«Dico solo questo: il Patt non è uscito dalla maggioranza e nemmeno il presidente». Ugo Rossi si limita a poche battute. All’indomani dello «strappo» delle Stelle Alpine nel vertice del centrosinistra autonomista, il governatore ci tiene a precisare le posizioni. Manica: «L’innalzamento della tensione di questi giorni non ha contributo a un clima disteso. Ma è chiaro che molti nodi derivano dalla differente lettura di quanto è successo il 4 marzo».
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 24 maggio 2018
«Noi, Patt e presidente — sottolinea — vogliamo essere con coerenza serio argine all’avanzata dei nazionalismi e della chiusura». Poi si rivolge agli alleati: «Noi ci siamo e aspettiamo che anche altri aderiscano e ci aiutino a costruire un’idea di governo serio e responsabile, che valorizzi ciò che assieme abbiamo fatto, ma anche ciò che insieme potremo fare con il contributo di nuove forze territoriali e civiche».
A chiarire la visione degli autonomisti è anche Lorenzo Ossanna. «L’abbandono della riunione da parte del Patt — spiega il capogruppo provinciale delle Stelle Alpine — non va letto come un’uscita di scena sbattendo la porta. Non è una chiusura alla coalizione». È, piuttosto, un sintomo di insofferenza: «La scaletta di Pd e Upt prevede prima la discussione sui temi, poi l’allargamento della coalizione, quindi la definizione del profilo del presidente e infine la nomina del leader». Una trafila troppo lunga e macchinosa, secondo gli autonomisti. Non solo: «Non si può estromettere il presidente dall’elaborazione di un programma che poi dovrà firmare. Certo, si devono affrontare anche temi nuovi, nessuno lo nega. Ma il sistema è sbagliato: non è possibile accettare che presidente e assessori vengano messi in disparte». Tenendo presente, continua Ossanna, «che oggi si punta il dito solo contro il presidente: ma siamo sicuri che cambiando quel nome la coalizione partirà a razzo? Io ne dubito. Tra l’altro, come si può mettere in discussione il nome di Rossi senza avere chiare in testa le alternative?». Insomma, la scelta del presidente, ribadisce il Patt, deve essere posta all’inizio del percorso. Non alla fine. Con un ultimo appunto: «Si era dato mandato all’Upt di dialogare con i civici e al Pd di confrontarsi con Leu. Poi però Olivi ha incontrato Gios, altri hanno visto i sindaci. Rossi non può dialogare con altri soggetti? Certo che può, è legittimato».
Lunedì, intanto, le segreterie dei partiti si ritroveranno. «Non ho motivo di pensare che il Patt si sfili e non partecipi» osserva il capogruppo del Pd Alessio Manica. Che esclude anche che, alle trattative, si sieda lo stesso Rossi: «Sarebbe curioso, dopo che aveva dato mandato alle segreterie di lavorare». L’analisi del quadro, in ogni caso, ammette le frizioni. «L’innalzamento della tensione di questi giorni — dice — non ha contributo a un clima disteso. Ma è chiaro che molti nodi derivano dalla differente lettura di quanto è successo il 4 marzo. Noi abbiamo riconosciuto l’eccezionalità dell’esito elettorale, puntando a un cambio di rotta della coalizione, mentre il Patt ha reagito in modo diverso, leggendo in quel voto un orientamento nazionale e chiedendo di serrare le fila». E ora? «È chiaro che il tempo stringe. In questi giorni noi stiamo dialogando con il mondo di Leu e l’Upt con i civici. Sarebbe un errore però allargare la coalizione a schemi chiusi, presentando liste e nome del candidato presidente senza appello. Dobbiamo dare la possibilità a chi entra di dire la propria. Dopodiché, nel giro di 15 giorni al massimo si devono chiudere tutte le partite». Con il Pd che sembra intenzionato a proporre qualche nome alternativo a Rossi. «Abbiamo l’onere di portare una proposta. Poi ognuno valuterà i profili. Ma se il nostro profilo non verrà condiviso non lasceremo il tavolo, né spaccheremo la coalizione. Questo non è un concorso di bellezza».
Condivide il metodo anche Gianpiero Passamani. «Se allarghiamo la coalizione è necessario rispettare l’idea di chi entrerà nella compagine. Tutti coloro che rigenereranno l’area hanno il diritto di portare avanti il loro nome» precisa il capogruppo provinciale dell’Upt. Che in questi giorni, insieme ai vertici del partito, si sta occupando di incontrare i civici: i sindaci Francesco Valduga e Roberto Oss Emer, ma anche altri esponenti territoriali come Stefano Bisoffi (presidente della Comunità della Vallagarina), Maria Ceschini (sindaca di Cavedine), Enrica Rigotti (sindaca di Isera). «Sappiamo che il tempo è poco — ammette Passamani — ma credo che la prossima settimana potremo definire i confini della coalizione, per poi scegliere il nome del presidente. Onestamente, il dibattito “Rossi sì-Rossi no” mi appassiona poco. Preferisco continuare a lavorare sui temi, come stiamo facendo all’interno del partito».