La Provincia stacca un assegno da 75 milioni di euro a 36.200 famiglie trentine. Di esse, 10.100 sono quelle che ricevono il sostegno ai redditi bassi, quasi il doppio dei beneficiari del vecchio reddito di garanzia, per un importo complessivo di 24 milioni. Le altre ricevono aiuti per la cura dei figli, per l’accesso all’asilo, per la disabilità. È il primo bilancio dell’assegno unico, il «reddito di cittadinanza alla trentina» in vigore da quest’anno.
www.ladige.it, 21 maggio 2018
L’assegno unico sarà ulteriormente ampliato entro l’anno, portando la spesa complessiva sopra gli 80 milioni. Infatti, nonostante gli indicatori dell’economia e dell’occupazione siano in miglioramento, bisogna fare i conti con l’onda lunga della crisi: sostenere chi trova lavori brevi, precari, a basso salario, i cosiddetti working poor, e chi perde l’ultimo ammortizzatore sociale senza aver trovato una nuova occupazione.
«Assegno unico è un brutto nome, reddito di cittadinanza sarebbe molto meglio» scherza, ma non troppo, Alessandro Olivi , vicepresidente della Provincia e principale sponsor di questa misura. «In giunta provinciale si aspettavano che, razionalizzando i sussidi esistenti, avremmo risparmiato. Ce n’è voluto per spiegare che era importante invece aumentare le risorse disponibili». Olivi ha tracciato un primo bilancio dell’iniziativa l’altra sera, alla Sala Giacomoni di Gardolo, all’incontro organizzato dal locale circolo del Pd. A confrontarsi con un folto pubblico anche il presidente dell’Agenzia del Lavoro Riccardo Salomone e l’assessora alle politiche sociali del Comune di Trento Mariachiara Franzoia .
«La quota di sostegno al reddito dell’assegno unico è una misura universalistica di contrasto all’esclusione sociale che prima non c’era - sottolinea Olivi - Rispetto al reddito di garanzia, i numeri sono aumentati del 75%, gli importi sono quasi raddoppiati. Il balzo in avanti dell’area tutelata è dovuto soprattutto a due fattori. Da un lato, ha giocato un ruolo significativo l’innalzamento da 0,13 a 0,16 della soglia Icef per accedere al beneficio, che ha portato a 2.800 casi in più».
«Dall’altro - prosegue Olivi - non si può sottovalutare il fatto che l’assegno unico, accorpando più benefici con diverse finalità, ha perso rispetto al reddito di garanzia quel connotato di misura rivolta ai ceti sociali poveri, quello stigma che poteva tenere lontano soggetti che spontaneamente si autoescludevano, non essendo abituati a rivolgersi all’ente pubblico per ottenere aiuti economici. Questo effetto ha prodotto circa 1.500 adesioni in più».
L’accesso al beneficio prevede un patto di servizio col destinatario, una presa in carico del servizio sociale e dell’Agenzia del Lavoro per gli aspetti occupazionali, con l’obiettivo di migliorare la situazione e uscire dalla condizione di bisogno. «Circa 700 nuclei non hanno richiesto il sostegno al reddito pur avendone diritto - osserva Olivi - Si può pensare che la prospettiva di dover aderire alle misure di condizionalità ha costituito un disincentivo sufficiente a non richiederlo».
Tra i nuclei familiari che ricevono il sostegno, 7.000 hanno figli minori e quindi percepiscono anche la quota dell’assegno unico a sostegno dei figli, 850 sono nuclei composti da persone anziane oltre i 65 anni, 2.250 sono nuclei di soli adulti. Infine, ci sono 1.700 nuclei familiari in cui sono presenti anche persone con disabilità, per cui percepiscono anche la quota dell’assegno a favore degli invalidi.
L’assegno unico comprende anche altri interventi, dal sostegno alle famiglie con figli fino a 18 anni (limite Icef a 0,30), al contributo per le rette dell’asilo nido (Icef a 0,40), al sostegno agli invalidi e alle loro famiglie (Icef a 0,35). «Sono limiti che vanno al di là delle fasce più povere e comprendono anche redditi medi e medio-bassi - sottolinea Olivi - Il forte abbattimento dei costi dei servizi per la prima infanzia favorisce il lavoro delle donne, che dal 2010 al 2017 in Trentino è già aumentato del 16,5%». Le novità che verranno introdotte nell’assestamento di bilancio, spiega l’assessore, riguardano in primo luogo un aumento dell’assegno rispetto ai livelli attuali, che vanno da 490 a 900 euro al mese in base ai componenti del nucleo familiare, a coloro che perdessero l’ammortizzatore sociale ritrovandosi senza alcuna fonte di reddito. In secondo luogo un «incoraggiamento» a chi trova qualche lavoro precario durante l’anno e così supera di poco l’indicatore Icef. «Se gli togliessimo subito l’assegno, penalizzeremmo proprio la spinta a cercare lavoro». L’assegno unico è per un anno, rinnovabile. Le domande, che sono a sportello, sono partite lo scorso ottobre. «Ma quest’anno - annuncia Olivi - le anticiperemo al 15 settembre».