«Almeno l'orso le mucche le uccide con una zampata, il lupo le insegue e le mangia vive». Giorgio Tonini è accolto così quando scende dalla macchina ad Arnago, frazione di Malé, prima tappa della sua giornata tra val di Sole e val di Non. Ennio Mengon, storico allevatore di Rabbi, e Enrico Mengon, responsabile di Malga Cercen, incalzano il candidato del centrosinistra, che ieri si è inoltrato in una periferia dove la sua coalizione fatica.
C. Bert, "Trentino", 12 ottobre 2018
Sfaldato il progetto civico di Carlo Daldoss, rotta l'alleanza con il Patt, perso il riferimento che per anni è stata la Margherita-Upt. Alessio Rauzi, figlio di Silvano, storico presidente degli allevatori trentini, e padre di Chiara, 19 anni (la più giovane candidata Upt), fa da cicerone e prepara il terreno a un Tonini che per molti qui è ancora il senatore romano che sta con gli ex comunisti. Ha radunato allevatori, contadini, artigiani, sindaci di valle: «La vittoria della Lega è un rischio altissimo».
Tonini rassicura: «Avete ragione, qui non siamo in Canada. Lo spiego anche a mia figlia animalista, non dobbiamo scegliere tra uomini, mucche e lupi. Serve una legge che consenta di autoregolamentarci». E ascolta Ivan Bendetti, che entra al bar di ritorno dalla campagna: «A Trento non dimenticatevi di noi contadini. Qui la gente sopporta sempre meno, ti danno del delinquente per i pesticidi dopo che lavori da mattina a sera». Ma non c'è solo la fatica della vita in montagna. Don Adolfo Scaramuzza, ex parroco di Malé, per anni missionario in Colombia, è preoccupato: «Cavalcare l'immigrazione fa breccia anche qui. E poi c'è la solitudine dei giovani, il turismo ha portato in modo violento un benessere che prima non c'era».
Bastano pochi chilometri per toccarlo, il benessere: all'ex Lowara chiusa nel 2007 e che qui è ancora una ferita aperta, oggi nel pomposo Innovation Center lavorano sette aziende artigiane, eccellenze locali, dal legno a succhi e composte. L'economia gira, «la strada è alzare la qualità, noi lo facciamo con gli arredi degli hotel», racconta Massimo Baggia. Gli artigiani lavorano, ma uno di loro ammette: «Anche i miei figli votano Lega».
Come andrà il 21 ottobre?, chiedono. «Io sono prudente - risponde Tonini - il vento padano c'è ma dopo una fase di depressione, la coalizione è tutta mobilitata. Vedo segnali incoraggianti». E cerca di fare breccia: «La prima cosa che dovrà fare il nuovo presidente della Provincia è difendere le casse dell'autonomia. Con 12 miliardi di tagli è impensabile che non chiedano soldi a noi e io sarei un presidente più autonomo. Ve lo immaginate Fugatti che dice di no a Salvini?». La valle è orfana di candidati forti. La Lega spaventa molti ma affascina tanti altri, giovani soprattutto. Per questo Rauzi porta Tonini a Maso San Biagio, la roccaforte kessleriana, angolo incantato tra bosco e valle. Ad attenderli una ventina di amministratori, e con loro Lorenzo Dellai.
«Questo è un posto sacro», dice Tonini, «ci sono le radici di un'autonomia che ha saputo innovare nella solidarietà tra valli e città. Qui è passata la politica, da Bruno Kessler a Nino Andreatta, che ha fatto il Trentino grande perché ha saputo unire». Poi parla l'ex governatore: «Sono qui per testimoniare la continuità tra la storia della migliore Dc trentina e lo sforzo di Giorgio Tonini. Ma c'è anche una ragione morale, perché la miglior tradizione del popolarismo ha sempre resistito ai venti freddi che volevano farla deragliare. C'è un tam tam di fondo contro di noi ma la partita è ancora tutta da giocare». Il sindaco di Caldes Antonio Maini distribuisce casolet e ricotta con grappa e zucchero, una tradizione. Ma per Tonini è tempo di risalire in macchina, lo aspetta un pomeriggio in val di Non: Coredo, Casa San Sebastiano dalla Fondazione Autismo, la visita alla Tama di Mollaro che produce filtri per le industrie, il progetto di cohousing di Casa Cles. La giornata si chiude con un incontro di coalizione. Dieci giorni alle elezioni: dieci giorni per tentare la rimonta.