Per spiegare con efficacia le ricadute positive di un viaggio legale e sicuro, il consigliere provinciale Mattia Civico ha preso a prestito le parole di Badee’ah. «Qualcuno è stato con noi, qualcuno ci ha aspettato e qualcuno ci ha offerto un posto dove restare», ha detto la donna siriana, capostipite della prima famiglia arrivata in Trentino, nel 2016, grazie a un corridoio umanitario aperto dall’Italia.M. Damaggio, "Corriere del Trentino", 17 aprile 2018
Già cinquanta le persone accolte in provincia. Precisamente dieci famiglie che hanno via via acquisito status ed emancipazione, abitativa e occupazionale. Un modello che, nel mezzo di un’escalation sui cieli di Damasco, il Trentino intende proseguire.
«Questa è l’intenzione e questo è l’impegno che il Trentino ha deciso di portare avanti, attraverso un progetto non solo valido ma capace di dare dignità alle persone», spiega Mattia Civico che sin dal principio s’è speso per attivare il primo corridoio umanitario, ossia un ingresso legale in Italia attraverso un visto umanitario consegnato prima ancora di partire. Dopo il protocollo d’intesa pilota — siglato da ministero degli affari Esteri, Viminale, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia e tavola Valdese — a dicembre 2017 è stato rinnovato l’impegno sino al 2020. Mille i visti previsti. E il Trentino non si tirerà indietro. I contatti con i campi profughi del Libano, infatti, proseguono. La priorità è ricongiungere le famiglie, attraverso viaggi non rischiosi e destinati a nuclei selezionati. «C’è una società civile e ci sono luoghi dove l’accoglienza è davvero piena», ha spiegato ancora Civico che, ieri pomeriggio, ospite del Centro Astalli ha raccontato l’esito di un percorso, iniziato due anni fa. Cinquanta le donne, gli uomini e i bambini siriani arrivati in Trentino. Dieci famiglie, la prima arrivata a febbraio 2016. Un grande nucleo composto da ventinove persone, di cui diciotto minori, diventate trenta pochi mesi dopo con la nascita di un piccolino. Sono seguiti altri due arrivi. Fino all’ultima famiglia, composta da sette persone, atterrata lo scorso gennaio in Italia.
«Oltre 65 milioni di profughi rappresentano un’umanità che ci deve interpellare - ha rimarcato Civico — Quando i numeri saranno storicizzati, qualcuno ci chiederà cosa abbiamo fatto e saremo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità». Dello stesso avviso è l’assessore alle politiche sociali, Luca Zeni. «Questo momento ci chiama a una responsabilità ben più ampia — ha esordito a Villa Sant’Ignazio — Dobbiamo essere parte di una comunità internazionale e non possiamo sottrarci». Specie in questo momento, dopo un anno che ha segnato un calo sensibile degli arrivi (119.369, rispetto ai 181.436 del 2016) malgrado la percezione diffusa. «Sono 1.603 le persone accolte in Trentino — ha ricordato Zeni — Usciti da un periodo di flussi straordinari, ora si apre una fase in cui è possibile strutturare politiche di accoglienza diffusa».
Ma qui, pensando alla discrasia tra numeri in calo e mistica popolare, Zeni si rivolge alla politica: «Mi rendo conto che alimentare le paure può essere un modo per capitalizzare i consensi, l’abbiamo visto alle ultime elezioni — ha detto — Ora si aprirà una nuova campagna elettorale in Trentino e mi auguro ci sia maggiore responsabilità. Non possiamo avvelenare il clima di una comunità che sa accogliere e, soprattutto, sa ben gestire una situazione non caratterizzata dall’urgenza».
«I muri da valicare non sono solo quelli fisici, dei mari, ma sono anche simbolici, come il silenzio che avvolge persone che ormai rischiano d’essere invisibili», ha spiegato Stefano Graiff, presidente del Centro Astalli che da gennaio ha accolto una famiglia di sette persone. E proprio ieri, da Verona, per loro è arrivato il riconoscimento dello status di rifugiati.
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Corridoi umanitari, l'accoglienza trentina per i profughi siriani. "Persone, non numeri", D. Baldo, "Il Dolomiti", 17 aprile 2018
TRENTO. "Di solito c'è chi applaude quando l'aereo atterra, ma quella volta l'applauso è partito al decollo - ricorda Giuseppe Marino del Centro Astalli - partito spontaneo dalle mani piccole dei bambini". Parla del viaggio di ritorno dal Libano, del corridoio umanitario che si era aperto per centinaia di profughi siriani. Alcuni di quei bambini sono oggi in Trentino, accolti con le loro famiglie.
I profughi siriani in Trentino sono ormai una cinquantina. "L'ultimo nucleo di 7 persone è ospite proprio al Centro Astalli, altri sono stati accolti dalla Diocesi - spiega Mattia Civico - e fa parte delle 1.200 persone accolte negli ultimi anni dall'Italia in 18 regioni diverse, grazie alla mobilitazione della Comunità di Sant'Egidio, della Tavola Valdese, della Cei".
Ma oltre i numeri, prima dei numeri, le persone. "I corridoi umanitari nascono dall'incontro - spiega infatti Civico - per dare risposte non ai numeri ma agli uomini, alle donne e ai bambini che hanno ciascuno un nome. Non li abbiamo aspettati dall'altra sponda".
Sono andati a prenderli, a conoscerli. "I Corridoi umanitari sono spiegati efficacemente da Badia, tra i primi profughi ad essere accolti in Trentino: 'Qualcuno è stato con noi, qualcuno ci ha aspettato e ci ha fatto trovare un posto'".
L'esperienza dei Corridoi è ormai parte del sistema di accoglienza Trentina. Anche la Provincia ha deciso di sostenere l'iniziativa, finanziandola all'80%. "Siamo parte di un sistema, ma siamo parte anche di una comunità, della stessa umanità - ha sottolineato l'assessore Luca Zeni - non potevamo starne fuori".
Ricorda che l'avvio 'istituzionale' all'esperienza dei Corridoi umanitari nella nostra provincia prende le mosse dalla mozione presentata in Consiglio provinciale da Mattia Civico. "Questo ci ha riportato a una dimensione più alta, dentro una visione complessiva".
"L'evidenza della tragedia in corso in Siria - spiega l'assessore - non può far dubitare sulla validità di questo progetto. Progetto che dovrebbe coinvolgere tutti i Paesi europei". L'assessore si sofferma anche sui numeri generali dell'accoglienza trentina: "Siano a 1.603 richiedenti asilo - spiega - un dato diminuito da quando nei mesi scorsi si è sfiorata la soglia dei 1.800".
"Una gestione del tutto ordinaria, con mille persone all'interno degli appartamenti, con interazioni positive con la popolazione". Ma non basta per evitare tensioni, come quella di San Lorenzo Dorsino. "C'è chi questa tensione la alimenta - ammette - e forse questo paga elettoralmente. Ma c'è una responsabilità politica enorme per coloro che avvelenano il clima della convivenza".
"E' vero che il tema dell'accoglienza è spesso utilizzato per cavalcare il consenso - spiega Stefano Graif, presidente del Centro Astalli - ma a questo dobbiamo opporci con elementi di verità: non c'è nessuna invasione. La comunità trentina è ospitale ma non è più se stessa, bombardata dalla propaganda di chi strumentalizza politicamente il fenomeno migratorio".
E' lui che parlando dei milioni di profughi nel mondo introduce il termine 'invisibili'. "Di loro nessuno parla, spesso confinati in luoghi lontani difficili da conoscere. C'è il muro del mare a volte invalicabile, ma è ancor più alto il muro del silenzio".
Toni Mira, caporedattore di Avvenire, anche lui al Centro Astalli per presentare i risultati raggiunti dal progetto dei Corridoi umanitari, torna sui fatti di San Lorenzo Dorsino. "Il mio sguardo è esterno - afferma - abituato a viaggiare in tutta Italia. Si sta parlando di sette persone - sottolinea - non dei15 mila di Castel Volturno, o delle centinaia e centinaia di Rosarno".
"I recenti sviluppo della guerra in Siria muovono altre ondate di profughi che vanno ad aggiungersi ad altri profughi in Paesi che ne accolgono milioni, non migliaia, non sette. Nel mondo sono 65 milioni, la popolazione di un'intera nazione".
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