Nessuno se lo aspettava. Dopo l’escalation di episodi che si sono susseguiti tra giugno e agosto, il castello di denunce e il clamore mediatico, nel maso di Frassilongo, in valle dei Mocheni, dove Agitu Ideo Gudeta, l’allevatrice di origini etiopi gestisce l’azienda agricola «La capra felice», sembrava tornata la calma.
D. Roat, "Corriere del Trentino", 2 ottobre 2018
All’apparenza, perché in realtà i carabinieri della stazione di Sant’Orsola hanno continuato a monitorare e sabato si sono presentati a casa di Cornelio Coser, 53 anni, il vicino di Agitu, accusato di aver aggredito e insultato la donna, con un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.
L’uomo è stato arrestato con l’accusa di stalking aggravato dall’odio razziale (come previsto dall’articolo 3 della legge Mancino). Il quadro accusatorio è lo stesso di agosto, non ci sarebbero stati nuovi episodi, ma ad accelerare la decisione della Procura ci avrebbe pensato l’avvocato Elena Biaggioni, che difende l’allevatrice etiope. A metà settembre ha depositato una corposa memoria nella quale ha tracciato un quadro di grande sofferenza e terrore in cui vive Agitu, spiegando i rischi concreti di nuove aggressioni e «il senso di impunità percepito dal vicino». «Sa di essere stato denunciato più volte — spiega — e non è mai successo niente». È una donna coraggiosa Agitu, non vuole mollare e non lascerà il suo «progetto di vita», ma «è terrorizzata, è una donna sola, tanto che ha organizzato i turni di lavoro per fare in modo di non rimanere mai sola». Se l’arresto basterà a fermare la rabbia del vicino, Agitu non lo sa. «Colgo con gioia il ripensamento della Procura — spiega Biaggioni — ma avremmo preferito un divieto di dimora perché tutela di più Agitu». Coser, che da tempo ha lasciato la vita da pastore, non ci sta però ad essere additato da razzista. Ha sempre negato e lo fa anche adesso, attraverso il suo avvocato Claudio Tasin. «È provato per la severità della misura adottata — spiega — ma è sereno perché convinto di non aver adottato comportamenti di violenza e molestie nei confronti di Agitu. L’amore per la natura e il rispetto per gli altri, indipendentemente dal colore e dalla provenienza, rientrano nella sua quotidianità».
Coser riapre le porte ad Agitu: «Sono pronto ad ospitarla come avevo fatto anni fa, a mettere a disposizione i locali della cantina per la stagionatura dei formaggi». Intanto il suo avvocato ha già presentato un ricorso al Riesame, e venerdì l’uomo sarà sentito dal gip per l’interrogatorio di garanzia. L’ex pastore tenta la strada di una riappacificazione, ma il quadro tracciato nell’atto d’accusa firmato dal giudice Enrico Borrelli è pesante. Dalle ingiurie e gli epiteti «Brutta negra vai via...ti brucio tutto», alle aggressioni fisiche (il 3 agosto scorso Coser avrebbe afferrato per il collo la donna) ai dispetti, il giudice ripercorre un anno di molestie che hanno terrorizzato Agitu. Episodi che, secondo il gip, avevano il chiaro intento di allontanare l’allevatrice. Il giudice parla di «epiteti di inequivoco segno razzista» e di «un’attività sistematica» che avrebbe messo in pericolo Agitu. Proprio le finalità discriminatorie e il pericolo per la donna hanno spinto la Procura a chiedere l’arresto del vicino.
«D’ora in poi quando andrò nei boschi non mi dovrò più guardare alle spalle». Tira un sospiro di sollievo Agitu Ideo Gudeta, la titolare dell’azienda agricola «La capra felice» di Frassilongo. Dopo due anni, il suo incubo sembra essere finito, l’arresto del vicino è un primo passo per avere giustizia, come chiede da tanto tempo.
Come ha reagito dopo la notizia dell’arresto del suo persecutore?
«Ho tirato un respiro di sollievo. Ho guardato il telefonino e ho capito che quell’uomo era stato arrestato. Penso si tratti di un traguardo importante. Anzi, penso che sia il primo traguardo. Ora attendiamo il secondo: il processo. Finalmente posso dire però che questo è uno Stato di diritto».
Ha mai pensato che tutto questo finisse nel nulla?
«No, mai. Ho sempre avuto fiducia nel sistema e questa è stata la risposta. Quello che non mi è piaciuto, invece, è stato il risvolto politico che la vicenda ha rischiato di prendere. Questa non è una faccenda che riguarda la politica ma è una questione di diritto e la giustizia non è politica. In uno dei due episodi in cui il mio stalker mi ha attaccato lessi nei suoi occhi l’odio profondo che provava per me e quello fu un momento di grande spavento. Se in un paese c’è giustizia tutto questo deve essere punito. Chi viola la libertà degli altri, e quindi infrange una legge, è giusto che paghi».
Quali potrebbero essere le ragioni che hanno spinto quest’uomo a comportarsi così?
«Difficile rispondere a questa domanda. Io non ho mai capito che cosa lo abbia spinto a comportarsi in questo modo. Quello che posso dire però è che prima di arrivare alla denuncia ho tentato di tutto. Sono andata anche dal sindaco, più di una volta, per cercare di trovare una soluzione. Dopo quattro cinque mesi però c’è stata un’escalation di attacchi nei miei confronti che mi hanno indotta a denunciare. Non ero più libera di fare nulla. Non vivevo più e lui non voleva nemmeno che passassi per la strada che accomuna le nostre abitazioni, con la mi auto».
E adesso in che cosa spera?
«Adesso voglio dedicarmi alla mia azienda e sperare che quanto mi è successo diventi un esempio di giustizia per tutte le donne»