La decisione della giunta leghista di concentrare i richiedenti asilo presenti in Trentino alla caserma Fersina a Trento, ha prodotto una serie di comunicati e dichiarazioni di giubilo da parte dei consiglieri provinciali salviniani.
Luca Zeni, "Trentino", 24 aprile 2019
“Grazie al Presidente Fugatti meno profughi in Trentino”, “Dopo anni di alte spese per l’accoglienza, ora in Trentino potremo liberare risorse da utilizzare per i trentini”.
Eviteremo la facile ironia sulla funzione di consiglieri provinciali ridotti a cantori delle gesta del proprio condottiero, locale o nazionale che sia, e non ci soffermeremo sul persistere di tecniche della propoganda politica che fanno leva continuamente sullo schema amico/nemico.
Quello che colpisce delle dichiarazioni dei consiglieri della maggioranza leghista, è la distorsione della realtà, la scorrettezza nel merito delle affermazioni, e può essere utile un po’ di fact checking.
Partiamo dai numeri. In nessun modo le Regioni, compresa la Provincia di Trento, incidono sul numero dei richiedenti asilo, poiché lo Stato li ripartisce proporzionalmente, quindi risulta quantomeno originale ringraziare il Presidente della Provincia per il calo delle presenze.
Rispetto a questo, occorre ricordare che il Trentino, seguendo il trend nazionale, ha visto un aumento degli arrivi costante dal 2015 al 2017. Dal luglio 2017, con l’attivazione del piano del neo ministro Minniti, in Trentino gli arrivi si sono pressoché interrotti. Per questo dal gennaio 2018, quando si è arrivati al tetto massimo di 1850 presenze , si sono costantemente ridotte fino alle 1400 di ottobre 2018 e alle 1257 di oggi. Un andamento quindi avviato ben prima che si insediasse il governo Lega/5 stelle a Roma e molto prima che la Lega Salvini vincesse le elezioni provinciali.
Questo ci aiuta a capire come un fenomeno così complesso dipende da dinamiche internazionali e nazionali nelle quali la pur ancora autonoma Provincia di Trento può incidere poco, al di là dei festeggiamenti di partito.
Sorprendono invece le affermazioni sulle risorse impiegate per l’accoglienza, oggi “liberate a favore dei trentini”. Sorprendono perché la quota massima di quasi 20 milioni di euro annui spesi per affitti, cibo, formazione di 1850 persone, era a carico dello Stato, e se si conoscessero anche solo le regole base del bilancio della Provincia, si saprebbe che è costituito dalle imposte pagate in Trentino. Quelle risorse erano aggiuntive, a carico dello Stato, e quindi certamente non a carico dei cittadini trentini.
Quello che compete invece alla Provincia, è la gestione organizzativa dell’accoglienza, e la decisione di scardinare il modello dei piccoli gruppi per favorire la concentrazione dei profughi sulla città di Trento appare non solo incoerente con quanto nel corso degli ultimi anni proclamava la destra trentina, ma soprattutto controproducente rispetto all’obiettivo di ridurre tensione sociale e ghettizzazione che porta degrado.
A meno che non sia proprio questo il vero obiettivo politico, quello di alimentare la richiesta di maggiore sicurezza creando degrado dove si possa meglio vederlo. Ma preferiamo credere a pressapochismo che a malafede, perché diversamente sarebbe una politica davvero cinica e pericolosa.