Il suo nome è evocato da settimane, da qualcuno pubblicamente, da altri sottotraccia. Con un centrosinistra autonomista dilaniato sulla scelta del candidato presidente, con il governatore uscente Ugo Rossi che non riesce a ottenere la riconferma da parte degli alleati e Paolo Ghezzi su cui c'è il veto del Patt e su cui Pd e Upt sono spaccati, Giorgio Tonini è considerato la prima carta di riserva di fronte al rischio di far saltare all'aria la coalizione.C. Bert, "Trentino", 30 luglio 2018
L'ex senatore Pd, cattolico, ha una solida esperienza politica ed è tra le figure più coalizionali, gradito all'Upt e non inviso al Patt. E un Pd diviso difficilmente potrebbe rinunciare a un proprio uomo.
Tonini, è pronto a esserci, da «riserva della Repubblica»?Considero conclusa la mia stagione politica quando ho deciso di non ricandidarmi dopo quasi vent'anni tra partito nazionale e parlamento. Dopodiché, ove mai succedesse che tutti mi dicessero "senza di te non si chiude l'accordo", dato che io sono di questa parte politica e ci tengo che il Trentino resti da questa parte, ovviamente non potrei sottrarmi. Ma considero questo uno scenario molto improbabile, non lo vedo realistico.
Non così improbabile, visto che al momento nessuno intravede una via d'uscita... È vero che si è creato un sistema di veti contrapposti che rende tutto difficile. La conferma di Rossi suona come l'umiliazione degli altri, ma è vero anche il contrario: l'altra ipotesi umilia il presidente uscente. Ma la cosa che mi fa pensare che alla fine una soluzione si troverà è il fatto che in realtà non c'è nessun ostacolo politico, se non questo di assetto. Che naturalmente non è poca cosa, ma non ci sono divergenze di tipo politico-programmatico. Il centrosinistra autonomista è un'area politica omogenea dal punto di vista degli obiettivi di governo del Trentino. Sarebbe davvero inspiegabile mandare tutto all'aria perché non si trova un accordo sul candidato presidente.
Lei dice che alla fine si troverà una soluzione. Ma come? Ripeto: non c'è una ragione di fondo per andare su posizioni diverse. Sarebbe semplicemente una rottura della coalizione ma non ci sarebbero altre formule politiche che vengono avanti. Per le primarie i tempi sono francamente stretti. Ci si chiuderà in una stanza e si uscirà con una decisione. Non ci sono altre strade per nessuno, se non strade distruttive, ovvero che si rompe e si va ognuno in ordine sparso. Ma sarebbe talmente folle che non ci voglio nemmeno pensare.
Una parte del Pd sostiene che sarebbe meglio puntare su un nome e una coalizione rinnovata, che sarebbe un'opzione più forte, a costo di rompere con il Patt. Io leggo anche quello che dice Paolo Ghezzi, dice che non farà mai nulla che possa favorire la vittoria della Lega e del centrodestra, e questo mi pare un segnale di serietà. Conoscendolo, non ho dubbi sulla sua intenzione.
Il Pd domani come ne uscirà? Arrivati a questo punto non è più chiaro contarsi? Sì, però dev'essere una decisione che viene presa non solo dal Pd, ma dal Pd insieme agli alleati. Io spero che alla fine ci sia un momento nel quale ci si mette attorno a un tavolo e si accetta che la soluzione che ha maggiore consenso sia la soluzione di tutti. Deve prevalere un principio di realtà.
Come si risponde alla domanda di cambiamento che arriva anche da una parte della vostra base? Tra movimento e istituzione c'è sempre stata una dialettica tra movimento e istituzione. Si vince se si riesce a fare sintesi: l'istituzione da sola si inaridisce, dall'altra il movimento deve tradursi in istituzione. Io confido nell'intelligenza di Paolo Ghezzi, che è persona seria, non interessata ad avventure e quindi saprà condurre questo movimento in modo costruttivo dentro la prospettiva del centrosinistra. Lo sbocco finale non lo so, ma se tutti hanno buona fede e buon senso, la quadra si trova.
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