Nessuna invasione di migranti, anzi numeri in calo. Emerge dai dati sul fenomeno in Trentino, proposti a margine della presentazione della Settimana dell’accoglienza. «A fronte di una ventina di persone che entrano ogni mese — spiega Pierluigi La Spada, responsabile Cinformi — ce ne è una trentina che esce». Il totale di richiedenti asilo in provincia è calato dai 1.800 di agosto agli attuali 1.599.S. Voltolini, "Corriere del Trentino", 19 aprile 2018
Marco Minniti a breve non sarà più ministro dell’Interno, ma la politica del governo uscente di cui è espressione in tema di sbarchi e migrazioni a quanto pare sta dando i suoi frutti. Anche in Trentino. Le uscite dal progetto di accoglienza gestito dalla Provincia in accordo con lo Stato superano le entrate, secondo quanto precisa Pierluigi La Spada, responsabile del Cinformi, a margine della presentazione della Settimana dell’accoglienza. «Il nostro compito è fare il pieno di umanità, non di consensi» dice invece Vincenzo Passerini illustrando la manifestazione che l’anno scorso ha coinvolto 200 organizzazioni. «Accogliere e tutelare il più debole è un dovere per la comunità. Tutti noi un giorno possiamo essere soggetti in difficoltà e avere bisogno di aiuto».
Il calo
«Da agosto i flussi migratori attraverso gli sbarchi via mare in Italia sono rallentati e attualmente le uscite dal progetto trentino di accoglienza superano le entrate», afferma La Spada. «A fronte di 15-20 persone che entrano ogni mese, ce ne sono una trentina che escono. Non assistiamo più agli arrivi di gruppi numerosi provenienti dagli sbarchi. Si tratta ora di persone che arrivano per lo più autonomamente». Il totale di richiedenti asilo ospitato è passato da 1.800 nell’agosto 2017 a 1.599, secondo l’ultimo dato disponibile (gli ospiti sono alloggiati in 70 Comuni trentini). Le uscite possono avere motivi diversi. C’è chi, spiega il Cinformi, ha ottenuto l’assenso alla protezione internazionale e nel frattempo ha trovato lavoro e comincia a rifarsi una vita nel luogo di accoglienza e viceversa coloro che hanno ricevuto il diniego e devono lasciare l’Italia.
La Spada si sofferma anche sulla situazione del campo della Protezione civile di Marco, struttura di prima accoglienza. «Se a gennaio, all’epoca della protesta, erano 234 gli individui ospitati, ora sono 162. Qualora venisse deciso di chiudere le strutture di prima accoglienza, che hanno circa 500 ospiti, avremmo bisogno di un centinaio di appartamenti».
L’evento
Un richiamo al valore dell’aiuto e dell’ospitalità viene dai promotori della Settimana dell’accoglienza 2018, la cui quarta edizione si terrà dal 29 settembre al 7 ottobre (anticipata di 7 giorni per non sovrapporsi alla campagna elettorale delle provinciali).
«L’evento costituisce un motore di iniziative spontanee del territorio» spiega Passerini, presidente in regione del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza. Il meccanismo si è messo in moto. «Noi — prosegue — lanciamo il tema di quest’anno, “Persona e comunità. Coltivare i doveri, promuovere i diritti”. Poi attendiamo accanto agli eventi gestiti direttamente dal Cnca le proposte del territorio, di Comuni, Comunità di valle, associazioni. Entro luglio, così da presentare a inizio settembre il programma definitivo».
Nel merito, Passerini si sofferma sul significato dell’ospitalità e del tema scelto. «L’intreccio tra doveri e diritti è affascinante. Non è solo una questione di rispetto delle regole. Assistiamo nei confronti dei più deboli alle speculazioni politiche e alle intimidazioni da parte di soggetti neofascisti che non vanno tollerati. E in generale sul tema delle migrazioni vediamo le strumentalizzazioni di chi cerca facili consensi. Noi vogliamo fare il pieno di umanità, non di voti, e su questo cerchiamo di sensibilizzare i cittadini. Bisogna sì che tutti rispettino le regole, ma anche che non vengano mai dimenticati i più deboli. Tutti possiamo entrare in questa categoria in un momento della nostra vita e avere bisogno degli altri».
L’ex consigliere provinciale cita anche gli atti intimidatori contro i profughi nei paesi trentini, da Baselga di Piné a Roncone, l’ultimo a San Lorenzo Dorsino. «La comunità deve condannare tali gesti e resistere. Il pericolo non sono i migranti, ma i violenti, chi commette queste azioni. Io mi auguro che nelle prossime amministrative i partiti si confrontino sulle proposte per migliorare il Trentino, per combattere la disoccupazione. Il problema non sono i profughi ma le politiche capitalistiche che hanno causato la crisi. Non si può permettere una guerra tra poveri che colpisce bambini, stranieri, anziani, tutti i soggetti de
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