Intervento in Aula di Margherita Cogo a proposito del Ddl sulla violenza di genere

Trento, 2 marzo 2010
L’impegno dei movimenti femminili a livello internazionale è stato senza dubbio uno sprone fondamentale per far sì che venisse presa in considerazione la possibilità di realizzare delle normative nei diversi paesi europei che tutelassero le donne nei casi di violenza di genere.


Il quadro normativo dei diversi paesi della Comunità è andato incontro a dei rinnovamenti importanti che tengono conto delle indicazioni degli organismi internazionali che stabiliscono alcune linee di tendenza, trasversali a diverse realtà, nell’azione legislativa in materia.

È, infatti, a partire dal 2000 che vanno formulandosi delle leggi sempre più specifiche in tema di violenza di genere e di violenza intrafamiliare.

Mi pare di poter affermare che, a partire dalla Conferenza di Pechino del 1995, nella quale viene sancito che «i diritti delle donne sono diritti umani», inizia a formarsi una nuova consapevolezza rispetto alla questione delle diverse forme di violenza di genere. La Conferenza rappresenta una sintesi delle tappe precedenti che avevano avuto inizio nel 1979 con la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione verso le donne (CEDAW). La Convenzione aveva, allora, suscitato non poche riserve da parte di alcuni paesi, dimostrando quanto diffuse fossero ancora le resistenze a modificare concretamente i meccanismi discriminatori nelle diverse realtà culturali.

L’attuazione di una legislazione ad hoc, che si registra sempre più negli ultimi anni in diversi paesi dell’Unione, da un peso diverso al problema sottolineandone indubbiamente la portata politica ma contribuendo, soprattutto, ad articolare in modo più mirato tutti gli strumenti necessari a combattere la violenza contro le donne.

È andata  mano a mano formandosi, senza dubbio, una chiara consapevolezza del fatto che la violenza è un fenomeno legato alla relazione e alla disparità di potere fra i sessi.

Molti sono gli interventi, a livello comunitario, negli ultimi anni, volti a colmare questo gap culturale legato alle differenze di genere, l’ultimo risale alla seduta plenaria dell’8-11 febbraio scorso che ha visto adottare la relazione di Marc Tarabella (approvato con 381 voti favorevoli – 253 contrari e 31 astenuti) che sottolinea l’importanza di «rafforzare le politiche di parità tra i sessi» rilevando la necessità di  «un maggior numero di azioni concrete e di nuove politiche».

Promuovere l’imprenditorialità femminile, colmare il divario retributivo tra uomini e donne, garantire i servizi di assistenza a bambini e anziani, rivedere il congedo di maternità e introdurre quello di paternità è quanto propone il Parlamento per garantire la parità di genere e conciliare meglio lavoro e famiglia. Chiede poi l’istituzione di “quote rosa”, di adottare una direttiva per la lotta alle violenze sulle donne e di garantire un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto.

Sono profondamente convinta che sia necessaria una politica che promuova a medio e lungo termine un mutamento culturale in grado di scoraggiare anche le forme più lievi di prepotenza e che si impegni a diffondere una cultura attenta al rispetto delle differenze, all’uguaglianza di genere e al reciproco rispetto tra uomini e donne. Una politica in grado di modificare i nostri modelli culturali, agendo soprattutto sulle nuove generazioni, di modo che la relazione fra uomini e donne sia improntata al rispetto della libertà e della dignità della donna, al principio dell’inviolabilità del corpo femminile e all’accettazione dei nuovi ruoli delle donne, attraverso azioni di sensibilizzazione, prevenzione e formazione culturale.

Sul piano legislativo gli interventi si stanno facendo sempre più specifici e mirati. Emerge una generale tendenza all’inasprimento delle pene mentre, in parallelo, diventano sempre più efficaci le misure a protezione e sostegno delle vittime e di coloro che sono testimoni delle azioni violente.

Inoltre, anche sul piano normativo, muta la definizione di violenza andando oltre l’aspetto sessuale e fisico per allargarsi ad altri ambiti, non così “vistosi” o “visibili” come quello psicologico ed economico, ma non per questo meno pericolosi e dannosi.

Una particolare cura viene data alla volontà di declinare tutte le possibilità di “aiuto”, nei diversi ambiti, implementando la sinergia necessaria tra i vari attori che a diverso titolo si occupano di violenza di genere. L’informazione, la sensibilizzazione al problema, la realizzazione di programmi educativi rivolti alle nuove generazioni, così come la formazione specifica del personale e l’istituzione di osservatori in grado di monitorare il fenomeno della violenza di genere stanno diventando i nuovi elementi irrinunciabili nei più recenti disegni di legge.

 

Negli ultimi anni abbiamo assistito, anche nella nostra provincia, a diversi casi di violenza e maltrattamenti sia di ordine fisico che psicologico nei confronti di donne o di minori in un contesto che dovrebbe essere quello di maggior tutela e rispetto della persona: quello familiare.

Sono fermamente convinta che sia di vitale importanza prendere coscienza del fenomeno del maltrattamento e dell’abuso e che sia indispensabile affrontarlo mettendo in campo tutte le possibili strategie per prevenire, contenere e ridurre il fenomeno.

Abbiamo visto come il concetto stesso di violenza sia cambiato nel corso del tempo e l’idea di cosa costituisca violenza contro le donne, di quali ne siano le caratteristiche e i confini, dipende in modo sostanziale dal paese e dal tipo di società in cui si vive, dalla cultura e dalla storia di ognuno di noi. È proprio per questo che, in relazione a quella che si vorrebbe considerare alla stregua di una società moderna al passo con i tempi, un sistema sociale evoluto che sia in grado di offrire risposte concrete al problema della tutela e del rispetto degli individui che vi partecipano attivamente, ci pare indispensabile offrire un servizio in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini anche e soprattutto in situazioni di necessità e di emergenza.

In Italia, secondo i dati Istat e del Ministero dell’interno, nel corso 2008 un milione di donne ha subito violenza fisica o sessuale e nei primi sei mesi del 2007 ne sono state uccise 62, 141 sono state oggetto di tentato omicidio, 1.850 sono state abusate, 10.383 sono state vittime di sevizie o maltrattamenti.

Dal 2004 al 2005 le violenze sessuali sono aumentate del 22 % e 1 caso su 3 di decessi, conseguenti a violenze carnali, riguarda donne uccise dal marito, dal convivente o dal fidanzato.

La violenza è la prima causa di morte delle donne tra i 16e i 50 anni. Fa più vittime delle malattie, degli incidenti e non conosce confini di appartenenza sociale e di livelli culturali e di istruzione. (fonte Sen.ce Vittoria Franco)

La violenza contro le donne «è la più diffusa violazioni dei diritti dell’umanità senza limiti geografici, economici o sociali» (Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 marzo 2007 sull’uguaglianza di genere).

Ma vorrei ritornare brevemente su cosa si intende con «violenza contro le donne» e vorrei, onde evitare malintesi, fare riferimento al Consiglio d’Europa e in particolare alla Raccomandazione del 2002 del Consiglio dei Ministri agli Stati Membri che parla esplicitamente di «qualsiasi azione di violenza fondata sull’appartenenza sessuale che comporta e potrebbe comportare per le donne che ne sono bersaglio danni o sofferenze di natura fisica, sessuale o psicologica, ivi compresa la minaccia di mettere in atto simili azioni, la costrizione, la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che in quella privata». Sempre questo testo raccomanda ai governi degli Stati membri «Di riconoscere che la violenza maschile contro le donne costituisce un importante problema strutturale della società, fondato su impari rapporti di potere fra le donne e gli uomini e, quindi, di promuovere la partecipazione attiva degli uomini in azioni finalizzate a combattere la violenza nei confronti delle donne.»

Per questo motivo, che secondo me è sotteso a molti casi di violenza di genere, ritengo sia fondamentale provvedere all’adozione di strumenti, strategie e percorsi che, nel medio e lungo periodo, orientino la popolazione culturalmente e socialmente per evitare che gli stereotipi di genere minino il rispetto della persona umana e della su dignità.

Non v’è dubbio che, sia a livello nazionale che locale, i tempi sono maturi per rendersi conto dell’ampiezza del fenomeno, anche in considerazione del fatto che la violenza presenta un’incidenza di “sommerso” altissima.

Se, sotto il profilo repressivo e penale, recentemente la legislazione nazionale ha saputo interpretare una maggiore sensibilità diffusa sul tema della violenza alle donne con: inasprimenti delle pene, la procedibilità d’ufficio, a fronte di una notizia di reato anche in assenza di denuncia, la custodia cautelare se ci sono gravi indizi di colpevolezza per alcuni reati sessuali come induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo, l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo, la riduzione dei benefici penitenziari per i condannati per delitti sessuali e con la definizione del reato di stalking con pene fino a 4 anni per gli autori di molestie ripetute ed ossessive, sul fronte della tutela, della sensibilizzazione, della prevenzione e dell’aiuto e sostegno alle vittime, rimane ancora molto da fare in Italia.

Alcune regioni hanno cercato, negli ultimi anni, di dare una risposta concreta a questo fenomeno anche facendo propria la raccomandazione del Consiglio d’Europa agli Stati membri volta a contrastare il fenomeno della violenza alle donne attraverso politiche coordinate sul territorio, con azioni differenti, attraverso attività di lavoro a rete, affinché la violenza maschile nei confronti delle donne sia considerata un problema sociale prioritario, fondato su relazioni di potere ineguali tra donne e uomini.

Una questione importante, rispetto alla realizzazione di questo disegno di legge, è la necessità di un’assunzione forte d’impegno da parte delle istituzioni nelle azioni di contrasto alla violenza sulle donne.

Il presente disegno di legge vuole, infatti, contribuire a colmare un vuoto normativo nella nostra Provincia definendo strumenti di intervento per la tutela e il sostengo delle donne che vivono in situazioni di disagio o difficoltà in quanto vittime di maltrattamenti fisici e/o psicologici, di stupri e di abusi sessuali e azioni per promuovere, coordinare e stimolare iniziative in grado di prevenire e contrastare la violenza tra i generi, con interventi coordinati fra istituzioni e realtà associative e di volontariato, attraverso azioni efficaci contro la violenza sessuale, fisica, psicologica ed economica, maltrattamenti, molestie e ricatti a sfondo sessuale in tutti gli ambiti.

In prima battuto il disegno di legge prevede che la Provincia attivi un centro di coordinamento delle misure e delle azioni previste da questa legge presso il quale opera personale specializzato.

Si tratta di una legge che mette in campo una serie di servizi a tutela delle donne vittime di violenza: servizi antiviolenza, case rifugio, punti d’ascolto e un fondo di solidarietà. Il fatto poi che vi sia un comitato dedicato nell’ambito del comitato per la programmazione sociale non fa che radicare ancora di più l’intento, da parte della comunità, di farsi carico con forza del problema della violenza contro le donne e impegna a un coordinamento e a un dialogo reciproco tutte le forze coinvolte in una prospettiva di messa in rete delle diverse competenze e delle modalità d’intervento.

È prevista inoltre l’istituzione di un osservatorio provinciale che si faccia carico di analizzare la portata del fenomeno sul territorio e di monitorare l’applicazione della legge, viene inoltre contemplata la realizzazione di interventi di prevenzione e sensibilizzazione e l’impegno di favorire la formazione e l’aggiornamento del personale.

 

A differenza di altre regioni in Italia in Trentino esistono alcune realtà associative che già da tempo operano nel campo della violenza di genere o intrafamiliare. Con questa proposta legislativa non si intende assolutamente trascurarle, ma anzi valorizzarle per il loro importante contributo nel sostegno alle donne e per la loro preziosa esperienza sul campo realizzata con indubbia professionalità.

Un ultimo aspetto importante affrontato con questo disegno di legge è quello culturale. Riteniamo che l’affermazione di una cultura di rispetto nei confronti delle donne e, per contro, di rifiuto delle violenza e della soprafazione di genere rientri tra gli impegni ai quali la Provincia non può sottrarsi. Un contributo alla prevenzione della violenza di genere potrà così venire dalla promozione di campagne informative rivolte a tutti i cittadini e dalla realizzazione di corsi di formazione specifici per gli operatori coinvolti ad ogni livello nell’aiuto e sostegno delle donne ferite.

Un elemento allarmante del fenomeno della violenza nei confronti delle donne è il netto prevalere della violenza intrafamiliare su altri tipi di violenza e questo ci suggerisce che, oltre alle donne, c’è un consistente numero di minori che crescono in un ambiente connotato da tale forma di devianza (quella che in termini tecnici viene denominata “violenza assistita”), quando non la subiscono direttamente sulla propria pelle.

Proprio in considerazione di questo è di fondamentale importanza non limitare l’intervento soltanto alle donne, ma garantire uno spazio rilevante per gli eventuali minori coinvolti proponendo percorsi di recupero dal trauma in un’ottica autonoma, pur tenendo conto della situazione d’insieme, rispetto agli interventi sulla madre.

La violenza sulle donne rappresenta, senza dubbio, un grave problema sociale che va fronteggiato, attraverso un impegno congiunto, sia sul piano politico che su quello operativo. Solo realizzando, infatti, un lavoro trasversale tra le diverse istituzioni, le associazioni di donne e di volontariato, gli amministratori e i tecnici si potrà garantire una maggiore incisività degli interventi. Fondamentale è produrre cambiamenti nel contesto sociale, culturale, politico e legislativo creando così le condizioni perché il fenomeno della violenza possa emergere dal sommerso e trovare delle soluzioni fattive.