Il dissenso delle scuole

«Il da Vinci è laico». Con questa scritta, che campeggia su uno striscione all’ingresso della scuola gli studenti del liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Trento rispondono al presidente della Provincia, Maurizio Fugatti.
V. Iorio, "Corriere del Trentino", 1 dicembre 2018

 

A scatenare la protesta è l’invito che il governatore ha rivolto alle scuole. «Non possiamo non fare presente ai responsabili delle scuole trentine che il Natale dovrebbe essere ricordato con l’allestimento dei presepi, simbolo della nostra millenaria storia cristiana, e che nelle classi scolastiche, come in tutti gli uffici pubblici, non dovrebbe mancare il crocifisso», aveva detto durante la sua relazione programmatica.

Il tema è, da sempre, molto caro alla Lega e, prima di Fugatti, già altri rappresentanti del Carroccio avevano lanciato proposte analoghe. Il sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci, nel 2014, all’indomani della sua elezione a sindaco di Padova, aveva annunciato: «Ora in tutti gli edifici e scuole un bel crocifisso obbligatorio regalato dal Comune. E guai a chi lo tocca». Lo scorso 26 marzo, poi, alcuni parlamentari avevano depositato alla Camera un disegno di legge per introdurre l’obbligo «di esporre in luogo elevato e ben visibile l’immagine del crocifisso» in tutti gli uffici pubblici italiani. Dalle carceri ai porti. Nel testo si proponevano anche delle sanzioni pecuniarie, da 500 a 1000 euro, per coloro che non volessero rispettare l’obbligo. L’iniziativa aveva scatenato un acceso dibattito sui social tra favorevoli e contrari. Dinamica che si sta ripetendo dopo le parole di Fugatti.

Questa volta i primi a mobilitarsi sono stati i ragazzi, come loro stessi tengono a sottolineare. «La nostra è una scuola libera — dice Francesca — e crediamo che sia importante, anche sotto questo aspetto, rispettare la volontà di chi la frequenta e non imporre il crocifisso o il presepe. Sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti di chi non crede».

E poi, come ricordano alcuni suoi compagni, nelle classi ci sono tanti ragazzi di altre culture. Per questo i rappresentanti del collettivo studentesco hanno deciso di esprimere il loro dissenso attraverso uno striscione. «Dopo la dichiarazione del presidente della Provincia abbiamo deciso di far sentire la nostra voce per dire che vogliamo una scuola laica, che non prenda posizioni per quel che riguarda la sfera religiosa. Abbiamo chiesto a studenti e docenti di dare la loro adesione firmando il cartellone. — spiega Eva Andrea — C’è stata una grande partecipazione da parte di tutti. Anche alcuni insegnanti di religione hanno voluto manifestarci il loro sostegno».

La speranza dei ragazzi è che il messaggio possa essere condiviso anche da altre scuole. «Vorremmo sviluppare una maggior collaborazione tra studenti. In caso di necessità vedremo di mobilitarci ulteriormente», aggiunge Elena, non escludendo di poter organizzare una manifestazione.

«L’Italia non è uno Stato confessionale — ribadisce una sua compagna — e oltre a quella cristiana ci sono tante altre religioni. Per rispettarle tutte è meglio non esporre alcun simbolo nei luoghi pubblici». Tesi condivisa anche dalla dirigente scolastica, Valentina Zanolla, che ricorda: «Il nostro liceo si propone di essere un luogo che educa alla libertà e all’accoglienza. Uno spazio aperto a tutti. In nome di questo riteniamo che non sia opportuno che la scuola promuova i valori di una sola cultura, ma che si debbano favorire la conoscenza e il rispetto reciproco».

Alcuni ragazzi, più polemicamente, fanno notare che quelli di cui si discute sono simboli e rituali ormai superati. «Il presepe non lo faccio nemmeno a casa, non vedo perché dovremmo farlo a scuola — dice Marco — E poi è più una cosa che va bene per i bambini delle elementari. Loro fanno la festa di Natale, i canti e tutte quelle cose. Da noi non ha senso».

Una ragazza invece invita ad evitare eccessi e strumentalizzazioni: «Credo che non sia giusto né togliere il crocifisso dove c’è già, perché mi sembrerebbe una mancanza di rispetto, ma nemmeno volerlo mettere a tutti i costi per riaffermare un’identità».

La questione continua a far discutere tra i corridoi e nelle aule. Al punto che qualche docente ha ritenuto giusto affrontare l’argomento a lezione, come è successo al liceo classico “Giovanni Prati”. «Ne abbiamo parlato proprio questa mattina — dice una studentessa dell’ultimo anno all’uscita — Abbiamo discusso del fatto che chiedere di esporre il crocifisso è un po’ come imporlo. Non è una decisione presa da chi vive la scuola, come gli studenti o gli insegnanti, ma che viene calata dall’alto. E questo porta anche a una svalutazione del simbolo stesso che non è più veramente sentito come un qualcosa di importante, ma come una cosa che qualcun altro ha deciso di mettere nella tua classe».

Di diverso avviso gli studenti del Collegio arcivescovile, che si dicono per lo più favorevoli. «Nella nostra scuola il crocifisso è presente in tutte le aule, ma nessuno dei nostri compagni l’ha mai vissuto come un problema», dicono alcuni. «Tra i nostri studenti ci sono anche non credenti o appartenenti ad altre fedi, ma i simboli di per sé non escludono, anzi. — precisa un’insegnante— Basta pensare al presepe. Da noi, ad esempio, i ragazzi portano statuine diverse a seconda della loro cultura. La natività è un simbolo di accoglienza, davanti alla grotta c’è spazio per tutti. Quindi, se mai, è una fonte di arricchimento, non di emarginazione. Tuttavia dobbiamo considerare il fatto che l’Italia è sempre più un Paese laico, in cui alcune persone possono sentirsi offese o infastidite dall’esposizione di alcuni simboli. Per me il problema non esiste e, in linea di massima, condivido la proposta del presidente della provincia, ma non la pensiamo tutti allo stesso modo».

Proprio la diversità di vedute e di sensibilità è il punto su cui si concentrano la maggior parte delle riflessioni. «La nostra è una scuola cattolica è giusto e normale che ci sia il crocifisso, ma non so se per le scuole pubbliche possa valere lo stesso discorso», azzarda una ragazza.

Il timore di molti è che l’integrazione tra culture, il confronto con l’altro — che dai racconti degli studenti sembra essere non tanto un valore, quanto un’abitudine quotidiana — possano essere messi in crisi dall’esposizioni, in luoghi non deputati al culto, di simboli cristiani come il crocefisso o il presepe. Per altri invece quella nata in questi giorni è solo una sterile polemica, che distoglie da questioni più serie. «Mi sembra un’idea assurda. Non vedo perché parlarne così tanto — dice uno studente del classico — nelle scuole ci sono problemi più urgenti da risolvere».