«Venerdì scorso sono venuti controllarci e hanno chiesto i documenti, ci hanno schedato e con noi anche i bambini. Sembra di rivivere quello che ci hanno raccontato i nostri vecchi tanti anni fa che prima li hanno schedati e poi portati nei campi di concentramento. Ora abbiamo paura per quello che sta succedendo».
"Trentino", 24 luglio 2019
Così ha dichiarato ieri alla stampa Mirko Gabrielli, membro della comunità trentina dei sinti, raccontando di come anche a Trento sia avvenuta la raccolta di informazioni (chi lo chiama censimento, chi schedatura) sulle comunità sinti e rom così come richiesto da una recente circolare che il Ministro dell'Interno Matteo Salvini ha fatto recapitare a tutti i Comuni italiani.
Sulla vicenda è intervenuto ieri con una nota il consigliere circoscrizionale del Centro Storico-Piedicastello Jacopo Zannini: «La lotta all'abusivismo riguarda tutti gli abusi senza connotazioni etniche. La minoranza rom e sinti non gode in Italia di alcuno statuto giuridico specifico che ne consenta l'identificazione, dunque è lecito chiedersi in che maniera sia giuridicamente possibile il riconoscimento e la targhettizzazione di tali insediamenti. Inoltre tali "schedature" non servono a costruire una cultura dell' integrazione e della legalità».
A spiegare il punto di vista dell'amministrazione comunale è invece l'assessora Maria Chiara Franzoia: «Abbiamo ricevuto anche noi la lettera del ministro che - per come ci è giunta - mi dà l'impressione di una iniziativa molto strumentale e con una forte connotazione populista. Detto questo, per quanto riguarda la nostra amministrazione noi compiamo questi monitoraggi da anni, anche se avere un quadro chiaro della situazione dei sinti non è facile perché molti vivono in appartamenti e - ricordo - sono trentini al 100%, magari da due generazioni. Più difficile è controllare i rom che vivono in condizioni di maggiore abusivismo che il Comune da tempo cerca di mitigare. Dunque noi trasmetteremo questi dati perché siamo obbligati a farlo, ma non ci piegheremo a logiche da "schedatura" o sgomberi forzati, soprattutto perché Trento ha sempre cercato di attuare politiche di inclusione».