Un occhio è rivolto a Roma: «Si dovrà capire cosa succede e, nel caso, quando si andrà a votare». Ma in vista di un’estate che si preannuncia ancora più complicata del previsto, Giuliano Muzio fa capire di non volersi fare troppo condizionare dal quadro nazionale. «Altrimenti non ne usciamo» chiarisce il segretario del Pd.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 9 maggio 2018
Che lunedì sera ha incassato dall’assemblea del partito il via libera unanime al suo documento elaborato in vista dell’incontro dei segretari del centrosinistra autonomista, fissato per martedì prossimo. E che invita a tenere lo sguardo fisso sull’appuntamento elettorale di ottobre: «Spero di uscire dal vertice di martedì con le idee chiare. Anche sulla questione del candidato presidente».
Segretario Muzio, l’ultimo giro di consultazioni a Roma si è concluso con l’ennesimo nulla di fatto. E si parla di un ritorno al voto, a luglio o in autunno. Una prospettiva che potrebbe pesare non poco sull’esito del voto provinciale di ottobre. Cosa ne pensa?
«Che il ritorno alle urne pesi sulle elezioni provinciali è evidente. Ma è difficile fare previsioni: il quadro è in continuo divenire. Per quanto riguarda il Pd, so che a livello nazionale è stata fissata un’assemblea per il 19 maggio. Ma gli scenari non sono ancora chiari. In ogni caso, noi dobbiamo continuare a ragionare in autonomia. Altrimenti non ne usciamo».
Nel centrosinistra autonomista in molti sperano che le elezioni nazionali non vengano fissate in autunno: una opzione che viene considerata rischiosa per l’esito locale. È d’accordo?
«Bisogna prima capire cosa succederà. Poi vedremo. Personalmente, da cittadino italiano, mi ritrovo totalmente nelle dichiarazioni di Maurizio Martina. E nel richiamo alla responsabilità dei partiti lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per arrivare almeno alla fine del 2018: questo ci consentirebbe di rispettare scadenze importanti. E, magari, di modificare la legge elettorale attuale».
Lega e 5 Stelle spingono però per il voto a luglio.
«Francamente, non la considero una opzione realistica. Mi sembrerebbe quantomeno singolare che in anni di aumento dell’astensionismo si decida di indire le elezioni in piena estate».
L’alternativa è votare in autunno. Quando, però, ci saranno già le elezioni provinciali.
«Se così fosse, poco cambierebbe un voto nazionale a fine settembre o a ottobre. Di sicuro, l’accoppiata elezioni nazionali-elezioni provinciali non sarebbe il massimo: non aiuta gli elettori nemmeno per quanto riguarda la chiarezza».
Intanto, in vista delle provinciali, nel suo documento parla di discontinuità. Anche nella leadership.
«Voglio spiegare bene il senso di quel passaggio. L’idea è che la richiesta di cambiamento — anche del candidato presidente — venga considerata come minimo a fianco della richiesta di continuità. Le due ipotesi, continuità e discontinuità, devono essere valutate, per poi individuare la migliore».
I tempi, però, stringono.
«Francamente, spererei di uscire dal vertice del 15 maggio con le idee chiare, almeno sullo schema relativo al presidente. Troppo presto? No. L’Adunata degli alpini, in questo, ci aiuta: ci offre più tempo per fare tutte le valutazioni. Il 15 mi aspetto un confronto serio».
E sui confini della coalizione cosa dice?
«Più si allarga, meglio è. Anche se l’allargamento non può avvenire per cooptazione, ma deve essere il frutto di un dialogo che verifica tutte le diverse ipotesi in campo. Considerato, tra l’altro, che queste forze — civici in primis — dialogano anche al loro interno e con altri soggetti».