Lucia Maestri non si mette fretta. A tre giorni dall’esito dell’ultima tornata elettorale e a un anno dalle Comunali, la segretaria del Pd smorza sul nascere il toto-nomi già partito in vista delle amministrative nel capoluogo. «È ancora prematuro» spiega. E si concentra, piuttosto, su un percorso di ricostruzione dei dem e dell’intera coalizione.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 30 maggio 2019
Guardando alle valli («Dobbiamo riprendere le fila del nostro radicamento sul territorio») e richiamando a un’unità di valori tra capoluogo e periferia. Con uno spiraglio: «Il risultato del voto nei Comuni trentini che hanno scelto il proprio sindaco ci dice che la Lega non è invincibile».
Però, domenica anche il Trentino ha premiato il Carroccio.
«Sì. Il voto delle Europee ci racconta alcune cose. In primo luogo, ci dice del risultato della Lega, che in Trentino ha raggiunto il 37% con un consenso diffuso e la maggioranza in quasi tutti i Comuni. Ma questi numeri portano con sé una domanda».
Quale?
«Mi chiedo se quel risultato sia attribuibile alla Lega in quanto partito o se sia il frutto di un Trentino che si è affidato all’uomo forte del momento, Salvini. Una domanda che sorge osservando l’esito del voto nei Comuni trentini che sono stati chiamati a scegliere il nuovo sindaco: in almeno quattro casi si è visto che se il territorio è in grado di mettere in campo una proposta convincente la Lega non è invincibile».
E del Pd cosa dice?
«Il Pd è riuscito a resistere a questo tsunami. In Trentino abbiamo dei dati incoraggianti: si tratta dell’inizio di un recupero. Che attenzione: non significa aver raggiunto il traguardo. Il futuro è tutto da costruire».
Anche in vista delle Comunali del 2020. Per la sfida di Trento si fanno già ipotesi di possibili candidati.
«È prematuro. Se l’Alleanza democratica autonomista non assume quella capacità di coesione sul programma e di convergenza sul nome che abbiamo già sperimentato, abbiamo sbagliato tutto. Sia chiaro: il Pd non ha ancora affrontato la questione delle prossime elezioni di Trento. Ne parleremo. Ma con un metodo preciso: le coalizioni si allargano su basi programmatiche e i nomi vengono alla fine. Prima c’è tutto il resto».
In quel «prima» mette anche il dialogo con il Patt?
«Al Patt, come a tutte le altre forze, faremo proposte sui contenuti. E su questo piano mi pare si possano trovare delle convergenze».
Tornando ai nomi per Trento: la scelta del candidato potrà essere fatta attraverso le primarie?
«Le primarie sono uno strumento. Ma non l’unico. Se l’Alleanza riuscisse a trovare una convergenza unitaria, ad esempio, non servirebbero primarie».
Simone Casalini, nella sua analisi pubblicata sul Corriere del Trentino di ieri, solleva per il Pd il rischio di connotarsi come partito dei centri urbani e della borghesia. Come è possibile evitare questa prospettiva?
«Dobbiamo riprendere la storia del nostro radicamento sul territorio e smetterla di trasferire sulle valli dinamiche nazionali, che non appartengono ai territori. È stato un errore del passato, che dobbiamo evitare. Dobbiamo riprendere i contatti con tutte le valli, che sono stati via via abbandonati, riflettere sui problemi dei territori, ascoltare le persone e interpretarne i bisogni con concretezza».
Si guarda alle valli partendo da Trento, che in questa tornata non ha ceduto alla Lega.
«La città ha avuto un moto d’orgoglio per dire che “noi non siamo così”. Ed è vero. Personalmente, non sono d’accordo con chi dice che destra e sinistra non esistono più. Lega e Pd si distinguono profondamente nei valori. E la città ha mostrato quei valori. Ripartire da Trento vuol dire però sapere che quei valori che la città sta interpretando erano valori di tutto il Trentino. E che devono tornare ad esserlo».