di personalità tutt'altro che riconducibili ad una militanza politica di opposizione (a cominciare dalla presidente della cooperazione trentina Mattarei), la Giunta non solo ha deciso di eliminare la quota di salvaguardia dei finanziamenti alla cooperazione allo sviluppo (lo 0,25 per cento, pochi milioni su un bilancio di miliardi), ma ha respinto perfino le proposte delle minoranze di graduare nel tempo il taglio di risorse. Allo stesso modo, ha inserito nell'assestamento senza alcuna previa discussione, norme sulla scuola che avrebbero meritato ben altro approfondimento. Anche in questo caso, ha rifiutato di prendere in considerazione perfino la nostra proposta minimale di salvaguardare l'attuale livello quantitativo di insegnamento delle lingue straniere, uno dei motivi di maggior vanto della nostra scuola.
Di fronte a questa chiusura, che rivela una propensione a confondere il governo col comando, alle minoranze non è rimasta altra strada che quella dell'ostruzionismo: rallentare (non impedire) l'approvazione dell'assestamento, per richiamare l'attenzione della comunità trentina su quanto sta succedendo alla nostra autonomia. Una strada che non abbiamo imboccato volentieri. E che siamo sempre pronti ad abbandonare, in presenza di una disponibilità della Giunta e del suo presidente, non a mettere in discussione la rotta, della quale spetta a loro assumere la piena responsabilità politica, ma a mitigarne e graduarne gli effetti più negativi, almeno dal punto di vista nostro e della larga parte dei cittadini elettori che abbiamo l'onore di rappresentare e che anche il presidente avrebbe il dovere di rispettare.