«Si dovrà guardare all’eccellenza europea. Nel confronto con le città italiane Trento ormai fa la sua parte, è riconosciuta. Ma può crescere ancora, rimanendo una città media. Un tempo si era fissato il limite di 150.000 abitanti per il capoluogo: non credo sia giusto rincorrerlo. Oggi Trento ha trovato una sua misura e una sua dimensione. È con questa misura che dobbiamo guardare avanti, salvaguardando il bello che ci contraddistingue».M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 2 luglio 2019
La precisione è il suo forte. E anche in questo caso Alessandro Andreatta non si smentisce. In vista del confronto sugli ultimi trent’anni di governo del capoluogo, a chi gli chiede se la fine del suo mandato rappresenterà la conclusione di un ciclo, l’attuale sindaco di Trento risponde mettendo in fila le date di nascita degli ultimi tre primi cittadini (sé compreso): «Io, Dellai e Pacher siamo degli stessi anni: uno del 1956, uno del 1957 e uno del 1959. Chi verrà dopo di noi leggerà sicuramente la città con occhi diversi. E non è necessariamente un aspetto negativo».
Quindi il ciclo si chiude guardando alla discontinuità?
«Personalmente credo che una sana continuità paghi. Ma è evidente che ognuno di noi porta con sé un carattere specifico legato all’età, alla competenza e ai desideri che non può non emergere. Mi auguro, in questo senso, che chi guiderà la città in futuro sia attento alle attese e ai bisogni veri della gente».
In questi anni come ha visto cambiare la città?
«L’ho vista cambiare tanto. Oggi Trento è una città più moderna, più competitiva rispetto alle città italiane. Ma se la gioca anche a livello europeo. Gode di maggiore considerazione».
Quali sono le tappe principali di questa «rivoluzione»?
«In primo luogo, penso alla conclusione della fase produttiva di Trento, legata al manufatturiero, quando Italcementi e Michelin se ne sono andate. Per Trento, a quel punto, è iniziata una nuova fase, più legata al turismo e alla cultura. Il Muse, il cui primo concepimento risale al 1998, quando ancora era sindaco Dellai, è il simbolo di uno sviluppo nuovo della città. C’è poi la sostenibilità».
In che senso?
«Trento è diventata più sostenibile, spingendo sulla differenziata, distinguendosi per il regolamento di edilizia sostenibile, fissando nel piano della mobilità obiettivi legati al trasporto pubblico, alle ciclabili, ai parcheggi di attestamento. Ancora: c’è la coesione sociale e il senso di appartenenza».
Un tema sul quale avete investito?
«Si tratta di un ambito che ha impegnato me, ma anche Dellai e Pacher. Abbiamo lavorato per creare luoghi di aggregazione e servizi nelle circoscrizioni. E per creare un senso di appartenenza».
Quali sono le sfide che dovrà affrontare chi verrà dopo quindi?
«In primo luogo la mobilità: abbiamo fatto molto ma c’è ancora molto da fare. Proprio per questo in quest’ultimo anno di amministrazione ci impegneremo ancora con alcuni progetti. Stiamo portando avanti il collegamento tra la città e Mesiano. Nella revisione al Prg abbiamo inserito almeno il segno del collegamento tra il fondovalle e il monte Bondone. Abbiamo confermato l’interramento della ferrovia e insistiamo ancora, nel dialogo con la Provincia, sulla necessità dei parcheggi di attestamento: l’occhio è su quello che dovrà sorgere agli “spaghetti”. C’è quindi la questione degli ex».
«Si dice sempre che Trento ha troppi ex. Ma molti li abbiamo fatti sparire: l’ex Michelin è diventato il quartiere delle Albere, l’ex Lenzi le Corti fiorite. Certo, qualche ex c’è ancora. Ma per uno, l’Italcementi, in autunno dovrebbe arrivare il piano guida. Mentre altri ex sono decisamente più impegnativi e con un respiro che va oltre l’aspetto comunale: penso all’ex Sloi e Carbochimica. C’è però anche un’ultima sfida che dovrà essere affrontata dagli amministratori del futuro».
Quale?
«Si dovrà guardare all’eccellenza europea. Nel confronto con le città italiane Trento ormai fa la sua parte, è riconosciuta. Ma può crescere ancora, rimanendo una città media. Un tempo si era fissato il limite di 150.000 abitanti per il capoluogo: non credo sia giusto rincorrerlo. Oggi Trento ha trovato una sua misura e una sua dimensione. È con questa misura che dobbiamo guardare avanti, salvaguardando il bello che ci contraddistingue».
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