Si è dimessa dall'Assemblea del Pd, dopo aver rinunciato a ricandidarsi alle elezioni. Durante la campagna elettorale ha dato indicazione di voto per Sara Ferrari e per i più giovani, quelli che ha sostenuto apertamente durante il dibattito interno al partito, la parte che chiedeva il ricambio e che infine ha imposto il no alla riconferma di Ugo Rossi alla presidenza.
D. Baldo, "Il Dolomiti", 7 novembre 2018
Donata Borgonovo Re lascia la politica definitivamente, per lo meno dalla posizione di vertice. Ieri l'attacco su Facebook del segretario generale della Cisl Lorenzo Pomini: "Se ne va dopo aver rotto il giocattolo", riferendosi al Pd, il partito che forse più di tutti ha perso le elezioni.
Cosa dice delle argomentazioni di Pomini?
Se lui è contento di leggere così la vicenda, il problema suo. Non mi sono mai occupata di quello che scrivono sui social e non mi sembra opportuno che debba occuparmene adesso. Solo una cosa, mi sgomenta davvero vedere come vengono stravolti gli avvenimenti. Me ne farò una ragione.
Lui dice che se n'è andata al momento giusto, dopo che il partito è affondato.
Non mi interessa rispondere a Pomini. Secondo lui ho fatto di tutto per distruggere, per ammazzare, con la pistola fumante ancora in pugno. In realtà la decisione delle dimissioni era già presa, ancora all'indomani delle elezioni nazionali. In quell'occasione fu il segretario a dimettersi, pregando tutti gli altri di rimanere per non azzerare i vertici e obbligare il Pd al congresso.
Avrebbe voluto dimettersi allora?
Era arrivato un segnale molto forte dal risultato del voto, era necessario un cambiamento. Io sarei stata felice di poter chiudere e passare la mano ad altri, a qualcuno con visione, con energia, con la voglia di guidare una comunità politica.
Ma il congresso non lo voleva nessuno, l'urgenza era quella delle elezioni provinciali che non potevano essere gestite in fase congressuale, giusto?
Certo, e quindi si dimise solo il segretario. E si entrò nel drammatico loop del dibattito continuità/innovazione che ha caratterizzato la scorsa estate nelle discussione sulla definizione della coalizione e della candidatura alla presidenza.
Un dibattito che ha messo in evidenza qualche 'lotta intestina' non da poco.
Non so cosa possano pensare quelli che vedono il Pd da fuori ma dobbiamo ammettere che abbiamo qualche difficoltà a lavorare assieme. Non c'è una dimensione collegiale ma singoli che si confrontano l'uno contro l'altro armati.
Ora si è però deciso di andare a congresso. Teme anche lei che possa essere vinto dallo stesso gruppo dirigente che ha portato fin qui il partito?
C'è una massima evangelica che calza a pennello: non puoi mettere vino nuovo in otri vecchi. Non possono essere le persone che hanno già vissuto una stagione di contrapposizioni personali e di poca chiarezza, di mancanza di coesione, non possono essere loro nuovamente al vertice. Se sarà così si riproporranno le stesse identiche contraddizioni.
Lo ha detto anche Alessio Manica: non possiamo essere noi la guida, noi che siamo parte del problema. E' d'accordo?
Condivido in pieno la posizione di Alessio Manica. La condivido talmente tanto che, per la gioia di Pomini, mi sono tolta di mezzo, considerandomi io stessa parte del problema.
Per essere sinceri, le parole di Pomini sono state apprezzate anche da Bruno Dorigatti, anche da Lucia Maestri che sul post hanno messo like.
Credo che la reazione di apprezzamento all'intervento di Pomini non sia legata a quanto scrive ma a quello che ciascuno ha vissuto con me. Ma davvero, non voglio commentare questa uscita e le posizioni dei singoli.
Va bene, ma rimane il fatto che nel partito in molti l'hanno presa come bersaglio.
Io ho cercato di dimostrare che non ho usato il Pd come un taxi per farmi eleggere. Ci sono stata dentro, anche se con disagio, cercando di dare il mio contributo. Volevo che il Pd avesse certezza che io ero lì per condividere un progetto collettivo. Ma ho la sensazione che della mia fedeltà, della mia serietà, in pochi si siano accorti. Molti di più mi hanno vissuta come corpo estraneo. Presenza ingombrante e fastidiosa.
L'hanno accusata anche di aver parteggiato per i giovani che in assemblea volevano il cambiamento. Per alcuni la presidente del partito sarebbe dovuta rimanere super-partes.
La presidente dell'assemblea deve garantire il lavoro dell'assemblea, il clima che consenta a tutti i componenti di intervenire serenamente. Questo è il lavoro di garante di quell'organo collegiale, e credo di averlo svolto correttamente. Se poi si dice che il/la presidente diventa asessuato, non prende parte al dibattito, allora chiariamolo prima.
Sui giovani? Perché si è sentita di condividere la loro posizione?
Se ascolti questi giovani in assemblea capisci che lì c'è passione, visione, libertà e anche leggerezza, non il peso di una storia che porta con sé tanti elementi negativi. A loro devono essere consegnate le chiavi del partito e noi dobbiamo essere a disposizione per la formazione, per il travaso di esperienze.
Mi sembra di capire che vede in loro il futuro del Pd, anche in vista del congresso. E' corretto?
Io vorrei che ci fosse una nova solidarietà intergenerazionale. Nessuna rottamazione ma ruoli diversi. Poi lo dico, così Pomini è contento: anche per colpa mia, parte del gruppo dirigente che ha guidato fin qui il partito, il Pd è arrivato al suo minimo storico. Abbiamo dimostrando grande incapacità, dobbiamo ammetterlo. Ora, non è possibile uscire da questa situazione attraverso coloro che hanno vissuto da posizioni di vertice questo periodo travagliato. Il fallimento è nostro. Noi abbiamo provato a fare quello che credevamo meglio, ora passiamo il testimone a voi, con tutto il supporto. Il ricambio è davvero necessario.
Il ruolo dei consiglieri provinciali? Di solito si concentra lì il vertice.
I consiglieri provinciali facciano opposizione. Diventino le orecchie del territorio, recuperino relazioni con le valli, viaggino per il Trentino. Che facciano quel lavoro lì, che siano riferimento per i circoli, per il partito, ma le redini devono andare in mani fresche.
Non si mette il vino nuovo in otri vecchi. Significa anche che queste nuove forze devono costruire un contenitore diverso, anche a livello di organizzazione?
Io credo che il percorso congressuale abbia tra gli obiettivi anche quello di capire se questo partito così com'è sia capace di fare le cose che ci siamo detti necessarie: andare sui territori, relazionarsi con i circoli, stringere i legami con le comunità, sostenere i nostri amministratori, coinvolgere i cittadini. Questi temi li abbiamo dibattuti fino allo sfinimento senza però passare ai fatti. Attenzione però: l'organizzazione viene dopo le persone. Non è l'organizzazione che piega le persone a una volontà esterna ma sono prima di tutto le persone che danno vita all'organizzazione
Professoressa, ora cosa farà senza la politica?
Mille altre cose. Devo preparare due corsi nel secondo semestre, uno adesso per un master in formazione interculturale alla Cattolica. E devo studiare, studiare e studiare. E devo ricominciare a pensare, perché ho un po' disimparato.
Addirittura? Fa così male la politica?
No, non la politica. Fanno male i rapporti personali storti, quelli che rovinano il nostro essere umani