Il monito è chiaro: «Basta con le correnti di partito». E così la prospettiva: «Si deve avere l’orgoglio di rivendicare una strada nuova, senza fermarsi ai simboli: puntiamo su una forza più larga, che abbracci tutti i soggetti che condividono la stessa direzione». A due mesi dal congresso del Pd — locale e provinciale — l’ex presidente del consiglio Bruno Dorigatti invita il partito a «uscire dalla fase attuale di sfarinamento e apatia» per riorganizzarsi in vista dei prossimi appuntamenti.M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 17 gennaio 2019
Come i passaggi alle urne di maggio con Europee e suppletive (senza perdere le speranze di vedere insieme le forze che vanno dalla sinistra agli autonomisti). Ma in un quadro nazionale che Dorigatti definisce «preoccupante», l’invito va oltre i confini trentini. E punta a iniziative più incisive: «Indignarsi di fronte a questi gruppi che alimentano il razzismo non è più sufficiente. Servono mobilitazioni di massa, campagne culturali».
Partiamo proprio da qui, dal quadro nazionale. Si dice preoccupato.
«Sì, vedo una Paese in difficoltà, dove manca una prospettiva di crescita e dove aumenta la frammentazione e lo sfarinamento della società. Siamo di fronte a una società sempre più rancorosa, dell’uno verso l’altro. Del resto, chi semina vento raccoglie tempesta».
Come reagire?
«Indignarsi non è più sufficiente. Servono iniziative di mobilitazione di massa: assemblee, manifestazioni di piazza, campagne culturali. Va tolta l’acqua ai gruppi che alimentano il razzismo. Negli anni Settanta si reagiva al primo segnale, oggi invece si fanno manifestazioni improvvisate, spesso ci si rifugia nell’apatia. Ma va costruito altro: servono progetti politici e processi di integrazione. L’integrazione è un fenomeno strutturale, non emergenziale. E non si può rispondere, in Europa come in America, con muri e reticolati. Così come non si può usare sempre un linguaggio di propaganda: scardinare le istituzioni vuol dire mettere a rischio la democrazia. I temi sui quai impegnarsi ci sono: la sanità, l’assistenza, il lavoro. La politica deve quindi intervenire».
In che modo?
«All’aumento di diseguaglianza sociale e alla politica della paura si deve opporre una politica dell’uguaglianza, che faccia parti uguali e che costruisca coesione sociale. In questo quadro, anche il lavoro diventa elemento di coesione».
Arriviamo al Trentino. Qual è la situazione?
«Il Trentino ha sempre avuto sei mesi di ritardo nella crescita e nella crisi. Oggi si parla di chiudere i centri di accoglienza, di tagliare i corsi di italiano. Ma così si torna indietro: l’integrazione va potenziata, non ridimensionata. Abbiamo bisogno di una comunità più coesa e questo obiettivo non si raggiunge togliendo i corsi di italiano: complimenti a chi raccoglie i soldi per organizzarli, evitando situazioni di marginalità. Ma va rivendicato il diritto all’integrazione. Onestamente, non posso che esprimere un certo rammarico: vedo anni di lavoro smantellati. Bisogna reagire, bisogna protestare».
In primavera ci saranno, in sequenza: il congresso Pd e le elezioni, europee e suppletive.
«Il futuro dell’Italia e dell’Europa passa attraverso le elezioni di maggio. Non si può non capire l’importanza di questo appuntamento elettorale. Bisogna rilanciare un’Europa forte, del dialogo, dell’appartenenza, contro i muri e i sovranismi. E per questo si devono mettere in campo tutte le forze popolari e riformiste del Paese».
E del congresso del Pd cosa dice?
«Abbiamo preso una batosta. Annunciata: bastava andare davanti a una fabbrica o tra i pensionati per capirlo. Ma la lezione non è ancora stata capita del tutto. Per quanto riguarda il congresso provinciale, io rilancio la mia proposta: abbandoniamo l’idea delle componenti e delle correnti, esercitiamo la nostra autonomia da Roma ed elaboriamo un documento trentino. Sarà da quel documento che verrà eletto un segretario autorevole che ci faccia uscire dalla fase attuale di sfarinamento e apatia: se il segretario sarà frutto di una conta o della mediazione della mediazione, non cambierà nulla. Dobbiamo rivendicare invece con orgoglio una strada nuova: non mi fermerei ai simboli ma avvierei un percorso lungo che da qui a quattro anni porti alla creazione di un nuovo soggetto politico che abbia una reale presa sulla gente. Un soggetto ampio, composto da tutte le forze che guardano nella stessa direzione: io voglio unire. Solo così possiamo pensare di tornare a vincere: bisogna ricostruire il blocco sociale, rafforzare l’autonomia. Dobbiamo tornare a quel Trentino che avevamo costruito: del volontariato, della cooperazione, della solidarietà, punto di riferimento per l’Italia e per l’Europa. Per questo mi rivolgo non solo alla politica, ma anche ai sindacati, alla cooperazione, alle associazioni di categoria».
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