In molti avrebbero preferito non vederlo scendere in politica e paradossalmente sono gli stessi che ora potrebbero votalo alle prossime elezione europee. Roberto Battiston, classe 1956, ha diretto l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) risanandola e ottenendo ottimi risultati. Era arrivato nel 2014, a seguito di una selezione competitiva valutata da un comitato internazionale. Ma il 6 novembre 2018, senza motivo apparente, il ministro dell'Istruzione leghista Marco Bussetti gli ha revocato l’incarico.
J. D'Alessandro, "La Repubblica", 7 maggio 2019
Fisico sperimentale Battiston, con un passato fra le altre cose all’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), docente di educazione fisica il ministro.
Evidentemente Battiston non sa stare con le mani in mano e dopo la pubblicazione del libro Fare Spazio, ha accettato l’invito di Zingaretti di candidarsi per il Partito Democratico nella Circoscrizione Italia nord-orientale. Sabato 18 parlerà al Food&Science Festival di Mantova, sul tema di dell’agroalimentare e della new space economy (può sembrare un ossimoro mischiare la coltivazione della terra con la ricerca aereospaziale e la produzione di satelliti, ma non lo è). Così lo abbiamo raggiunto al telefono per parlare della sua nuova avventura, per la prima volta come politico.
Perché è sceso in politica?
“Perché credo che i processi politici debbano esser governati dalla competenza, anche a livello europeo. Ci sono ambiti dove vengono investite risorse ingenti e che riguardano anche l’Italia. Ma a differenza degli altri, noi a volte mettiamo rappresentanti che non hanno alcuna esperienza in quei campi e che quindi non ne conoscono la complessità, non la capiscono e fanno scelte errate”.
Il parlamento europeo però non ì l’Asi.
“L’Asi opera in un settore complesso e ha un ruolo di primo piano nell’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Lavorandoci ho imparato a confrontarmi con l’esterno, collaborando e a volte competendo per difendere i nostri interessi. I numeri parlano chiaro: quasi 700 persone in più assunte in tre anni su un totale di 6500 dipendenti. Da Bruxelles siamo riusciti ad avere il 3% in più di investimenti rispetto ai contributi versati per il settore spaziale: cento milioni di euro. Senza dimenticare il bilancio dell’agenzia che in quattro anni è stato rimesso in ordine”.
Lo racconta nel suo libro, Fare Spazio, e a Repubblica lo disse a suo tempo. Davvero nel licenziamento arrivato dal ministro Bussetti quando era ancora lontano dalla fine del mandato non ci sono motivi?
“Il motivo è nel liberare una posizione importante e poterla controllare. Il settore dello spazio è strategico. Poco importa poi che quell’agenzia stesse funzionando a meraviglia. Ora c’è un nuovo presidente. Vedremo se riuscirà a dare continuità. E’ fondamentale. Se ogni nuovo presidente cancella tutto e riparte da capo non si va da nessuna parte. Certe cose richiedono una prospettiva a lungo termine. Per quel che riguarda lo spazio ad esempio per certi programmi servono anche dieci anni. Ne ho portato avanti molti, il satellite Prisma ad esempio, e altri li ho avviati come quello dello Space Raider, il mini shuttle europeo”.
Peccato che la politica ragioni in maniera opposta e soprattutto l’orizzonte temporale sia sempre più breve, fino alla campagna elettorale permanente condotta via social.
“E’ un meccanismo in atto soprattutto in Italia. Ma in Europa ci sono molti Paesi che sanno ragionare in maniera diversa quando si tratta di settori strategici. Sanno che un errore fatto oggi si può avere conseguenze molto lunghe compromettendo la ricaduta che certi ambi di ricerca hanno sull’economia. Pensi ad esempio alla scelta sbagliata dell’Italia di non far parte del consorzio europeo di Airbus, malgrado ce lo abbiano chiesto ripetutamente”.
In Europa cosa intende fare esattamente?
“La Commissione Europea gestisce un valore economico che è infinitamente più grande di quello che ruota attorno al settore spaziale. I metodi di collaborazione e competizione fra i membri dell’Unione europee sono simili però. Il mio obbiettivo è portare la competenza e il saper fare dall’ambiente alla formazione. Iniziando dall’emorragia di persone che l’Italia sta subendo, con 300 mila cittadini che nel 2018-19 sono andati via per lavorare altrove e spesso si tratta di altri nazione europee. 300 mila: si rende conto? E’ una città come Catania. Bisogna invertire questa tendenza”.
Torniamo all’Europa. Nel suo complesso, nella corsa allo spazio in primis, è in prima linea.
“Certe partite, come quella per la nuova economia dello spazio, le si vincono solo se si uniscono gli sforzi con gli altri Paesi dell’Unione. Da soli nessuna nazione avrebbe una sola possibilità considerando che dall’altra parte abbiamo Cina, Russia, India, Stati Uniti. E’ questione di massa critica e il sovranismo da questo punto di vista non porta da nessuna parte se non ad accordi svantaggiosi o di breve termine”.
Poi però ci sono anche le posizioni italiane da difendere dentro l’Europa.
“Certo. Peccato che in Italia si preferisca andar ognuno per conto suo e, quando possibile, perfino ostacolarsi”.
Lei si considera un privilegiato?
“Io sono un figlio della Repubblica italiana: ho studiato alla scuola pubblica e ho proseguito gli studi all’università grazie a borse di studio dello Stato. E sono rimasto in questo Paese malgrado più volte mi abbiano offerto posizioni all’estero. Credo nel nostro sistema anche se tanti hanno smesso e se io stesso di delusioni ne ho avute diverse”.
Come mai il Partito Democratico?
“Zingaretti mi ha chiesto di impegnarmi come indipendente. Apprezzo un partito che si apre alle competenze e che ha valori che sono in parte i miei e che riconoscono che una delle priorità è ad esempio sbloccare l’ascensore sociale ormai immobile. Ho quattro figli e vedo la fatica che fanno. Questo è un problema che riguarda tutti: stiamo perdendo intere generazioni e siamo destinati al declino se non facciamo qualcosa. C’è bisogno di una visione vera del futuro”.
E’ di futuro che parlerà a Mantova?
“No, del presente. Ovvero delle straordinarie possibilità offerte dall’agricoltura di precisione nata grazie allo sfruttamento dei dati dei satelliti. Oggi basta una app per avere un’idea della fertilità di ogni metro quadro in Europa. L’osservazione della Terra dallo spazio è un elemento chiave per lo sviluppo del nostro settore alimentare”.