Il clima non è quello da resa dei conti ma poco ci manca. Dopo le dimissioni del segretario Giuliano Muzio, l’assemblea del Pd trentino convocata per domani sera dovrà riportare in carreggiata un partito che appare in debito d’ossigeno: senza segretario, senza presidente (Donata Borgonovo Re si è dimessa) e reduce da una sonora sconfitta alle elezioni provinciali.
A. Dongilli, "Corriere del Trentino", 2 dicembre 2018
Sullo sfondo lo spettro di nuove defezioni: a livello nazionale Matteo Renzi starebbe lavorando a un nuovo partito, mentre a livello locale una fetta di democratici si starebbe organizzando per costituire delle liste civiche di sinistra in vista delle prossime elezioni comunali.
Insomma, il tempo per leccarsi le ferite è scaduto da un po’. A dare la sveglia è Roberto Pinter, membro del collegio dei Garanti del partito: «La situazione è talmente grave che meriterebbe una reazione forte: mi aspettavo che il gruppo consiliare fosse più presente e incalzante sulle questioni che riguardano questa terra e mi piacerebbe che il partito regionale non rincorresse quello nazionale ma che avviasse una discussione interna su ciò che non siamo stati e che potremmo essere; questo non si fa sventolando le bandierine delle primarie». Per Pinter la strada è quella di nominare un reggente o degli organi transitori che traghetti il partito fuori dal pantano attuale. Una visione condivisa anche da Alessio Manica: «Capisco i rischi di lasciare il partito senza una guida autorevole per troppo tempo, ma dal mio punto di vista sono maggiori i rischi di uno schiacciamento dei tempi di riflessione che ci imporrebbe un congresso al 3 marzo». Secondo il consigliere provinciale dem «è però necessario andare oltre il Pd e per fare questo gli attori dei prossimi passaggi non possono essere gli stessi degli ultimi difficili anni. Le amministrative del 2020 saranno il nostro vero banco di prova. Ripartiamo costruendo progetti politici larghi nel campo del centrosinistra. Progetti tarati sulle singole municipalità ma legati da una scheletro valoriale e programmatico di base unico. Non può essere però il Pd attuale. Il congresso serva per lanciare un nuovo progetto, quindi è logico che non possa essere sovrapposto al congresso nazionale».
Ma non è solo il congresso a creare noie ai democratici: da molte parti si lamenta un’abdicazione del partito nel dibattito pubblico su temi come sicurezza, immigrazione, lavoro su cui si sentono quasi solo le voci della maggioranza leghista e grillina. «Per quanto ci riguarda — ragiona Manica — l’afasia attuale è solo momentanea, legata alla fase di ripensamento che ci ha visti catapultati sui banchi dell’opposizione». Insomma, «nessun rischio di implosione del partito». Lo garantisce anche il collega in consiglio Giorgio Tonini: «Ci è passato sopra un treno, ovvio, siamo un po’ ammaccati, ma non dobbiamo farci prendere dal panico. Renzi che fa un suo soggetto politico? Personalmente lo sconsiglierei, la lezione di D’Alema e Bersani dovrebbe essere sufficiente. Il gruppo consiliare c’è, abbiamo già fatto sentire la nostra voce».
Diversa però la posizione di Tonini sul congresso: «Non c’è bisogno di reggenti: c’è una presidente facente funzioni che sarà affiancata da una commissione». Il regolamento del congresso nazionale parla infatti chiaro: entro martedì il Pd locale deve nominare una commissione regionale per il Congresso. Va da sé, secondo Tonini, che le due date non possano che coincidere. E pare, secondo voci di corridoio, essere questa la posizione che prevarrà domani.
Si aprirebbe dunque anche in Trentino la partita per la segreteria; un ruolo che sempre secondo indiscrezioni punterebbe a ricoprire il consigliere Alessandro Olivi. E che abbia chance di farcela lo dimostra anche un documento che sta girando in questi giorni: un gruppo di giovani dell’assemblea del Pd avrebbe indicato nei cinque consiglieri di opposizione le figure valide a prendere in mano le sorti del partito. Che dal «vecchio» possa nascere del «nuovo?» «I partiti — conclude Tonini — attraversano fasi di alti e bassi: qualche anno fa la Lega era data per morta. Bisogna ricostruire una classe dirigente facendo emergere nuove leadership». Sta di fatto che, per ora, un Salvini in casacca rossa e verde ancora non si vede .