La risposta è stata immediata: in 24 ore, le adesioni virtuali hanno raggiunto e superato quota tremila. Senza fermarsi. Il tema, del resto, è delicato. E sentito: la sospensione dei percorsi di educazione alla relazione di genere nelle scuole trentine, sancita a dicembre dalla giunta provinciale. Uno stop contro il quale, nei giorni scorsi, aveva preso posizione anche la commissione provinciale per le pari opportunità.M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 15 gennaio 2019
Ora a chiedere un passo indietro all’esecutivo è una petizione lanciata domenica sera sulla piattaforma Change.org. Che — grazie anche al passaparola diffuso attraverso i social — ha mobilitato il popolo del web. A promuoverla, Maria Giovanna Franch, che lavora al consiglio nazionale delle ricerche. «Questi percorsi — si legge nella petizione, rivolta al governatore Maurizio Fugatti, ma anche agli assessori Stefania Segnana e Mirko Bisesti — sono il frutto di un progetto nato da una partnership istituzionale tra diversi enti e dal 2007 vengono messi a disposizione delle scuole, costituendo un’eccellenza riconosciuta a livello nazionale ed europeo nella sensibilizzazione di ragazzi e ragazze, insegnanti e genitori su temi quali la violenza contro le donne, la disparità di genere nel mercato del lavoro e la conciliazione lavoro-famiglia, gli stereotipi che influenzano le scelte formative e lavorative dei giovani e presenti nelle immagini veicolate dai mass media, soprattutto televisione e pubblicità».
La presa di posizione è ferma: «Come genitori e cittadini/e che desiderano una società più giusta per sé e per i propri figli crediamo che la scuola abbia un ruolo cruciale nella promozione della cultura dell’uguaglianza e della parità di diritti e dignità per uomini e donne, e che sia obbligo della politica, nel rispetto della Costituzione, sostenere tutte le azioni tese al raggiungimento di tale scopo». Le richieste sono due: «Chiediamo che la politica si adoperi per non alimentare inutili e ambigue strumentalizzazioni ideologiche, rispettando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative, e ancora prima la stessa Costituzione. E chiediamo, con forza, che i percorsi di educazione alla relazione di genere fin qui intrapresi vengano immediatamente riattivati».
Tantissimi i messaggi di sostegno alla petizione. Politici, docenti, ma anche tanta gente comune. «La scuola deve creare inclusione e insegnare il rispetto» scrive qualcuno. «Non possiamo tornare al Medioevo» è il messaggio lasciato da altri. «Educare fin da piccoli a non discriminare né per genere né per altri motivi credo sia un presupposto per avere un giorno adulti migliori» si legge ancora sotto il testo della petizione. Quindi il sostegno di una insegnante: «Più di vent’anni fa ho fatto un percorso sull’identità di genere partendo dal libro “Extraterrestre alla pari” della Pitzorno favorendo una consapevolezza nei bambini e bambine di una terza elementare sulla diversità e migliorando le loro relazioni. Trovo incredibile che si impedisca alla scuola, comunità educante, di affrontare questi temi salvo poi stupirsi sul numero di femminicidi e violenza sulle donne».
Commenti ai quale risponde l’assessora Segnana. «In questo momento stiamo facendo le nostre valutazione rispetto a questi percorsi», spiega la responsabile delle politiche sociali. Che non si scompone di fronte al successo ottenuto dalla petizione online: «In realtà — sottolinea Segnana — noi abbiamo altri riscontri. Abbiamo ricevuto tantissime comunicazioni e tantissimi messaggi che sostengono la nostra decisione, che ci invitano a tenere questa linea e che ci esortano a verificare realmente il contenuto di questi percorsi». Nessun passo indietro, quindi, da parte della giunta provinciale. Almeno per ora: «Valuteremo bene di cosa si tratta. Senza nessuna preclusione: se lo riterremo opportuno, poi li riattiveremo».
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