TRENTO. Quattro incontri sui territori e la conclusione del mini-tour a Trento, con gli iscritti ma anche con qualche alleato o possibile interlocutore. In platea anche il sindaco Alessandro Andreatta, anche il "mitico" Lorenzo Dellai (così l'ha definito presentandolo Giorgio Tonini), l'ex senatore Vittorio Fravezzi in rappresentanza dell'Upt e Paolo Ghezzi di Futura.
Donatello Baldo, "Il Dolomiti", 13 gennaio 2018
Si è notata l'assenza del Patt. "Abbiamo invitato Rossi e Panizza ma hanno preferito non venire - osserva comprensivo Tonini - perché gli autonomisti attraversano un momento di riflessione, non dobbiamo forzare. Sono attratti dalle posizione block-frei ma sono anche in maniera netta all'opposizione e questo è un dato per nulla scontato".
La riunione che si è svolta al Centro Santa Chiara è forse il primo tentativo di ripartenza per il Partito democratico, dopo l'annus horribilis della doppia sconfitta alle nazionali e alle provinciali.
"Abbiamo preso una botta tale che rimanere a terra tramortiti è una cosa che ci sta - osserva il capogruppo pd in Consiglio provinciale - ma l'importante è rialzarsi e reagire. Quello che abbiamo fatto in queste settimane è proprio il segnale di ripresa per avviare al meglio la stagione congressuale".
Perché c'è il congresso, anche se il dibattito è in sordina, e a breve si decide sul futuro della dirigenza sia nazionale che locale. "Ora i circoli discuteranno sulle mozioni e dal 25 gennaio ci saranno anche le candidature dei segretari provinciali". Le prossime settimane saranno intense per i democratici, chiamati a immaginare il loro futuro, sia a Trento che a Roma.
Il consiglio di Tonini è saper tenere insieme unità e pluralismo. Un consiglio arrivato dopo lo sfogo di Italo Gilmozzi che ha chiesto un congresso 'risolutivo', quasi un duello tra le posizioni: "Ci sia un confronto ma poi chi non si adegua se ne vada", perché il rischio a detta sua è che si continui con un partito in cui "ognuno la pensa a modo suo".
Quello di Gilmozzi è stato uno sfogo. "Dobbiamo chiedere scusa agli elettori perché siamo stati noi a combinare tutto questo. Abbiamo fatto perdere credibilità al Partito democratico trentino, non siamo riusciti a dare visioni diverse, a differenza del centrodestra che infatti ha vinto".
E l'ex segretario se l'è presa anche con la supponenza del Pd: "Dobbiamo smetterla di dire che noi siamo quelli intelligenti e gli altri sono tutti ebeti. Basta guardare tutti dall'alto in basso. Io lo dicevo: se vado a un dibattito con Moranduzzo che tutti considerano politicamente un minus habens, vince lui, la gente vota lui. Dobbiamo capire il perché, il perché siamo arrivati a questo".
Tra gli interventi anche quello del sindaco Andreatta. La sua lettura della situazione è puntuale: "Siamo passati dalla cultura del berlusconismo a quella del leghismo. La cultura della paura, l'immagine e la semplificazione al posto della sostanza e della riflessione. Oggi - ha sottolineato il sindaco - le competenze sembrano non servire, sono messe ai margini".
Per il primo cittadino serve un Pd "che non basti a se stesso", toccando il punto delle alleanze e della costruzione dell'alternativa. Questione solo abbozzata, non sviscerata (forse si farà al congresso). Questione però urgente perché il sindaco sa bene e lo lascia intendere: ci sono sfide elettorali nel breve e medio termine, le suppletive e le comunali del 2020.
Il tema della sicurezza non poteva essere ignorato, non dal sindaco Andreatta che su questo è continuamente tirato per la giacca. "Di sicurezza abbiamo cominciato a parlarne nel 2008. In quel tempo sembrava che l'illuminazione risolvesse tutto, e illuminammo le zone più buie. Poi sembrava che la soluzione fossero le telecamere e ne mettemmo tante. Poi si diceva che gli spazi devono diventare luoghi, e ci fu l'intervento sull'arredo urbano".
Un racconto quasi divertente della storia della sicurezza a Trento, che è proseguito con la descrizione delle altre 'richieste' risolutive: "Poi si scopre che il cittadino si tranquillizza se vede uomini in divisa, e questo è vero. Allora aumenti degli agenti, ma poi ci vuole anche il presidio fisso, poi la cittadinanza attiva con i cittadini che partecipano al controllo del territorio".
E poi arriva la proposta di Fugatti: "Mette 50 mila euro per un solo anno per mettere guardie giurate davanti a delle chiese, meglio se una sola, meglio se quella di Santa Maria. Solo per una anno, solo con 50 mila euro e con l'obbligo di non fare progetti strutturali. Ora - dice Andreatta - se dico no a 50 mila euro dicono che non voglio investire sulla sicurezza. Vedremo come fare".