«Mancava proprio una casella da riempire». Qualcuno, ieri, ha cercato di sdrammatizzare. Pur con una certa amarezza nella voce. Sta di fatto che a poco più di cinque mesi dalle elezioni provinciali, trovarsi tra capo e collo l’ipotesi di una nuova consultazione politica nazionale sta creando più di una preoccupazione nei partiti locali.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 8 maggio 2018
Nella capitale, ieri, la giornata di consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo è stata attraversata da tante tensioni. E da poche certezze. Tanto che al termine degli incontri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha elencato le alternative. «O si appoggia un esecutivo con piene funzioni pronto a sciogliersi appena si sarà creata una maggioranza politica e al massimo a dicembre — ha detto il capo dello Stato — o si torna alle urne in autunno o a luglio, ma con grandi rischi».
Uno scenario che ha inevitabilmente provocato qualche brivido nel mondo politico trentino. Soprattutto nel centrosinistra autonomista: la possibile concomitanza tra elezioni politiche e provinciali, infatti, renderebbe tutto più difficile alla coalizione di governo, impegnata dopo il 4 marzo a cercare di distinguere il più possibile i piani nazionali e locali agli occhi degli elettori. Ma anche le elezioni estive potrebbero influire sul risultato di ottobre. Senza contare — per tutte le forze politiche — l’impegno di una doppia campagna elettorale.
«A Mattarella abbiamo espresso preoccupazione e disappunto per il comportamento di alcuni partiti — ha spiegato ieri Julia Unterberger, presidente del gruppo per le Autonomie (di cui fa parte anche il Patt) —. Il voto in estate con la stessa legge elettorale non risolverebbe la crisi. E l’Italia non può permetterselo. Per quanto ci riguarda, abbiamo offerto al presidente i nostri otto voti per la formazione di un governo tecnico. Chiedendo al capo dello Stato che, nel caso in cui il governo tecnico fosse incaricato di elaborare una nuova legge elettorale, lui si faccia garante della tutela delle minoranze linguistiche». Dello stesso avviso anche il segretario del Patt Franco Panizza: «Non avrebbe senso votare con la stessa legge elettorale». Mentre Vittorio Fravezzi allarga le braccia: «Dopo l’approvazione del Rosatellum avevo detto di prepararci a una fase difficile dopo il voto. Ma mai avrei immaginato che la situazione sarebbe stata così complessa». L’ex senatore upt parla di un «quadro che spaventa». E critica Lega e 5 Stelle: «È irrispettoso avanzare date per le elezioni. Si tratta di una prerogativa del capo dello Stato. Ogni giorno assistiamo a uno stucchevole teatrino da eterna campagna elettorale». Che fare, dunque? «Mi auguro che Mattarella metta le forze politiche di fronte alle loro responsabilità. Ci sono scadenze a breve che hanno bisogno di un governo autorevole: penso all’importante consiglio d’Europa convocato per fine giugno. Ma penso anche alla manovra finanziaria, che se non verrà approvata in tempo porterà a un aumento dell’Iva dal 2019: questi sono i veri nodi sui quali ci interroga la gente, sui quali si devono dare risposte. Nella storia repubblicana non si è mai verificata una situazione di impasse come questa: vale la pena ricordarlo».
Guarda a Mattarella anche il capogruppo provinciale del Pd Alessio Manica. Che è netto: «Il voto a luglio senza uno sforzo di modifica della legge elettorale — dice — mi sembra destinato al fallimento. Spero che Mattarella governi questa fase andando oltre i tatticismi dei partiti, per il bene del Paese».
E segue le manovre romane con attenzione anche Filippo Degasperi. «Dal referendum — osserva il consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle — siamo ormai in campagna elettorale perpetua. E per movimenti non strutturati come noi, la stanchezza può farsi sentire». Ma la posizione dei partiti, ammette Degasperi, non è incomprensibile: «L’ipotesi di una nostra intesa con Berlusconi è fuori da ogni logica, così come quella con Renzi. La linea di Salvini ha una sua ragionevolezza, perché rispetta n la coalizione alla quale ha aderito prima del voto. Anche se mette a rischio il futuro di questa legislatura». E il voto anticipato? «Se si torna a votare — dice Degasperi — la palla passa ai maghi. Non so cosa potrebbe succedere. Di sicuro, un voto a luglio condizionerebbe le provinciali. Del resto, anche le politiche di marzo lo hanno fatto: se avesse vinto il centrosinistra, non si discuterebbe della leadership di Rossi».