Sono due anni che l’on. Fraccaro si scaglia contro la riforma del credito cooperativo approvata nella scorsa legislatura, paventando scenari apocalittici per il futuro delle nostre Casse Rurali. Nel frattempo però, anche se talvolta dà l’impressione di non essersene accorto, l’on. Fraccaro non è più un esponente dell’opposizione. È diventato ministro. Da quasi un anno.
Giorgio Tonini, 13 aprile 2019
Dunque il suo compito non è più quello di criticare quello che fanno o hanno fatto gli altri. Ma è quello di assumersi la responsabilità di decidere. Nella fattispecie: decidere se vuole tenere la riforma fatta dal centrosinistra, in stretto raccordo col movimento cooperativo e con i vertici di allora della Federazione trentina e delle nostre Casse Rurali, e condivisa dalla Banca d’Italia e dalla Bce, o se invece vuole cambiarla. Se vuole cambiarla, lo faccia. Presenti una proposta in parlamento e se la faccia approvare dalla ampia, anche se assai confusa, maggioranza che sostiene il governo di cui fa parte. Finora, a quanto pare, non c’è riuscito.
Ma l’unica cosa che il ministro Fraccaro non può fare è abbaiare senza mordere. Delegittimare, senza proporre un’alternativa praticabile, l’attuale, riformato, sistema di regole. Un sistema nuovo, che ha salvato il mondo delle banche di credito cooperativo, formando due grandi campioni nazionali, Iccrea e Ccb, rispettivamente il terzo e l’ottavo gruppo bancario italiano, unici due esempi di banche governate in modo democratico, posto che le singole casse cooperative sono azioniste dei due gruppi, che a loro quindi devono rispondere; e ha messo al sicuro l’originale esperienza trentina, che da decenni ha intrapreso una strada diversa dalle Raffeisen altoatesine, ponendosi alla testa di una filiera nazionale e non limitandosi alla dimensione provinciale. Delegittimare tutto questo, senza avere la forza, il coraggio, o le idee per dar vita ad un sistema diverso e più convincente, sarebbe semplicemente irresponsabile.