In contro tendenza rispetto alle previsioni di un anno fa, il numero dei profughi sul territorio trentino è in costante diminuzione. Il dato è linea con il calo degli sbarchi in Italia dal Mediterraneo che si registra ormai dall'agosto scorso: gli arrivi via mare sono diminuiti di circa dieci volte (anche per effetto delle nuove strategie nazionali adottate con il decreto Minniti) e di conseguenza anche in Trentino sono diminuiti gli arrivi.A. Selva, "Trentino", 20 maggio 2018
Le proiezioni per il 2017 indicavano una presenza di profughi attorno alle 1.700-1-800 persone, invece a inizio 2018 i migranti sul territorio provinciale erano 1.666, numero che ora è sceso a 1.564 (dato aggiornato al 17 maggio scorso).«In pratica negli ultimi mesi registriamo solo arrivi dei cosiddetti migranti territoriali» spiegano al Cinformi. Cioè i richiedenti asilo che arrivano via terra.
Il risultato è che dall'agosto scorso ogni mese sono più i profughi che escono dal programma di accoglienza rispetto a quelli che vi entrano.A sopportare il carico maggiore restano i due centri di Tento e Rovereto (rispettivamente con 708 e 242 migranti presenti) ma da inizio anno sono comunque diminuiti i richiedenti asilo presenti nei centri di prima accoglienza di via Fersina a Trento e di Marco di Rovereto. I dati del Cinformi evidenziano che in media nel 2018 sono arrivati in Trentino 14 migranti ogni mese, mentre nello stesso periodo dell'anno precedente gli arrivi erano stati in media 80 al mese, cioè sei volte di più.
Le cause di questa diminuzione vanno ricercate nella nuova linea dura adottata dall'Italia nelle acque del Mediterraneo, dagli accordi con la Libia (dove i migranti vengono trattenuti in situazioni drammatiche) ma probabilmente anche da una nuova geografia dei flussi provenienti dall'Africa. Il risultato non cambia: la pressione sul territorio trentino è in diminuzione.«Ma il calo negli arrivi non ha raggiunto ancora un livello tale da richiedere una modifica del sistema di accoglienza trentino» ha spiegato ieri Emiliano Bertoldi, coordinatore generale di Atas, associazione trentina che si occupa dell'accoglienza degli stranieri. Certo con la diminuzione degli arrivi è in calo (proporzionale) anche l'arrivo di risorse destinate all'accoglienza: i finanziamenti infatti sono erogati in proporzione al numero di persone presenti sul territorio.
La distribuzione sul territorio provinciale finora non ha subito sostanziali modifiche, con la Paganella che resta l'unica comunità dove non sono presenti richiedenti asilo e la valle di Fiemme (con 9 migranti) fanalino di coda di una classifica territoriale che dopo Trento e Rovereto vede in testa Pergine e l'Alta Valsugana (101 profughi presenti) e la Valle di Non (77).Resta poi da analizzare il dato relativo alle "uscite" dal programma di accoglienza: si tratta di profughi a cui viene riconosciuto lo status di rifugiato, ma anche di migranti che vedono respinte le loro domande. In questo caso che fine fanno? Alcuni di loro probabilmente restano sul territorio provinciale, ma è più probabile che scelgano di trasferirsi in territori in cui è più semplice vivere in clandestinità.
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Se il calo attuale fosse confermato anche per i prossimi mesi, il numero dei profughi in Trentino dai 1564 attuali diminuirebbe entro l'anno di almeno 200-300 unità. Una diminuzione che - spiega Pierluigi La Spada, coordinatore del Cinformi - andrebbe a vantaggio dei centri di prima accoglienza di Trento e Marco, dove è già in atto un alleggerimento.
La Spada, il calo negli arrivi dei profughi è una buona notizia?Per il sistema di accoglienza sicuramente sì, posto che abbiamo ancora 400 persone in prima accoglienza che attendono di essere assegnate alle strutture del territorio. La diminuzione negli arrivi dà respiro alla nostra organizzazione e migliora le condizioni dei migranti in prima accoglienza.
E dal punto di vista umanitario?Su questo fronte il calo di arrivi non è necessariamente positivo, posto che - come risulta dai reportage che giungono dal nord Africa - non ci sono garanzie sulla tutela dei diritti umani nei paesi dove i migranti sono trattenuti.
La diminuzione negli arrivi ha già portato modifiche nel sistema di accoglienza?Il nostro sistema in realtà è elastico, in modo da rispondere alle emergenze negli arrivi ma anche ai cali. È chiaro che se diminuiscono gli arrivi c'è anche una diminuzione delle persone che lavorano all'accoglienza e delle risorse disponibili, che sono calcolate sulla base del numero di richiedenti asilo.
Con meno arrivi pare diminuita anche la tensione.Mi pare che sia così, ma non è detto che questo sia legato al numero di arrivi visto che le tensioni sono legate alla percezione che la gente ha del fenomeno dei migranti. E la riduzione degli arrivi non corrisponde necessariamente a un cambio di percezione.
Intanto però i Comuni trentini che ospitano migranti sono sempre una settantina.È vero ma dobbiamo pensare che nel 2014, quando siamo partiti con l'accoglienza straordinaria, avevamo solo 5 container a Marco. Ora siamo arrivati a 230 strutture sul territorio, di cui 200 sono appartamenti per lo più messi a disposizione da privati.
Qual è il vostro obiettivo ora?Diminuire le presenze nelle strutture di prima accoglienza come la residenza Fersina a Trento e il campo di Marco di Rovereto. Se la tendenza attuale dovesse continuare entro la fine dell'anno dovremmo avere un ulteriore calo di 200-300 persone.
Ci sono buone probabilità che la diminuzione continui?Non è facile rispondere a questa domanda, perché non abbiamo elementi sufficienti (qui a Trento) per prevedere gli sviluppi dei flussi migratori.
Dopo lo stop degli sbarchi, chi sono i migranti che comunque arrivano a Trento?Si tratta di persone che arrivano per lo più dall'Asia, in particolare dal Pakistan, e che entrano in Italia via terra, provenienti in genere dal Nord Europa. Per entrare nel programma di accoglienza devono presentare richiesta di protezione internazionale ed essere in condizioni di necessità.
E chi sono i migranti che risultano usciti dal programma?Per lo più si tratta di persone che semplicemente sono andate altrove, nella speranza di avere maggiori possibilità. Poi naturalmente ci sono i richiedenti asilo la cui domanda di protezione è stata accolta e si sono integrati e infine una minoranza di persone a cui è stata revocata l'accoglienza.
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