Crocifisso in aula, il «gelo» dei presidi

«Se ci chiederanno di mettere (o rimettere, o mantenere) il crocifisso nelle aule lo faremo, ma francamente non si sentiva la necessità di questa presa di posizione». Rispondono così i presidi trentini all'appello del presidente Maurizio Fugatti che - citando Enrico Pruner e i suoi "cittadini italiani di nazionalità trentina" - ha "fatto presente" (queste le sue parole) ai responsabili delle scuole trentine che il Natale dovrebbe essere ricordato nelle scuole con i presepi e che nelle classi (ma anche negli uffici pubblici) non dovrebbe mancare il crocifisso".
A. Selva, "Trentino", 29 novembre 2018

 

I presidi prendono atto, ma con una certa freddezza, almeno a giudicare dalle parole del presidente trentino dei dirigenti scolastici Paolo Pendenza, preside del Degasperi di Borgo (che comprende licei e istituti tecnici) che comincia così: «Partiamo dall'idea che la scuola è un'istituzione formativa laica. Quindi non sentivamo la necessità di questo appello. Detto questo, chiariamo che se la giunta provinciale ritiene che ci debbano essere crocifissi ci saranno, ma la questione mi pare francamente secondaria: crocifisso o meno nelle aule, la scuola continuerebbe esattamente nello stesso modo, con un lavoro educativo che viene portato avanti per 8 o 13 anni e che prevede, all'interno dei programmi, in particolare quelli di letteratura, opere come la Divina Commedia, i Promessi Sposi e altre opere di grande valore intrise di pensiero cristiano e cattolico. Ed è giusto così visto che si tratta della nostra tradizione e della nostra storia che comunque vanno oltre il simbolo del crocifisso».

Ma il professor Pendenza mette in evidenza anche un altro aspetto: «Capisco che il crocifisso (e il presepe) siano una questione di identità, ma ricordiamoci anche che la nostra identità non si può ricondurre unicamente al cristianesimo, ma ha altre fonti comunque autorevoli mi viene in mente l'Illuminismo, ma anche il Rinascimento, italiano in particolare: anche di questo siamo "figli" e allora se vogliamo parlare di identità lo dobbiamo fare in modo più complesso». Anche la dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo Trento 6, Paola Pasqualin, ha ricordato la laicità della scuola e la necessità - se la giunta provinciale lo ritiene davvero - di intervenire con una disposizione ben precisa (che forse Bisesti annuncerà oggi ai presidi) e non un generico invito.

E poi ha aggiunto: «La realtà è che nella grande maggioranza delle nostre scuole, penso alla scuola primaria, il presepio già si fa, mentre per il crocifisso c'è già il regio decreto del 1928. Ma mi chiedo: se vogliamo davvero parlare di questi temi nelle scuole, perché non affrontiamo il tema dell'ora di religione?».Da parte del presidente della Consulta provinciale studentesca - Giacomo Pangrazzi, studente del liceo Prati - è arrivata una presa di posizione prudente: «È un tema molto sensibile, che non meriterebbe imposizioni, chiarito questo la mia idea è che il crocifisso faccia parte della nostra identità culturale. Al liceo Prati abbiamo un crocifisso negli spazi comuni, toglierlo sarebbe sbagliato.

Paradossalmente un intervento del genere ci dovrebbe portare a cancellare interi capitoli della storia dell'arte e della letteratura».Sul tema è intervenuto anche l'Imam di Trento, Aboulkheir Breigheche, che ha voluto sottolineare il condizionale ("dovrebbe") usato da Fugatti: «Spero che sia un'apertura al dialogo, partendo dal fatto che la scuola italiana è laica e non religiosa. Quanto al crocifisso voglio ricordare che nella nostra religione c'è grande rispetto e ammirazione per Gesù e questo simbolo per noi non rappresenta un problema, ma se vogliamo vivere in una società democratica, aperta e laica queste decisioni dovrebbero partire dal dialogo»