Il ventennio precedente aveva visto l'affermarsi in Italia di una politica che - pur mascherata dalla retorica dell'efficienza e dominata dallo spirito dell'operetta muscolare e comica del segretario del Partito Nazionale Fascista Starace anziché da quello della "tragedia di Stato" - aveva coperto la penisola e la sua società con una cupa ed oppressiva dittatura, priva di libertà, di democrazia e di diritti.Bruno Dorigatti, "Corriere del Trentino", 25 luglio 2018
Finalmente, dopo oltre vent'anni, l'incubo si apprestava a concludersi. Certo, molta e dolorosa strada rimaneva da compiere - e l'avrebbe percorsa coraggiosamente la Resistenza - ma il regime dei treni puntuali e delle leggi razziali; dell'orrore razzista in Africa Orientale Italiana e dei "milioni di baionette" aveva ormai concluso il suo percorso storico.La seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943, che decretò la caduta di Mussolini con l'approvazione dell' "Ordine del giorno Grandi", seppur organizzata forse fu più fortuita che frutto di una strategia politica di lunga deriva. Molto probabilmente "Casa Savoia" non ne fu estranea, come certi alti livelli dell'Amministrazione dello Stato, dell'universo militare e dell'economia nazionale, nella consapevolezza che il Paese era ormai allo stremo delle sue forze, per aver inseguito i sogni dell'effimera gloria populista, demagogica e nazionalista del maestro di Predappio. Ma ciò nonostante, il fascismo cadde e nelle migliori coscienze del Paese si fece largo l'idea che un simile gorgo di follia non si sarebbe mai ripetuto nella storia italiana. Fu da questa consapevolezza che nacquero le radici della Costituzione repubblicana e democratica e dei meccanismi di tutela che la stessa ha introdotto per evitare ulteriori derive autoritarie, con le relative pesanti conseguenze che quest'ultime produssero sul destino del nostro Paese.
Quel 25 luglio finì, con una soluzione inattesa, il fascismo quale regime. Eppure il suo spirito non scomparve del tutto, in quella notte estiva. Certo, se pensiamo alle forme dei totalitarismi europei e mondiali di quegli anni, possiamo dire, con relativa tranquillità, che essi non potranno ritornare nelle medesime forme, ma ciò che preoccupa oggi non è tanto un ripetersi identico di allora, quanto piuttosto il riemergere di quel modo di pensare; di quel collettivo sentire, di quelle mode culturali e di quella oscura nube di pulsioni e di odii che qualcuno, non si sa quanto coscientemente, ancora cavalca come in quegli anni, fomentando paure, divisioni ed incertezze.Se il fascismo fu una dittatura ideologicamente confusa e debole, basata su una vaga idea dello "stato etico ed assoluto" tanto cara al pensiero di Hegel, altrettanto esso visse solo di retorica, di annunci, di promesse, di fantasiosi sogni e di bugie costanti. Questo fu il fascismo: un coacervo di contraddizioni e di liturgie laiche; un folklore politico ed una somma di vaghe ipotesi di riforme sociali in grado di fornire una sorta di "terza via" al sistema mondiale.
In altre parole, una sgangherata politica, fondata su friabilità ideologiche e sulla creazione di inesistenti miti.Nato come rivoluzionario divenne filomonarchico per convenienza; animato da un iniziale anticlericalismo firmò il Concordato con il Vaticano e Mussolini divenne "l'uomo della Provvidenza"; trovò adesione nell'ebraismo italiano, tanto da avere per Ministro delle Finanze un ebreo e poco dopo divenne antisemita; si proclamò futurista e razionalista ma fu solo emotivo e confuso; affermò e si contraddisse con una tempestività straordinaria, ecco perché, a ben vedere, non è mai del tutto scomparso ed anzi, oggi sembra riaffiorare in taluni infelici proclami o nel groviglio indecifrabile di certe azioni di governo.Il fascismo cioè riappare ciclicamente nella vicenda italiana - e fors'anche europea - cambiando solo spoglie ed abiti; adattando parole d'ordine e temi; comprimendo libertà e diritti in nome di sicurezze più percepite che reali; ritornando ancora perché ciò gli è concesso dalla nostra volontà di non vedere le similitudini e di non comprendere i rischi.E' per tale ragione che questo 25 luglio non può trascorrere nel silenzio della dimenticanza
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