Uno degli ambiti della sanità che ha avuto più rilevanza mediatica negli ultimi anni è stato quello della riabilitazione. L’offerta trentina in questo settore è tra le più complete in Italia, tanto che i posti letto rapportati alla popolazione sono circa il doppio rispetto a quanto previsto dagli standard nazionali. Storicamente si sono sviluppati due poli importanti: l’ospedale pubblico Villa Rosa a Pergine, in particolare per l’alta intensità, e le strutture private di Arco per la riabilitazione intensiva.Luca Zeni, "Trentino", 7 dicembre 2018
Il ruolo della Provincia è fornire ai cittadini trentini il miglior servizio facendo funzionare al meglio la rete provinciale della riabilitazione, con una regia pubblica che si avvale della professionalità dei privati. E lo si deve fare mantenendo equilibrio e serietà di fronte alle richieste particolari. Per questo si è messo al centro il confronto con AIOP, l’associazione che unisce tutti i soggetti privati, per evitare di lasciare il rapporto soltanto alla “contrattazione” con le singole strutture; si è così condiviso un accordo triennale che permetta di programmare con qualità i servizi.
Nella fase post elettorale è ricomparsa la richiesta di maggiori risorse pubbliche da parte di Eremo (ci sono profitti milionari in gioco, non azioni simboliche), in particolare chiede il riconoscimento del codice 75, quello per l’alta intensità di cura che ha solo Villa Rosa e che sempre la Provincia e l’Azienda sanitaria hanno negato alle strutture private, perché significherebbe mettere in ginocchio Villa Rosa e rischiare un abbassamento della qualità delle cure; parliamo infatti di pochi posti letto che necessitano di una altissima specializzazione.
Mantenendo fede agli “avvertimenti” lanciati in più occasioni, Eremo è entrato nella campagna elettorale provinciale alzando il livello di scontro con la Provincia, usando un ricorso al Tar (sia contro le scelte della Provincia che contro le altre strutture private) come arma di pressione politica. E seguendo questa strategia, ora chiede alla nuova giunta di avere più risorse, in cambio del ritiro di un ricorso palesemente strumentale e infondato.
Su questa questione si potrà subito pesare la spina dorsale del nuovo assessore alla salute. Perché piegarsi alle pressioni di Eremo significherebbe far venir meno il principio del potere programmatorio in capo all’ente pubblico, e cedere ad un vero e proprio ricatto: si lasci che sia il giudice a valutare, prima di piegarsi. E se questo rigore non ci dovesse essere, che almeno si “inventi” qualche voce che possa essere utile al sistema, senza assecondare richieste che lo scardinerebbero.
Le scelte programmatorie contestate da Eremo riguardano infatti l’impianto stesso della Rete della Riabilitazione, che comprende strutture pubbliche (Villa Rosa e Rovereto), strutture private accreditate (come le case di cura arcensi), le case di riposo e le nuove strutture sanitarie intermedie, che si inseriscono cioè tra la fase di dimissione ospedaliera e quella di rientro presso il domicilio.
Con questa visione è stato confermato il mandato all’Ospedale Villa Rosa quale polo di riferimento provinciale per la riabilitazione. È chiaro che soltanto la Provincia e l’Azienda sanitaria con le sue articolazioni possono governare un sistema a cui partecipano più fornitori privati, che come soggetti profit mirano ad ottenere sempre maggiori risorse.
In particolare Villa Rosa è il centro provinciale per gli interventi ad alta complessità e deve garantire la riabilitazione intensiva ad alta specializzazione per mielolesioni e gravi cerebrolesioni, oltre alla riabilitazione intensiva cardiologica, motoria e neuromotoria. E siamo in attesa che la nuova giunta porti avanti il progetto sulle patologie neuromuscolari e neurodegenerative come Sla e Sma. La richiesta di Eremo di “avere una fetta” dei posti di alta complessità (molto remunerativi ma anche estremamente delicati), significherebbe far saltare il sistema.
Rivendicare con fermezza la necessità di un saldo controllo pubblico del sistema, non è in contraddizione con il riconoscere il ruolo essenziale di affiancamento e sussidiarietà delle strutture sanitarie private accreditate del settore riabilitativo.
Basti pensare che in ambito riabilitativo le giornate convenzionate con strutture private sono 55.000 (29.000 con la sola Casa di Cura Eremo), mentre sono circa 22.000 quelle erogate presso le strutture pubbliche (di cui 16.000 a Villa Rosa).
In questa prospettiva dev’essere chiaro che il budget delle case di cura private per il prossimo triennio è stato confermato e non certo tagliato come qualcuno ha sostenuto.
Non solo, le realtà private sono state ulteriormente responsabilizzate attraverso l’obiettivo del recupero di pazienti trentini che svolgono riabilitazione ospedaliera fuori provincia, per questo sono stati assegnati alle private di Arco ulteriori 1,5 milioni l’anno. Certo, qui entra in gioco la capacità imprenditoriale e l’attrattività delle singole strutture, ma l’obiettivo posto ha già consentito un incremento di attività per Villa Regina e per San Pancrazio, entrambe strutture con sede ad Arco.
Questo dibattito ci consente anche una riflessione politica più ampia sul ruolo della politica a tutti i livelli. Stiamo attraversando un’epoca di profondi cambiamenti e tutta la comunità trentina è chiamata ad interrogarsi sul percorso da intraprendere; solo se sapremo ragionare come “sistema trentino” potremo rilanciarci nei diversi settori.
Ma l’interesse della comunità di riferimento sarebbe davvero realizzato da una politica che si facesse portavoce delle istanze di una singola struttura privata, esercitando pressioni che potrebbero rischiare anche di superare il confine del lecito, in un settore molto delicato, nel quale la programmazione deve basarsi sulla valutazione dei bisogni?
Sono convinto che oggi difendere pregiudizialmente uno stato delle cose, non cogliendo prospettive più ampie e limitandosi solo a piccoli interessi singoli o di parte, non rappresenti per il Trentino nel suo complesso una rassicurazione sul futuro.
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