Bene ha fatto l'università a riaprire un dibattito ampio sulle questioni dell'educazione e valorizzazione delle differenze di genere. Su questi temi nessuno può permettersi di contravvenire a quella pari dignità sociale che la Costituzione proclama.
Roberto Battiston, 8 maggio 2019
La comunità scientifica e la rete delle istituzioni scolastiche hanno tutto il diritto ed il dovere intellettuale di aprire, come giustamente segnalava il rettore dell'Università, un dibattito trasparente, a porte aperte, su questo tema.
La pari dignità è un diritto che non può solo essere affermato ma deve essere implementato. Non basta proclamarlo, bisogna inverarlo, realizzarlo, sostenerlo. Ogni generazione riprende la fatica di una definizione, che è sempre biologica e culturale assieme, delle identità maschili e femminili. E nella evoluzione di questa identificazione alcune cose cambiano: la piena partecipazione delle donne al mondo del lavoro, della politica, della ricerca, della società è una acquisizione da riaffermare, da rinsaldare ogni giorno.
Come ricercatore sono particolarmente attento alla sollecitazione delle vocazioni Stem delle ragazze, alla pari opportunità di carriera e di assunzione di responsabilità delle ricercatrici, alla valorizzazione della creatività e del sapere relazionale delle donne nell'innovazione di impresa e nei livelli di vertice dei processi, sia pubblici che privati.
Altrettanto va valorizzata la piena assunzione di quelle responsabilità genitoriali, e le relative gratificazioni, che i giovani padri oggi sanno prendersi con consapevolezza ed orgoglio, e che le generazioni di padri precedenti alla nostra hanno spesso irrimediabilmente perso.
Non si può pensare che oggi la scuola e l'università possano esonerarsi dal partecipare ad una educazione al rispetto delle persone, nelle differenze di cui sono portatrici. La pressione che esercitano media e social sulle giovani personalità in formazione può essere estremamente pervasiva, e in molti casi basata su modelli degradanti.
La crescita dell'affettività e di una sessualità matura deve essere aiutata a prendere le distanze da innumerevoli sollecitazioni di esercizio brutale e degradante di relazionalità grezza, intollerante e spesso violenta esibita sui canali di comunicazione. Senza una educazione al rispetto e alla accettazione della alterità e dignità della donna come sradicare gli episodi di violenza di cui troppe donne sono vittime?
Modelli di femminilità ancillare e subordinata e modelli di mascolinità prevaricante e rozza riempiono ancora oggi i media. Le famiglie spesso sono disattente o faticano a esplicitare una educazione sul tema.
Chi se non la scuola può aiutare a valorizzare le differenze nel rispetto reciproco? Chi si occupa di istruzione a tutti i livelli sa che la sensazione è spesso quella di sentirsi soli. Le scuole e le università non hanno bisogno di indottrinamento, ma di esercitare nel quadro della loro libertà di insegnamento e autonomia quei compiti di promozione della dignità e rispetto della persona che la Costituzione afferma.
Ben venga quindi una riflessione comune e aperta.