«Le donne vittime di violenza non hanno colore politico». L’Università: «Parità di genere, che errore»

Non nasconde l’amarezza, Barbara Poggio. Prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento, è coordinatrice scientifica del progetto «Educare alla relazione di genere» da qualche settimana nel mirino della giunta Fugatti, che ne ha sospeso l’applicazione.
C. Marsilli, "Corriere del Trentino", 16 gennaio 2019

 

«Credo che questi corsi siano stati sospesi in un’ottica di “cambiamento” perché percepiti come eredità sgradita del governo precedente. Ma le donne vittime di violenza non hanno colore politico». Perché di questo trattano i percorsi educativi nati dalla collaborazione tra Iprase, Commissione provinciale pari opportunità e assessorati provinciali all’istruzione e alle pari opportunità con il coordinamento scientifico dell’Università di Trento: un’educazione al rispetto che nasce da un approfondito percorso di ricerca scientifica.

«I contenuti dei corsi sono stati elaborati da anni di dati, ricerche e studi, concentrati soprattutto su due grandi macro tematiche. Da una parte la disparità di accesso all’istruzione e al lavoro, dall’altra le dinamiche famigliari all’interno delle quali nasce e cresce la violenza fisica sulle donne. I percorsi sono finalizzati a combattere stereotipi culturali che causano per esempio la presenza assolutamente minoritaria di ragazze nei percorsi di studio di materie scientifiche o la concezione delle donne come “oggetto” di proprietà del compagno». I dati confermano la gravità dei fenomeni. Per il 2017 in Trentino sono stati registrati 638 episodi riconducibili a violenze di genere: per la fascia di età tra i 16 e i 64 anni si tratta di una media di quasi cinquanta al mese, 1,6 al giorno. Nell’83% dei casi la vittima conosce l’autore; nel 61% dei casi si tratta di partner o ex partner. Riguardo la disparità di genere nel mercato del lavoro e conciliazione lavoro-famiglia, secondo i dati Eurostat 2014 in Italia meno di una donna su due è occupata (46,1%): un dato peggiore solo a Malta (che registra il 39,3%) e inferiore di oltre 12 punti percentuali rispetto alla media europea (58,2%).

Il progetto trentino ha una lunga storia: le prime sperimentazioni risalgono al 2011 e i corsi sono poi stati messi a regime a partire dal 2015. Nel 2019 era previsto che il progetto venisse rivolto a 24 istituzioni scolastiche per un totale di 83 percorsi. «Da Aristotele a Rousseau, arrivando fino alla moderna pubblicità e ai nuovi media come internet. La nostra intera cultura racconta di come la donna sia in qualche modo inferiore all’uomo. Da questo, e non da “raptus”, derivano gravi atti quali discriminazione, femminicidi e violenze. L’educazione culturale è l’unico strumento preventivo per cambiare questa mentalità e fermare il fenomeno» chiarisce la professoressa Poggio, che conclude: «Al momento non siamo ancora stati interpellati, né noi che curiamo il coordinamento scientifico né i formatori responsabili dei corsi».

Intanto proseguono le manifestazioni di protesta contro la decisione di sospensione. La segretaria generale di Flc Cgil del Trentino Cinzia Mazzacca ha chiesto al presidente Fugatti e all’assessore Segnana chiarezza e rapidità sui tempi delle verifiche annunciate per effettuare approfondimenti su «corsi i cui contenuti sono chiari, già programmati e per i quali erano già state stanziate le risorse». Nel frattempo, la raccolta firme online per la riattivazione dei percorsi, che lunedì contava 3000 sottoscrizioni, ieri sera aveva già superato le 4800. Un numero in costante crescita.