«L’operazione “Bombizona” è una delle tante concluse di recente, che hanno coinvolto molte persone, tra cui anche alcuni richiedenti asilo. Non mi pare, però, che il loro numero sia tale da inficiare la bontà dell’accoglienza in Trentino». Sono cinque i richiedenti asilo ospitati in Trentino raggiunti da provvedimenti giudiziari nell’ambito della maxioperazione della polizia per il contrasto al traffico di stupefacenti. Cinque su 1.541 attualmente ospitati.A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 15 giugno 2018
Pochi e troppi allo stesso tempo. Comunque non abbastanza per sostenere che i progetti messi in campo sul territorio provinciale siano inutili, sostiene il prefetto Pasquale Gioffrè, che all’indomani dell’illustrazione dell’operazione plaude all’attività investigativa coordinata dalla squadra mobile di Trento e parla di sicurezza in provincia.
Dottor Gioffrè, l’operazione condotta dalla polizia ha portato alla luce una fitta rete di spaccio che coinvolgeva soprattutto richiedenti asilo. Significa che qualcosa non funziona nell’accoglienza?
«Più che di accoglienza dovremmo parlare di modalità di integrazione. L’operazione in questione fa comunque riferimento ai canali di approvvigionamento, perché da tempo l’attività delle forze dell’ordine non punta soltanto a prendere il piccolo spacciatore di piazza ma anche a intercettare i trasferimenti e le acquisizioni che poi sicuramente confluiscono in grosse organizzazioni. Quindi il controllo del territorio è accompagnato da una grande attenzione alle associazioni che provvedono ad alimentare il mercato locale. “Bombizona” è una delle tante operazioni concluse di recente, che hanno coinvolto molte persone, tra cui anche alcuni richiedenti asilo. Non mi pare, però, che il loro numero sia tale da inficiare la bontà dell’accoglienza in Trentino».
Mercoledì il presidente Rossi e l’assessore Zeni hanno sottolineato che «l’accoglienza passa prima di tutto dal dovere di contrastare chi infrange la legge». Quanto è alta l’attenzione delle autorità in quest’ambito?
«Innanzitutto fra autorità e Provincia esiste un ottimo rapporto di collaborazione. Ci sentiamo, facciamo visita alle strutture. Inoltre tenga conto che esiste un disciplinare, un codice di comportamento molto stringente che regola il modo di stare nelle strutture, forse poco pubblicizzato all’esterno, ma che nel momento in cui viene violato comporta la fuoriuscita dal circuito dell’assistenza. L’attenzione quindi è sempre massima, non solo sui richiedenti ma su tutto ciò che avviene in città e in provincia».
Trentino e Alto Adige sono territori di confine, forse per questo più esposti al traffico di sostanze. È quindi necessario immaginare modalità specifiche per contrastarlo?
«Questi sono aspetti investigativi che vanno oltre la mia responsabilità. È importante però evidenziare che noi ci muoviamo sempre su diversi livelli con l’obiettivo di garantire la sicurezza, evitando quindi le presenze che determinano preoccupazione e allarme sociale. Si interviene quotidianamente, con servizi ordinari e straordinari realizzati dalle forze dell’ordine a cui va il mio plauso per tutto ciò. Ci sono poi indagini che possono lambire il nostro territorio pur avendo un’origine e una diramazione ultraregionale. Su questo ci stiamo concentrando da un po’ di tempo a questa parte, rivolgendo l’attenzione ai piccoli spacciatori per poi risalire a un livello più alto. E in questo modello si inserisce l’operazione della polizia, ma anche alcune eseguire dai carabinieri nel recente passato. Insieme stanno dando un contributo significativo in tal senso».
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