E' passato un po’ più di una settimana dall'esito del voto europeo e da quello alle elezioni suppletive della Camera dei Deputati. Io sono stata la candidata del centrosinistra, anzi dell’Alleanza democratica autonomista, per il collegio di Trento e Valli del Noce, in un mese e mezzo entusiasmante, difficile e intenso di campagna elettorale.Giulia Merlo, "Il Dolomiti", 11 giugno 2019
Ora, dopo che le polveri sono scese e che l’orizzonte è tornato più chiaro, è il momento del bilancio, a partire dalle cose che ho imparato.
La prima e più importante è che non esistono città e valli, ma cittadini, alcuni dei quali si sentono ancora lasciati indietro. Il nostro territorio ha una enorme sfida davanti a sé: tornare a far parlare le persone, rimettere a sistema una realtà che sembra essersi scollata, archiviare le categorie mentali pigre sui cui la politica ha il dovere di non adagiarsi più. La mia campagna elettorale si è svolta per più della metà in giro per le molte località del collegio. E’ stata una scelta di direzione: da Cles a Malè, fino a Grumes e Terlago, ho parlato ma soprattutto ascoltato. Ora bisogna mettere a sistema e fare sintesi.
Le questioni sarebbero molte ma ne scelgo qui tre, perché sono convinta diano la visione del territorio che sono stata candidata a rappresentare, dei suoi problemi ma soprattutto delle sue possibilità di sviluppo per il futuro.
La mobilità: chi sceglie di abitare in realtà rurali ha diritto a mezzi di trasporto pubblico, tratte con durate ragionevoli e maggior frequenza, e un sistema di collegamenti più efficiente. Significa investire in infrastrutture, una questione cruciale che investe paesi come Mezzana; cittadine come Cles e le città di Trento e Rovereto. Serve un sistema connesso, che ragioni e sviluppi il territorio come un tutt'uno, sfruttando le potenzialità delle Comunità di Valle. Cito un problema per tutti, che potrebbe anche diventare una grande parte di soluzione: la Trento-Malè, che dovrebbe collegare le valli di Non e Sole con la città. Il problema è che parte un treno l’ora, che copre la tratta di 65 chilometri in un’ora e quarantacinque minuti, l’ultimo dei quali per scendere a Trento parte da Mezzana alle 19.40. Per tornare in valle, invece, l’ultimo pullman parte da Trento alle 22.25 e solo nei giorni feriali. Troppo poco, per molti e in particolare per chi i mezzi pubblici li usa di più: gli anziani e i giovani, che magari sono studenti e universitari e si sentono pendolari a casa loro.
Il lavoro: se vogliamo che le valli rimangano popolate e mettano a frutto l’enorme potenziale del territorio, bisogna dare una buona ragione alle persone per rimanerci. La prima ragione di abbandono di un luogo per un altro è la ricerca di lavoro, che significa prospettiva di vita. Penso in particolare al caso della Elcograf di Cles, dove stampa la Mondadori: il colosso dell’editoria ha messo in discussione anticipatamente un contratto di stampa del valore di 50 milioni di euro e la riduzione delle commesse potrebbe portare anche alla chiusura dell’impianto, mettendo a rischio il lavoro di 140 persone. Lo stesso, tuttavia, vale anche per la città di Trento: offre molto per chi studia, ancora troppo poco per chi è in cerca di lavoro. A Trento, il tasso di disoccupazione giovanile è al 15,3%, a Bolzano al 9,2%: nel perché di questi numeri sta l’inizio di una soluzione da trovare.
L’ecologia: strettamente connessa al lavoro, perché investire in green economy mette a frutto nuove competenze e un “new green deal” permette di sviluppare in modo etico il territorio, che vuol dire non considerarlo semplicemente un bene monetizzabile ma soprattutto una componente centrale della qualità della vita. Siamo una realtà agricola montana: il nostro valore aggiunto è la qualità, non la quantità di prodotto. L’ho imparato dalle aziende vinicole della piana Rotaliana, e dai coltivatori della Val di Non: dobbiamo poter produrre, spostare e collocare al meglio i prodotti sull'asse nord-sud, valorizzando la loro tipicità e investendo ancora di più in tecnologie ecosostenbili e riduzione di pesticidi.
Da questi spunti il centrosinistra può ripartire perché ha qualcosa da dire, delle soluzioni da proporre e una direzione da intraprendere. Per farlo, però, i partiti devono tornare ad essere collettori di istanze sociali non solo durante la campagna elettorale: dobbiamo tornare ad ascoltare il territorio, andando a cercare chi ne sa di più, chi ha un problema di cui discutere, chi ha una prospettiva da raccontare. Per iniziare a fare proprio questo, prendo spunto dai risultati elettorali nella città di Trento. I risultati dicono che il centrosinistra ha recuperato il Bondone e Mattarello, vincendo contro il centrodestra per dieci circoscrizioni a due. Eppure, è dalle circoscrizioni recuperate (ma sempre in bilico) e dalle due ancora perse che bisogna ripartire. Si tratta di Gardolo e Meano, Bondone e Mattarello ma anche Ravina-Romagnano. Da qui devono nascere gli spunti per un’idea di città e di una provincia del futuro: una catena è forte quanto il suo anello più debole.
Infine, serve anche un passo avanti politico. Che fare, ora? L’esperienza di campagna elettorale mi ha insegnato in particolare che le persone vogliono delle risposte a domande precise: chi siete, che cosa proponete e dove andate. L’Alleanza Democratica Autonomista mi ha dato gli strumenti per rispondere. Siamo una forza di centrosinistra autonomista ed europeista, che si colloca con forza all'opposizione di questo governo, nazionale e provinciale. Vogliamo proporre una visione alternativa di società, di cultura e di futuro, perché la nostra autonomia sia davvero tutelata e torni a farsi sentire alla pari con il governo romano; perché il tema ambientale sia al centro di ogni teorema di sviluppo; perché i diritti di tutti vengano difesi, in particolare quelli dei lavoratori. Puntiamo a tornare ad essere forza maggioritaria, dicendo in modo chiaro da che parte stiamo.
Servono il coraggio delle idee e fiducia nelle persone: il nostro territorio ha tante voci, molte delle quali si sono sentite per troppo tempo inascoltate. Il centrosinistra torni a prestare orecchio a loro: molte di queste si sono zittite in quel 46% di astenuti, ma sono pronte a tornare a parlarci, se diamo loro modo. Per farlo, però, serve un progetto di medio e lungo periodo, che faccia tornare i partiti al centro di una filiera sociale e culturale, che veicola le istanze e - soprattutto - ne fa sintesi virtuosa in vista di una proposta politica che nasca dal basso.
Nel voto del 26 maggio, che ha visto la Lega primo partito in provincia, il Trentino si è scoperto per la terza volta meno diverso di come si è sempre sentito, rispetto al resto d’Italia: l’anomalia trentina ormai è alle spalle, come anche le sue geometrie politiche. Ora, dobbiamo lavorare per costruirne di nuove. Le energie ci sono, le ho avvertite e sono fiera di averle potute rappresentare in questo pezzo di cammino. Non lasciamo che si spengano.
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