«Nessuno pensa a cambiare l'originale con una fotocopia», spiega un alto dirigente Upt. «Il braccio destro del presidente come candidato presidente? Non scherziamo, non è questo il segnale di rinnovamento che dobbiamo dare», gli fa eco un colonnello Pd. La carta Carlo Daldoss, la «carta coperta» del Patt nel caso gli alleati di Pd e Upt alla fine mettessero il veto al bis di Ugo Rossi, pare destinata a restare poco più di una boutade.C. Bert, "Trentino", 12 aprile 2018
Del resto l'assessore tecnico chiamato nel 2013 dal governatore in giunta, e oggi ormai organico al Patt, è stato in questi mesi candidato un po' a tutto: capo di una lista civica dei sindaci a sostegno del presidente, poi candidato a essere un nuovo tesserato Patt (la tessera, per la cronaca, non l'ha presa), poi ancora regista di una civica, ora possibile sostituto del presidente in carica, di cui è uno degli uomini più fidati. Daldoss vanta un rapporto consolidato con tanti amministratori che ha frequentato in questi anni da assessore all'urbanistica e agli enti locali. E pur avendo una lunga esperienza politica alle spalle, cominciata nella Dc, è giovane per quanto riguarda la sua presenza sulla scena che conta, in Provincia. Dunque poco usurato e più spendibile, hanno pensato in molti dentro il partito autonomista.
L'ipotesi di un suo possibile impegno diretto non è stata (naturalmente) neppure sfiorata martedì sera al vertice di coalizione, dove il segretario del Patt Franco Panizza ha anzi incalzato gli alleati a riconfermare Rossi in tempi brevi: «Un presidente si cambia dopo un mandato se è un incapace, se ha clamorosamente fallito in qualcosa («Il 4 marzo qualcosa è successo», ha obiettato il verde Marco Boato, l'unico al tavolo ad aver detto un secco no alla riconferma del presidente in carica, ndr) o se la coalizione è cambiata e il presidente non ne rappresenta più l'unità». Ma Panizza ha per ora incassato solo il sostegno di Giuseppe Detomas (Ual). Pd e Upt, ovvero gli altri maggiori azionisti della coalizione - come del resto avevano annunciato - non hanno sciolto le riserve. Anzi hanno chiesto tempo. La delegazione Upt ha insistito molto sul tema del rinnovamento, filo conduttore del percorso costituente appena avviato dal partito.
In casa Pd il giorno dopo il vertice si ribadisce: «Abbiamo riportato ordine, prima vengono il profilo della coalizione e il programma. Poi si parlerà di nomi». Ieri in consiglio Rossi ostentava serenità, anche se la prospettiva di restare in stand by per settimane non dev'essere allettante. Ma il governatore sa anche che gli alleati che vorrebbero sostituirlo non hanno in questo momento un nome alternativo pronto. Ed è su questo che giocherà le sue carte di restare in sella.
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Una figura autorevole ed esterna ai tre principali partiti della coalizione, dall’immagine nuova, capace di mettere d’accordo Pd e Upt senza scontrarsi contro il niet assoluto del Patt. È la strada strettissima che stanno seguendo i democratici per non arrendersi al Rossi bis, evitare la comunque improbabile candidatura di Francesco Valduga e il gattopardesco cambio di Ugo Rossi con Carlo Daldoss. Sul fatto che questo «papa straniero» esista i dubbi superano le certezze, ma Pd e Upt hanno poche settimane per trovarlo.
Al vertice di martedì il Patt, con Franco Panizza, ha provato ad accelerare sul nome del candidato presidente. Il Pd, con Giuliano Muzio, ha opposto la necessità di dare priorità al programma. L’Upt ha mediato riconoscendo una certa urgenza alla materia, ma poi ha battuto il tasto del «rinnovamento» ribandendo con garbo la propria ritrosia al Rossi bis. In sostanza, il vertice è servito a ribadire che la coalizione esiste ancora, ma ha rimandato il vero nodo da sciogliere: la scelta del candidato presidente.
L’Upt, nonostante le probabilità calino di giorno in giorno, vorrebbe sostituire Rossi con Valduga. Di fatto, gli ha già offerto le chiavi di ciò che resta del partito. Il sindaco di Rovereto, però, è da mesi fermo a metà del guado, incerto se dare vita a un polo di centro alternativo al centrosinistra, o se cedere alle lusinghe di buona parte dell’Upt. Se, a dicembre, il suo avvicinamento pareva cosa fatta, il voto del 4 marzo lo ha nuovamente bloccato: una buona parte degli amministratori che hanno dato vita al gruppo dei «civici» resta ostile al centrosinistra, quando non è già organico a Civica Trentina di Rodolfo Borga con lo sguardo chiaramente rivolto a destra. In realtà, qualche sostenitore Valduga lo trova anche nel Pd. Il ragionamento di alcuni dem è: «Per riottenere la maggioranza ci servono voti nuovi, inutile candidare uno della nostra area, Valduga ci garantisce l’allargamento di cui abbiamo bisogno». Uno dei punti a favore del sindaco è l’orgoglio dei roveretani, che pur di avere un presidente «di Rovereto» lo voterebbero in massa. «Come possiamo anche solo pensare di candidare a presidente chi si è candidato, vincendo, contro di noi a Rovereto?» è la risposta degli altri dem, che dubitano pure del perdurare del suo consenso a Rovereto.
Un’altra carta da tempo nel mazzo delle possibilità è quella di Carlo Daldoss. I suoi limiti sono noti: l’ormai ex assessore tecnico, ora organico al Patt, ha cominciato a far politica nella Dc degli anni ‘80, per 20 anni sindaco di Vermiglio, per due mandati nel cda di A22, nel 2008 candidato nella sfortunata (non ammessa) lista dell’Udc, difficile fare di lui il «volto nuovo». Eppure, secondo alcuni esponenti tanto del Pd che dell’Upt, sarebbe «meglio di niente», «almeno — è il ragionamento — per l’elettorato rappresenterebbe un nome nuovo rispetto a quello di Rossi». Per il Patt sarebbe la rinuncia meno traumatica a Rossi che però difficilmente potrebbe fare l’assessore tecnico della giunta Daldoss. In altre parole, Rossi sarebbe fuori dai giochi e questo riporta il ragionamento al punto di partenza.
Per questo, i democratici continuano a cercare un nome «esterno» alla coalizione, una figura in grado di dare l’idea di un cambiamento non di facciata. Il problema non è solo che di nomi plausibili ce ne sono pochi: cosa potrebbero dire oggi i dem a un candidato disposto a metterci la faccia? Nulla, dato che Rossi pare tutt’altro che intenzionato a farsi scalzare. I diversivi servono anche a cercare di convincere il Patt a non considerare inamovibile Rossi. «Ma alla fine — prevede un dirigente dem — andrà come è sempre andata in Trentino: la prima a cedere sarà la sinistra».
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