I problemi della denatalità e dell'emorragia di italiani che lasciano il nostro paese sono al cuore del mio programma come candidato per il PD alle elezioni europee: per questo l'articolo sul rapporto «Crescere in Trentino» mi colpisce.
Roberto Battiston, 22 maggio 2019
Innanzitutto come cittadino, e poi come padre di quattro figli che stanno, come tantissimi altri giovani, costruendo le proprie scelte di vita e le proprie famiglie lontano. È una emorragia che leggo come un sintomo di sfiducia nel paese, come l'abbandono di una speranza di poter realizzare qui un futuro appagante.
Sono più di 10 anni che l'emigrazione italiana ha ripreso a crescere a ritmi sostenuti, tra il 10 ed il 20 per cento all'anno: si tratta di andamenti che si erano intensificati con la crisi, ma che tornano a incrementarsi adesso che alla fine crisi fa seguito un rinnovato blocco della crescita. L'aumento dell'emigrazione rappresenta un po' una cartina al tornasole di un sistema paese incapace di trattenere o ricondurre in Italia i suoi giovani: colpisce tutte le regioni italiane, anche le più prospere come la nostra e quelle limitrofe del nord-est. Questo vale anche per la decrescita della natalità, che è certamente influenzata da un insieme di fattori legati a cambiamenti culturali, a difficoltà economiche, a carenze di supporto nella logistica della gestione familiare, alla mancanza di parità di genere, in particolare per quanto riguarda i diritti delle lavoratrici.
È interessante a questo proposito notare che il Trentino Alto Adige è in netta contro-tendenza rispetto al resto del paese per quanto riguarda la numerosità delle famiglie: i figli per donna nel 2017 sono gli stessi che nel 2007, circa 1,6 per donna, mentre per altre regioni italiane il tasso è sceso significativamente, fino al minimo del 1,13 per donna in Sardegna. D'altra parte il Trentino è la quarta provincia in Italia per tasso di emigrazione. Sono dati per certi versi contrastanti: siamo un territorio con una ottima qualità della vita, le famiglie che si sviluppano fanno più figli che nel resto d'Italia, ma molti trentini emigrano. Quando a partire sono i giovani all'inizio della età tipica della genitorialità si perdono loro, ma si perdono anche i potenziali figli. Quindi anche se il numero di figli per donna resta invariato si realizza un calo complessivo della natalità.
Considerando le tendenze nazionali, l'attuale clima politico contagiato da paura e odio per le famiglie immigrate (anche loro famiglie!) difficilmente saranno i flussi in arrivo a controbilancire i vuoti lasciati dagli italiani. Sembriamo dimenticare come noi stessi siamo stati, siamo ancora e sempre più stiamo diventando emigranti. Ma anche questa tendenza, recente e lontana dalla nostra tradizione di paese accogliente, è parte di un problema più grande: lo scarso valore attribuito alla famiglia dalle politiche sociali del nostro paese.
La famiglia è un bene fondamentale per la società, libera espressione di amore tra i genitori e verso i figli, sorgente di continuità e rinnovamento, di crescita e trasmissione di cultura e di esperienza. Sia che siano basate su legami religiosi o civili, l'indebolimento delle famiglie porta ad un indebolimento della reciprocità e dei legami sociali.
Proprio per questo è necessario sostenere le famiglie. Con politiche del lavoro che non discriminino le donne e gli uomini che lavorano e vogliono avere figli. Politiche sull'educazione che riconoscano il ruolo della famiglia nella società senza darlo per scontato. Politiche di sostegno agli anziani che sempre più spesso sono scaricati sulle spalle delle famiglie e quasi sempre delle donne. Politiche di conciliazione fra lavoro e cure domestiche per i padri e per le madri: entrambi hanno bisogno di attingere oltre che alla realizzazione lavorativa anche all'esperienza meravigliosa della cura genitoriale.
Gli investimenti fatti in nidi, nella detassazione alle famiglie numerose, nel sostegno economico di genitori incapienti o precari, nella flessibilità dell' orario lavorativo e nel telelavoro, nella protezione del lavoro in caso di gravidanza anche nel caso di lavori a termine, sono altrettanto importanti degli investimenti nelle infrastrutture o nelle competenze del capitale umano. Pensiamo a politiche per la famiglia di paesi come la Francia (forti incentivi per le famiglie che hanno figli) o la Germania (forti misure di sostegno per madri e padri che lavorano). L'Europa ha molto da suggerirci.
Fare figli è legato ad una dimensione intima e morale: non può essere mai essere imposto per una utilità pubblica, sia essa di contenimento o di potenziamento demografico. È una motivazione che si basa su un desiderio profondo, a volte difficile da discernere e da far fiorire in mezzo a tante altre pressioni contingenti. Se questo desiderio profondo viene frustrato da condizioni economiche e lavorative ostili, fare politiche per la genitorialità significa dare libertà di realizzazione alle persone. Precarietà, difficoltà abitative, differimento nella scelta di una sede lavorativa, timore di assumersi responsabilità fanno sì che matrimoni e gravidanze vengono posticipate, abbassando il tasso di natalità; generazioni già ristrette arrivano alla genitorialità tardi mantenendo sempre più basso il numero di figli per coppia. Oppure tanti giovani italiani sfuggono a questo quadro di incertezze cercando all'estero opportunità e gratificazioni lavorative e sociali.
Sono convinto, infine, che sulle questioni fiscali occorra fare molto di più per le famiglie: le detrazioni sono ridicolmente inadeguate ai costi che implica il provvedere ai figli. Nella stretta attualità dovremmo pensare a come la ventilata ipotesi di flat tax per le famiglie, basandosi sulla somma dei redditi, possa creare ulteriori svantaggi alle coppie sposate, che già oggi spesso si trovano penalizzate nelle fruizioni dello stato sociale, rispetto alle coppie conviventi. E meglio sarebbe stato attenersi per il reddito di cittadinanza alle famiglie piuttosto che ai singoli. È una priorità sociale quella di permettere alle famiglie di vivere il loro desiderio di genitorialità, un tema trasversale che la politica deve essere in grado di sostenere indipendentemente dallo schieramento. È bellissimo che i nostri giovani possano sperimentarsi all'estero e che altri giovani vengano da noi: ma non possiamo rassegnarci al declino di un paese da cui si fugge per mancanza di futuro.