Si fa davvero fatica a leggere alcuni commenti sulle sorti dell'orso. L”evasione” di M49 ha riaperto un dibattito ormai consolidato. Da un lato ci sono gli animalisti, che ritengono che la tutela di ogni singolo esemplare venga prima di tutto; abbiamo il dubbio se iscrivere a questa categoria anche il ministro Costa, che lancia appelli a non sparare all'orso, dopo averne ritardato per troppo tempo la cattura.
Luca Zeni, 17 luglio 2019
Dall'altro gli antiorso, che lo dipingono come un killer assassino e che alimentano l’idea che questa specie dovrebbe essere portata all’estinzione sulle Alpi.
Forse vale la pena ricordare alcuni passaggi.
L’orso non è mai scomparso dal Trentino, ma era vicino all’estinzione quando a inizio anni '90 la giunta Andreotti decise di dare avvio ad un progetto di reinsanguamento, introducendo alcuni esemplari che, uniti a quelli esistenti, potessero evitare la scomparsa della specie.
Il progetto ebbe successo, e l’orso ha trovato un habitat favorevole in Trentino.
L’orso è un animale schivo, che evita il contatto con l’uomo, come è stato più volte spiegato da chi ne studia abitudini e comportamenti, e come dimostrato dal numero esiguo di incidenti che si sono registrati negli anni in Paesi nei quali l’orso è presente con numeri significativi - migliaia di esemplari complessivamente - come la Romania o la Slovenia: solitamente un comportamento corretto da parte dell’uomo evita problemi.
Vi sono però alcuni singoli esemplari che prendono confidenza, e questi possono essere definiti pericolosi, perché mostrano aggressività nei confronti dell’uomo, o dannosi, perché attaccano animali da allevamento. Il caso di M49 è quello di un orso molto dannoso, ma di certo non pericoloso, e soltanto una politica strumentale ha voluto creare l’immagine dell’orso assassino usando M49. E' triste vedere il Presidente della Provincia (lasciamo stare per pudore qualche consigliere di maggioranza la cui unica ragion d'essere è fare il megafono di corte) ostinarsi a definirlo tale, anche con salti logici ("siccome è scappato, allora ha dimostrato di essere pericoloso") che farebbero sorridere se non provenissero da chi ricopre quel ruolo istituzionale.
Sia la pericolosità che la dannosità sono elementi che incidono sull’accettazione sociale della specie, e quindi occorre muoversi secondo alcune direttrici, al fine di tutelare sia la popolazione sia la specie dell'orso nel suo complesso:
- proseguire con il finanziamento, da parte dell’ente pubblico, di strumenti di prevenzione per gli allevatori, e sollecitare gli stessi ad utilizzarli. Troppo spesso infatti, nonostante vengano pagati dalla Provincia, non vengono installati questi sistemi, solitamente efficaci nel tutelare gli allevamenti;
- prevedere la possibilità di intervento tempestivo in caso di orso accertato come dannoso o pericoloso, con la rimozione o con l’abbattimento. Nel caso di M49, accertata l’alta dannosità, andava rimosso molto tempo fa, senza tanto tergiversare e senza farlo diventare un caso politico;
- definire la possibilità di intervento da parte di una struttura tecnica che abbia strumenti, responsabilità e discrezionalità per intervenire, senza che una politica strumentale svolga pressioni improprie, in un senso o nell’altro;
- procedere alla diffusione di una cultura della montagna che faccia comprendere la necessità di un approccio responsabile alla stessa. Che siano le valanghe, i sentieri esposti, gli insetti, i serpenti o gli orsi, in montagna occorre mantenere comportamenti responsabili. Esistono accorgimenti che rendono altamente improbabile avere problemi con gli orsi e vanno spiegati;
- la politica dovrebbe mostrare equilibrio: essere efficace negli interventi a tutela in particolare degli allevatori e al contempo non alimentare psicosi non giustificate al solo scopo di creare l’ennesimo nemico da cui difendere il gruppo di riferimento. Anche se l'equilibrio, purtroppo, non è molto popolare in questa fase storica.