«Che il welfare e le politiche sociali non siano presenti nell’agenda di governo attuale genera un gravissimo pericolo di arretramento culturale». Sono le durissime parole di Livia Turco, già ministro per la solidarietà sociale e ora presidente dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della povertà, ieri a Trento per il convegno nazionale dell’ordine degli assistenti sociali.
C. Marsilli, "Corriere del Trentino", 21 settembre 2018
«Sono argomenti che non vanno di moda — sottolinea l’ex ministra — ma dei quali è necessario parlare. Per esempio, l’esclusione dei figli degli immigrati, anche se in regola con il permesso di soggiorno, dagli asili nido, non soltanto viola la Costituzione e il diritto internazionale, ma intacca un principio fondamentale dell’inclusione sociale. Per prevenire le disuguaglianze è necessario intervenire sui processi cognitivi dei primi anni di vita dei bambini». Solo uno dei molti esempi inanellati dall’ex parlamentare, che ribadisce: «È necessario presentare nuove proposte che nascano non solo dalle forze politiche, ma dall’intera società. Tra i punti fondamentali il lavoro, la parità retributiva, i servizi sociali e i servizi sanitari. È importante rilanciare il ruolo di dialogo civico, per evitare che i problemi di disagio sociale vengano risolti attraverso un mero contributo economico. Attraverso lo slogan “Insieme si può” vorrei rilanciare l’urgenza di tessere nuove relazioni umane». Tranchant anche la posizione riguardante il rapporto tra sanità e immigrazione: «I dati hanno confermato che gli immigrati arrivano sani e si ammalano qui, a causa di condizioni di lavoro spesso al limite. Il problema della sanità sul posto di lavoro riguarda tutte le figure più vulnerabili della società, non solo gli immigrati in quanto tali». Le dichiarazioni avvengono in occasione del convegno nazionale dell’ordine degli assistenti sociali, tenutosi ieri a Trento, che ha riunito al tavolo di lavoro i rappresentanti di tutti gli ordini regionali per riflettere sul welfare e il ruolo di questi professionisti in un momento particolarmente complesso di cambiamento della società. Il Trentino è, in questo senso, molto più che un’isola felice.
Gianmario Gazzi, presidente nazionale dell’ordine e originario di Trento, ricorda: «In Trentino i parametri sono più vicini a quelli nord europei che a quelli del resto d’Italia. In provincia la spesa media pro capite per i servizi sociali è di 220 euro all’anno, mentre in alcune regioni italiane non si arriva ai 30 euro». Uno squilibrio che è ancora più importante se si ragiona in termini di carico di responsabilità del singolo professionista, figura cardine dell’intero sistema. «In Trentino — sottolinea ancora — in media c’è un assistenza sociale ogni 3.750 persone, ma in alcuni comuni due soli professionisti devono occuparsi di un bacino di utenza di 70mila abitanti».
Le differenze sono dovute a una duplice motivazione: da una parte le risorse, che la Provincia autonoma può gestire in maniera più libera, dall’altra la cultura territoriale, forte di secoli di volontariato, che considera il disagio sociale una responsabilità collettiva. «Gli obiettivi di questo convegno sono un’elaborazione comune dello stato dell’arte e la formalizzazione di alcune richieste. Tra queste un miglioramento della formazione per i professionisti e un’attenzione particolare per la prevenzione degli attacchi. Ben 9 assistenti sociali su 10 nel corso della propria carriera sono aggrediti, minacciati o sono stati vittima di stalking».