Luca Zeni si rivolge alla Val di Fiemme: "Volontà di riconoscere e rilanciare il ruolo dell’ospedale di Cavalese". E anche del Punto nascite

TRENTO. Punto su punto, l'assessore alla Salute Luca Zeni ha voluto riprendere in mano la questione dei Servizi sanitari in val di Fiemme, tornando a parlare dell'ospedale di Cavalese e del tanto discusso Punto nascite. "Una società funziona se funziona la collaborazione tra i diversi livelli - spiega - e chi rappresenta le comunità locali si pone non in ottica meramente rivendicativa, ma al contrario propositiva, comprendendo i complessi iter tecnici e consapevole di essere parte di un sistema interconnesso".
"Il Dolomiti", 16 aprile 2018 

 

Quello che segue è un lungo lettera scritto dall'assessore "quale contributo al confronto". E inizia spiegando che "le valutazioni che l’Assessorato alla Salute e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari possono svolgere si devono basare su valutazioni tecniche e sulla complementare programmazione provinciale".

 

La programmazione della PAT si muove in questo senso su due fronti principali: "Il primo è costituito delle strutture ospedaliere, con la costruzione e  il consolidamento di una rete ospedaliera strutturata. Il principio è dato dal riconoscimento di come, al fine di garantire la massima qualità alle cosiddette prestazioni complesse, sia necessario che vengano concentrate in strutture capaci di garantire l’opportuna casistica".

 

"Questo è un principio cardine della sanità - spiega Zeni - che se non viene compreso rende impercorribile ogni forma di approfondimento successivo. Al contempo lavorare sulla rete ospedaliera, significa anche riconoscere la fondamentale funzione degli ospedali di valle".

 

Ospedali che da un lato "devono disporre di funzioni, anche complesse, che possono essere gestite in loco a fronte di una casistica sufficiente" (l’esempio principe in questo senso è l’eccellente reparto di ortopedia di Cavalese), dall’altro devono garantire tutti quei servizi di prossimità che possono evitare spostamenti comunque disagevoli ai cittadini". 

 

Ma c'è anche un secondo fronte "su cui sempre di più si dovrà investire è rappresentato dalla cosiddetta medicina di territorio". Le riforme avviate negli ultimi anni "dovranno garantire risposte alla vera emergenza sociale in atto: l’aumento delle cronicità collegato all’aumento dell’invecchiamento della popolazione".

 

In questo senso vanno letti i passaggi dell’individuazione, all’interno della riorganizzazione dell’APSS, della figura del Coordinatore dell’Integrazione Ospedale e Territorio, al fine di migliorare la continuità del percorso assistenziale delle persone.

 

"Il protocollo firmato con l’IPASVI sull’implementazione degli infermieri di comunità per valorizzare sempre di più sul territorio figure professionali non mediche che hanno raggiunto un alto livello di competenza; la riforma del welfare anziani e lo Spazio argento che ha trasferito sui territori la competenza per svolgere politiche per gli anziani a 360°; il piano demenze; la rete delle cure palliative; la rete oncologica e via via tutti quei servizi che garantiscono i 9 milioni di prestazioni sanitarie che ogni anno vengono erogate dal nostro Sistema sanitario provinciale" .

 

Dopo la premessa che Zeni definisce "doverosa", l'assessore tocca i punti specifici. Primo tra tutti quello dell'edilizia sanitaria: "Nel territorio delle Valle di Fiemme dobbiamo sempre tenere presente l’investimento strategico e importante dal punto di vista finanziario, che è stato fatto per il nuovo ospedale di Cavalese: 30 milioni di euro già stanziati e concorso di idee di progettazione concluso con affidamento della progettazione definitiva avvenuto".

 

Un investimento così rilevante "è la prima prova evidente della volontà di riconoscere e rilanciare il ruolo dell’ospedale di Cavalese". Per Zeni "è necessario partire da qui perché, per quanto non ancora fisicamente presente, il nuovo ospedale impone di ripensare e rivalutare i servizi presenti o prospettati in Valle di modo che siano coordinati e funzionali con esso".

 

È il caso della Casa della Salute di Predazzo che è prevista all’interno del Piano per l’edilizia sanitaria per la XV legislatura (con relativa previsione di finanziamento per l’importo di 2,3 milioni di euro); al momento la valutazione sul progetto preliminare risulta sospesa in considerazione del fatto che il nuovo ospedale di Cavalese prevede spazi adeguati per dare copertura anche a numerosi servizi territoriali, che andranno coordinati con il sistema dei servizi di tutta la valle.

 

Per quanto riguarda l’attuale struttura ospedaliera "è importante precisare che da parte dell’Assessorato alla salute è già stato richiesto al Dipartimento Affari Finanziari il prelievo dal fondo di riserva per il finanziamento dei lavori da eseguirsi presso l’Ospedale", spiega Zeni.

 

In essi rientrano anche i lavori di adeguamento del pronto soccorso. Come peraltro già comunicato dall’Azienda al Presidente Zanon, per tale intervento risultano necessari 2 mesi circa per il progetto e 3 mesi circa per la gara d’appalto. L’intervento verrà poi realizzato in circa 5 mesi (lavori e collaudi).

 

Altro tema inerente all’Ospedale di Cavalese è quello legato alla Risonanza Magnetica: "Anche in questo caso voglio sottolineare che sono già state programmate ed assegnate le risorse pari ad 1 milione di euro per la sostituzione della risonanza magnetica e per gli interventi edilizi necessari".

 

Zeni arriva anche alla questione del Punto Nascita, e ripercorre tutta la vicenda. "Comunità scientifica internazionale e Ministero della Salute concordano nel ritenere che i Punti Nascita con ampia possibilità di casistica (almeno 1.000 parti all’anno) siano da considerare più sicuri, per il nascituro e per le partorienti, di quelli con dimensioni e casistica contenute".

 

"Tutto ciò premesso - afferma Zeni - la Provincia si è fatta promotrice di una richiesta al Ministero della Salute affinché, nel valutare e determinare gli standard di sicurezza dei Punti Nascita territoriali, venissero prese in considerazione anche le condizioni orografiche dei territori che afferiscono alla struttura ospedaliera".

 

Il Ministero ha recepito quest’osservazione," tant’è che ha aperto alla possibilità di concedere una deroga alla chiusura dei PN con meno di 500 parti l’anno qualora ci fossero determinate situazioni orografiche di svantaggio e al contempo venissero comunque garantite le condizioni di sicurezza per il nascituro e per le partorienti".

 

"Prima di proseguire con la descrizione di quanto è stato fatto sul Punto nascite di Cavalese - sottolinea Zeni - dobbiamo però essere molto chiari sul seguente punto: la politica ha il dovere di affidarsi alle valutazioni scientifiche esarebbe profondamente scorretto se volesse forzare in qualunque modo tali valutazioni".

 

I Punti Nascita con un numero elevato di parti/anno sono maggiormente tutelanti per donne e nascituri, questo dato vale anche per il Trentino. "Ribadire questo concetto è necessario per chiarire che il dibattito attorno alla riattivazione del Punto Nascita di Cavalese non verte attorno ad un aumento della sicurezza per le donne e per i nascituri". 

 

"Chiunque usi strumentalmente questo tema per ingenerare l’idea che ci sia un deficit di sicurezza con il Punto Nascita sospeso lo fa in contrasto con tutte le indicazioni scientifiche e perseguendo altri fini. Ed è forse opportuno ricordare che i parti cosiddetti precipitosi non riguardano la questione dei punti nascita: da molti anni sono circa 10-15 all’anno".

 

Nonostante nel mondo sanitario sia preponderante l’idea che si dovrebbero semplicemente chiudere automaticamente tutti i punti nascita piccoli, Zeni ribadisce il ruolo della politica.  "Ha il dovere di tenere in considerazione le richieste e le esigenze dei cittadini. In questa prospettiva in Val di Fiemme i cittadini hanno segnalato con forza l’esigenza di tornare a disporre di un Punto Nascite attivo per garantire così maggiore serenità alle future mamme".

 

Da qui la decisione politica di richiedere la deroga con il fine di attivare il comitato tecnico preposto (CPNn) a stabilire la presenza o meno dei presupposti necessari al suo ottenimento. "Questo è quindi la posizione della Provincia: muoversi per mantenere una rete di punti nascita sul territorio, non però limitandosi a proclami che potessero far credere al cittadino che la politica possa decidere a prescindere dalle valutazioni tecniche sulle condizioni di sicurezza".

 

Segue il dettaglio dell'intervento dell'assessore alla Salute Luca Zeni che ricostruendo tutta la vicenda evidenzia la volontà della Provincia di arrivare alla riapertura del Punto nascite di Cavalese:

 

In data 02/02/2016 la P.A.T. ha quindi presentato domanda di deroga per tutti e 4 i punti nascita sotto soglia (Arco, Cavalese, Cles e Tione). Nei mesi successivi la richiesta è stata più volte integrata sulla base di specifiche richieste del Comitato Percorso Nascita nazionale l’organismo tecnico deputato alla valutazione delle domande di deroga.

 

In data 22/06/2016 il Ministero, fatte proprie le valutazioni del CPNn, ha comunicato alla P.A.T. il responso positivo per i PN di Cavalese e Cles e quello negativo per Arco e Tione (nel frattempo già chiuso), sui quali non possiamo che rispettare la valutazione del comitato tecnico nazionale.

 

La concessione della deroga veniva comunque subordinata al rispetto dei requisiti inerenti al personale come per tutti i Punti Nascita operanti in Italia. Tra gli altri la presenza in guardia attiva (H24) dell’anestesista, del ginecologo, del pediatra e dell’ostetrica. Condizione apparsa fin da subito come complicati da soddisfare. Una deroga quindi non “sine die”, ma concessa a determinate condizioni e che consentiva la possibilità, e non l’obbligo (come qualcuno sostiene erroneamente), di mantenere in attività il Punto nascita. 

 

In data 14/02/2017 è stata inviata al Ministero una comunicazione inerente allo stato dell’arte dei Punti Nascita di Cavalese e Cles, in risposta alla quale il CPNn ha poi elaborato il parere sospensivo della deroga per il Punto nascita di Cavalese (per la mancanza di personale) e confermato l’operatività di quello di Cles.

 

A fronte di quanto contenuto nel secondo parere la P.A.T. si è mossa seguendo due direttrici. La prima è stata la ricerca e il reperimento delle figure professionali necessarie. L’APSS ha dato la più ampia visibilità possibile a tali concorsi (che va ricordato sono la modalità principale per poter assicurare risorse professionali qualificate e stabili nel tempo), che sono stati decine e con tutte le modalità possibili, oltre ad attivare bandi per la mobilità interrogionale.

 

Nonostante questo le difficoltà nel reperire il personale necessario sono perdurate. Ciò accade perché in tutte le aziende sanitarie italiane in questo momento c’è una forte richiesta di pediatri, anestesisti e ginecologi, la domanda è elevata, l’offerta scarsa. I singoli medici sono quindi nelle condizioni di ricercare le opportunità maggiormente confacenti alle loro esigenze professionali e personali; è infatti chiaro che è solitamente più appetibile un centro nascite con alta casistica, con prospettive di crescita professionali importanti, rispetto ad uno con poche nascite.

 

La seconda direttrice su cui P.A.T. e APSS si sono mosse è stata quella di intervenire a monte, chiedendo cioè allo Stato – per le zone valutate disagiate dal punto di vista orografico – una declinazione diversa degli standard di sicurezza legati al personale. Questa linea è stata perseguita fin da subito. Già nella domanda di deroga, infatti, erano contenute delle ipotesi operative in cui l’assistenza pediatrica poteva essere garantita attraverso il modello di pronta disponibilità con rientro in servizio attivo in caso di travaglio (non quindi con presenza h24). Ciò avrebbe consentito di ridurre il numero di pediatri necessari da 6 a 4.

 

Inoltre è stato attivato un gruppo di lavoro, al quale sono state invitate le altre regioni interessate al tema, per formulare delle proposte tecniche; al momento non ci sono pervenute però proposte da alcuna delle altre regioni coinvolte.

 

Tuttavia è bene ricordare che un grosso risultato in tal senso è stato ottenuto recentemente, poichè il CPNn ha riconosciuto alla PAT la possibilità di mantenere l’attività del punto nascita appoggiandosi anche a personale non dipendente (i cosiddetti gettonisti), in attesa di riuscire ad assumere tutto il personale necessario. Si tratta di una novità di fondamentale importanza e per nulla scontata. In nessun altro caso precedentemente era stata riconosciuta tale possibilità.

 

A fronte infatti di un’ulteriore  richiesta della PAT al CPNn di poter procedere con la ripresa dell’attività del PN di Cavalese, il Comitato si è espresso da un lato riconoscendo -per la prima volta in Italia- la già citata possibilità di usufruire dei cosiddetti medici gettonisti, dall’altro interpretando però l’eventuale ripresa dell’attività del PN non tanto come il termine di un periodo di sospensione, quanto come una nuova apertura del Punto Nascita e subordinando quindi la cosa alla contestuale operatività degli adeguamenti strutturali ritenuti necessari.

 

Da precisare che la necessità di adeguare gli spazi era naturalmente nota a tutti, essendo prevista nei documenti di deroga, e tale obbligo era soddisfatto nella progettazione del nuovo ospedale (così come Cles è in attività mentre si sta operando per adeguare la struttura); sarebbe stato del tutto illogico prevedere dei lavori complessi e onerosi non necessari nella struttura esistente, in prossimità di avere il nuovo ospedale.

La Provincia ha contestato l’interpretazione del comitato nazionale, che per la prima volta in Italia si è dovuto esprimere sulla richiesta di riapertura di un punto nascita sospeso, ed ha invitato ad un sopralluogo il comitato stesso.

 

Infatti la realizzazione di una seconda sala parto e di una nuova sala operatoria presso l’attuale ospedale di Cavalese comporterebbe degli interventi strutturalmente complessi ed importanti, con il conseguente tempo necessario alla realizzazione.

 

A tal riguardo l’APSS, su mandato dell’Assessorato provinciale alla Salute, ha scandagliato tutte le soluzioni tecniche possibili per poter recepire le indicazioni del CPNn adeguando le strutture esistenti, in alternativa alla costruzione ex-novo delle sale richieste.La visita del dottor Jorizzo, Presidente del Comitato Percorso Nascita nazionale, all’ospedale di Cavalese, del 4 aprile scorso, si inserisce in questa prospettiva. A lui i vertici dell’APSS hanno infatti presentato alcune delle ipotesi di lavoro, in questo senso individuate.

 

A seguito del sopralluogo è stato concordato che APSS elaborerà formalmente le proposte attualmente in fase di studio, in modo che il CPNn possa esprimersi in merito avvallandole. P.A.T. e APSS in definitiva, stanno lavorando attivamente per garantire gli standard di sicurezza indispensabili ad ottenere l’approvazione del CPNn e così poter riaprire il Punto Nascita di Cavalese già nei prossimi mesi. Ma deve essere chiaro che il dovere imprescindibile di garantire la sicurezza di donne e nascituro, oltre che la normativa vigente, non consentono di fare promesse politiche campate in aria.

 

La Provincia ed APSS erano state cristalline nello spiegare il piano di assunzioni che ci avrebbe portato a coprire, anche con gettonisti, il personale necessario per l’attivazione del punto nascita entro metà aprile condizionandolo al parere del comitato nazionale, e così è accaduto e si stanno completando le assunzioni, con mandato all’APSS già dato di procedere alle procedure di formazione, comprese le ostetriche. 

 

Allo stesso modo vogliamo essere chiari nel rassicurare che l’APSS sta già predisponendo delle proposte che recuperando degli spazi esistenti possano soddisfare temporaneamente i requisiti strutturali richiesti, in modo da poter riprendere l’attività in tempi brevi, pochi mesi. Proposte non “buttate lì” alla buona come qualcuno ha provato a fare, ma concrete e percorribili. Al contempo è doveroso ricordare che occorrerà comunque l’avvallo del comitato nazionale percorso nascita prima di riaprire.

 

In conclusione desidero ringraziare i tanti amministratori che in questi mesi, senza indulgere a facili strumentalizzazioni, hanno sostenuto il faticoso e costante lavoro che la Provincia ha messo in campo per trovare quelle soluzioni concrete le quali, nel rispetto delle normative vigenti, rispondano ai reali interessi ed esigenze dei cittadini trentini.

 

Una società funziona se funziona la collaborazione tra i diversi livelli, e chi rappresenta le comunità locali si pone non in ottica meramente rivendicativa, ma al contrario propositiva, comprendendo i complessi iter tecnici e consapevole di essere parte di un sistema interconnesso.