Perché le donne sono ancora fortemente escluse dalle discipline STEM (scienze, tecnologie, ingegneria, matematica)? Si tratta di asimmetrie frutto di pregiudizi, esclusione volontaria, difficoltà oggettive? Un tavolo tutto al femminile alla Sala delle Marangonerie del Castello del Buonconsiglio per discuterne, nella seconda giornata del Festival.Ufficio Stampa Provincia, 1 giugno 2018
Dagli incentivi alle piattaforme di «gamefication» delle discipline scientifiche, dalla formazione fin da bambini alle nuove tecniche di didattica, meno formali, della matematica, le strade per invertire la rotta ci sono; fra i relatori anche l'assessora provinciale Sara Ferrari.
Un tavolo di relatrici tutto al femminile e una platea intergenerazionale a maggioranza femminile per l’incontro dedicato al tema «Genere, scienza e tecnologia». La tecnologia che avanza e i rischi di riduzione di posti di lavoro sono un problema amplificato se guardiamo al mondo delle professioni dal punto di vista delle donne? Sara Ferrari, assessora provinciale alle pari opportunità della Provincia autonoma di Trento, ritiene che un tema come la tecnologia e il lavoro non possa non riguardare quel 52% di popolazione che è rappresentato dalle donne. «Siamo impegnati – ha detto – perché ci sia consapevolezza già nelle giovani generazioni che non ci sono lavori ascritti a un genere in particolare, piuttosto che a un altro. In Trentino stiamo lavorando con l’Agenzia del Lavoro e attraverso un ottantina di percorsi con genitori e scuole per avvicinare il mondo delle scienze e della matematica alle ragazze».
Barbara Poggio, prorettrice dell’Università di Trento e delegata per le pari opportunità, da sociologa la chiama «segregazione orizzontale». Le scienze sociali monitorano le diseguaglianze di genere (all’Università di Trento il 14% dei professori ordinari è donna, anni fa si era al 10%, ma nelle facoltà scientifiche questa percentuale scende al 5%), ma serve lavorare sulle filiere educative e ricorrere a incentivi.
C’è un paradosso nei Paesi in cui alle donne è riconosciuta pari dignità. Lo ha sottolineato Monica Parrella, del Dipartimento pari Opportunità della Presidenza del Consiglio: «Dove la parità di genere non è un problema, le donne studiano meno le discipline scientifiche. Perché possono fare anche molto altro, certo. Nelle facoltà umanistiche le donne sono il 78%. Solo il 24% a ingegneria informatica». A 5-6 anni le bambine assimilano già pregiudizi e stereotipi di genere (le donne più portate per i lavori di cura anziché per la scienza e la meccanica).
Gianna Martinengo, imprenditrice e presidente dell’Associazione «Women & Technologies» è convinta si debba lavorare sulla formazione, oggi, per prepararsi a mestieri che nasceranno domani. L’innovazione tecnologica deve essere accompagnata da quella sociale. Innovazione tecnologica vera non è quella che porta qualche pixel in azienda, ma quella che migliora la qualità della vita di tutti.
La robotica è già tra noi, ha spiegato Fiorella Operto, presidente della Società non profit di Robotica. L’Italia è il secondo Paese europeo per applicazioni robotiche nell’industria. I sensori analizzano l’ambiente, le macchine fanno per noi lavori sgradevoli, nelle fonderie, nelle miniere, nei reparti verniciatura, i robot puliranno le strade: «Tutte le professioni saranno intaccate dalla robotica e dall’automazione. Dobbiamo saper cambiare. Un assicuratore dovrà conoscere le auto senza pilota, uno psicologo non potrà ignorare il mondo cibernetico se si occupa di cyberbullismo».
«Imparare la matematica è come fare sport. Serve allenamento»: la chiusura di Chiara Burberi, che ha presentato la piattaforma Redooc, uno strumento digitale divertente in cui appassionarsi alle materie scientifiche senza i formalismi che ancora ingessano la didattica tradizionale in Italia.
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