«O vinciamo insieme o perdiamo insieme», avverte Giuliano Muzio mentre conferma all'assemblea la sua disponibilità ad essere il nuovo segretario del Pd Trentino. Ma il candidato unico alla segreteria Dem - individuato dai quadrumviri (Donata Borgonovo Re, Alessio Manica, Alessandro Olivi e Giorgio Tonini) e proposto dal coordinamento dopo aver valutato anche l'opzione Tonini - ieri ha posto due condizioni per accettare un incarico che - ricorda - «è un sacrificio ma anche un dovere per chi in questi anni ha fatto politica con passione e che crede che la nostra comunità abbia ancora bisogno del Pd»: le condizioni sono un consenso ampio e una squadra di segreteria plurale. C. Bert, "Trentino", 7 aprile 2018
Poi indica pochi obiettivi: ricostruire un rapporto col territorio, prendere per mano la coalizione, costruire un programma che salvi le cose buone fatte ma faccia anche autocritica, costruire una lista per le provinciali che allarghi la squadra nel segno del rinnovamento. L'assemblea applaude. Ma le divisioni sono in agguato. La presidente del partito Donata Borgonovo Re comunica, «a norma di regolamento», di non poter accettare la mozione proposta da sette circoli che chiede di cambiare lo statuto per poter eleggere un segretario esterno all'assemblea, ovvero Giorgio Tonini, «figura di grande esperienza e autorevolezza vista la gravità del momento»: «Sarà all'ordine del giorno della prossima assemblea», annuncia la presidente e per i renziani suona come una beffa visto che a quel punto, con Muzio eletto segretario, il tema non si porrà più.
Giorgio Tonini, «candidato per spirito di servizio» ricorda Borgonovo, ieri in assemblea non c'era. E non si è vista nemmeno la renziana Elisa Filippi. «Non ci sono superman e wonderwoman», ammonisce Borgonovo, «la scelta è caduta su Muzio per due ragioni emerse dalle consultazioni di questi giorni, restare ancorati allo statuto che ci siamo dati (un segretario eletto tra i membri dell'assemblea) e il bisogno di cambiamento espresso dal voto del 4 marzo». Sondate alcuni nomi, l'unico a rendersi disponibile è stato il coordinatore della Vallagarina. «Sarà un fardello, saranno rogne da condividere da qui alle provinciali di ottobre», insiste pur col sorriso la presidente. E infatti Muzio chiede di avere una squadra che lo affianchi: «Va creata una segreteria in tempi brevi che superi le divisioni, maggioranza e minoranza uscite dal congresso non hanno più senso». Dai big arrivano appelli all'unità. «Ora non si scherza. A ottobre dovrà esserci solo un Pd o andremo verso la sconfitta», avverte il capogruppo Alessio Manica. E il vicepresidente Alessandro Olivi: «Per troppo tempo abbiamo pensato che le questioni fossero solo interne a noi. Questo lusso non possiamo più permettercelo. C'è una cultura di destra che sta permeando anche il nostro territorio». In tarda serata (quando il giornale è già in stampa) il voto in assemblea. Per il Pd è l'ultima chiamata.
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Puntare sulla territorialità, riattivare la vita dei circoli, interpellare direttamente le persone, riattivare il canale con l’Upt, nominare al più presto la commissione elettorale, dare vita a «un organismo con il compito di gestire i rapporti con la stampa e l’utilizzo efficace della “piazza virtuale” (social network, ndr)» e nominare Giuliano Muzio segretario. Questo, in estrema sintesi, il documento elaborato dai «quadrumviri» del Pd (Donata Borgonovo Re, Alessandro Olivi, Giorgio Tonini e Alessio Manica) e sottoposto ieri sera al voto dell’assemblea del partito.
Poco o nessuno spazio a quella che i vecchi manuali di politica definivano «analisi della sconfitta». Al suo posto un’«operazione ascolto» che provi «con umiltà» a far riavvicinare gli elettori al partito. Poche parole anche per i rapporti con gli alleati. A parte il dialogo con l’Upt — già finito se l’obiettivo fosse quello del partito comune — si parla di «ripresa e rilancio della coalizione, verificandone il potenziale allargamento ad altri soggetti politici. La massa critica — si ricorda — è un fattore indispensabile per affrontare la competizione elettorale». Quindi: «Apertura di un confronto con i partiti della coalizione non rappresentati in consiglio provinciale», Verdi e Socialisti. Infine, «apertura di un tavolo di dialogo con le realtà a sinistra del Pd per verificare gli spazi di collaborazione e di possibile costruzione di un progetto unitario», Leu, o almeno Mdp.
Se sulle linee generali la condivisione è quasi scontata, la proposta Muzio non è piaciuta a tutti. In particolare, i sostenitori di Giorgio Tonini hanno presentato ieri una mozione con cui si chiedeva di modificare lo statuto del partito in modo da consentire la nomina di una figura esterna all’assemblea. La statura politica e l’assenza di incarichi per molti (sette i circoli firmatari della proposta) facevano di Tonini il candidato ideale. Per i contrari, sarebbe venuto meno il segnale di rinnovamento. La mozione non è passata perché giudicata, a norma di regolamento, depositata troppo tardi. Avrebbe fatto poca strada: Tonini avrebbe accolto una richiesta corale nei suoi confronti, ma difficilmente il quadrumviro che proponeva Muzio avrebbe potuto forzare, dopo aver incassato diverse contrarietà, per imporre se stesso. Il voto è slittato nella tarda notte, al momento di andare in stampa l’elezione di Muzio non era ancora stata ratificata anche se appariva ormai poco più di una formalità.
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